Teatro. Ferdinando Bruni e Elio De Capitani firmano e interpretano l'intervista televisiva che segnò il crollo del presidente Usa. Fra vanità, caimani e l'ineluttabilità della televisione.
I protagonisti del nuovo spettacolo del Teatro dell'Elfo e della coppia Bruni-De Capitani sono almeno tre. In Frost-Nixon — dal testo di Peter Morgan che nel 2008 portò Ron Howard a trarre un film — i due registi e attori devono vedersela con un terzo incomodo, la televisione. La storia è ambientata nei mesi immediatamente successivi alle dimissioni del presidente Usa — conseguenza del Watergate — quando Nixon faticava ad abituarsi alla pensione e il presentatore televisivo Frost era esiliato in Gran Bretagna e Australia, scene di secondo piano rispetto a quella newyorkese.
Tutti e due cercavano l'opportunità del riscatto e una intervista fiume sembrò ad entrambi quella buona.
Non c'era nulla che non si sapesse già della vita dell'ex presidente, tutto era stato ampiamente sviscerato, vivisezionato, setacciato mille volte dai giornalisti di tutto il mondo. Quello che ancora mancava era la confessione, l'ammissione di colpa. E mai sarebbe potuta arrivare in un processo, poiché a Nixon fu concesso il colpo di spugna: le sue dimissioni in cambio del lasciapassare per una pensione pacifica e lontana da avvocati e giudici.
La sfida per l'innocuo presentatore, abituato a intervistare i Bee Gees e a frequentare feste più che a indagare, si presentava quindi molto chiara, tersa. Titanica.
Nella messa in scena dell'intervista, De Capitani/Nixon è impeccabile nell'abito blu; cinico, imperturbabile, smonta con gran facilità tutto il lavoro di Bruni/Frost e del suo staff, agguerrito ma impotente difronte al navigatissimo politico, un vero caimano. Già, inutile far finta di nulla. Un caimano. De Capitani sembra aver rimesso i panni che aveva indossato nel film di Moretti per impersonare Berlusconi. Il corto circuito è inevitabile. Un filo parte dall'America degli anni Sessanta, l'altro dall'Italia degli Ottanta. Il punto di contatto è la televisione. Per Nixon rappresentò il patibolo, per Berlusconi il trampolino di lancio.
Si è sempre mitizzato il lavoro dei giornalisti del Washington Post che scoperchiarono la questione del Watergate, ma qui la tesi è che solo quando Nixon è crollato nel primissimo piano del tubo catodico è stato davvero sconfitto. Solo la televisione ha potuto posare la pietra tombale su uno dei più controversi personaggi della storia americana. Non una vecchia volpe della cronaca, non il Travaglio di turno, ma un parruccone vanesio amante delle belle scarpe.
I due attori-registi oramai ci hanno viziato con prestazioni strepitose (basti pensare ai recenti “The history boys” e “Rosso”), e così anche in questo caso è difficile percepire qualcosa che non lasci ammirati. Eppure. Eppure, a nostro personalissimo parere, c'è qualcosa che non torna nel Frost-Nixon dell'Elfo. Sarà il modo quasi sbrigativo in cui arriva la svolta (la scoperta di alcune intercettazioni inedite che mettono Nixon con le spalle al muro sembra una banale casualità), sarà la didascalica chiusura (a proposito della politica/spettacolo che oggi ci sembra l'unica in circolazione). Sarà che per chi va a teatro riesce davvero difficile alzare le mani e arrendersi al potere della televisione. Anche lì, al buio della sala.
Teatro dell'Elfo, Milano
sala Shakespeare | 18 ottobre - 10 novembre 2013
mar-sab: 20:30 / dom: 16:00
FROST/NIXON
di Peter Morgan
traduzione di Lucio De Capitani
uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani
con Ferdinando Bruni, Elio De Capitani, Luca Toracca, Nicola Stravalaci, Alejandro Bruni Ocaña, Andrea Germani, Matteo De Mojana, Claudia Coli
luci di Nando Frigerio
suono di Giuseppe Marzoli
una co-produzione Teatro dell'Elfo e Teatro Stabile dell'Umbria
con il contributo di Fondazione Cariplo
prima nazionale 18 ottobre 2013