Teatro. Il monologo per attore e burattini che ha vinto la menzione speciale ad Asti Teatro Festival torna a Milano al Tertulliano in una versione tutta natalizia
Uno spettacolo coraggioso, ci viene subito da dire, perché non è facile dire tutto, ma proprio tutto quello che si pensa davvero sull'Italia di oggi, senza filtrare né il modo né tantomeno edulcorare il contenuto.
Uno spettacolo per attore e marionette che mette alla berlina l'Italietta corrotta dalla criminalità organizzata, dello show business, delle veline tutte tette e niente cervello, della comunicazione televisiva distorta e cialtrona. Non si salva nessuno in questo monologo che definirlo cinico è ancora usare un eufemismo, ce n'è per tutti. Per la politica, per la finanza, persino per la religione, rappresentata dal più alto in grado... Dio.
In sala ci accoglie l'attore, Davide Lorenzo Palla, parla al pubblico da dentro un megafono, ci fa accomodare, l'atmosfera è subito allegra e scherzosa, dal palco organizza un comitato d'accoglienza per quello che, dice, sarà l'ospite d'onore della serata, al pubblico è chiesto di accoglierlo con una ola, poi qualcuno si dovrà strappare i capelli, qualcun'altra mandare baci e altri ancora, più in fondo, potranno manifestare l'immancabile disaccordo critico bofonchiando commenti di dissenso.
Il gioco è accolto volentieri dagli astanti che collaborano entusiasticamente. Ecco apparire dunque Babbo Natale, si proprio lui giaccia rossa e barba finta, manca solo il sacco dei regali. Saluta e spiega che per questa edizione tutta natalizia lui non poteva certo mancare in scaletta e che lo spettacolo presto inizierà. Arriva il momento del burattino, Babbo Natale scompare dentro il piccolo sipario delle marionette e lascia spazio a lui, il co-protagonista. Eccellente dal punto di vista tecnico Davide Palla nel suo continuo ed incessante cambio di personaggio tra l'attore e il burattino, che rimane credibile per tutto il tempo.
Lo show a cui stiamo per assistere, almeno negli intenti del dramaturg/attore/regista sul palco in vesti natalizie, è uno spettacolo rassicurante, che vuole mettere in luce le bellezze del nostro Belpaese: dal paesaggio, alla cucina, al bel canto, all'ospitalità tutta italiana, nessun luogo comune è escluso, ma quando si arriva alla pizza e al mandolino, è troppo, il burattino si ammutina e parte la rivoluzione.
Il burattino, emancipatosi completamente dal suo burattinaio, prende le redini del gioco e senza mezzi termini (è proprio il caso di dirlo) smonta pezzo per pezzo l'atmosfera solare, festosa, tutta maccheroni e pasta alla norma per trasformare lo spettacolo in un feroce circo senza pietà in cui viene letteralmente mandato a morte qualsiasi marciume di questo Paese. Il tutto davanti all'impotenza e alla costernazione (anche nei confronti del pubblico) del suo burattinaio per un cambio di rotta così improvviso.
La prima vittima sacrificale di questa messa in scena è un burattino/Bruno Vespa, metafora ed emblema di quella tv spazzatura che da oltre vent'anni inchioda milioni di telespettatori davanti ai teleschermi e manda in pappa menti e coscienze critiche, tra discorsi insensati sulla spesa degli italiani destinata al cenone di capodanno, con l'incessante aumento del prezzo del pesce, cambia la scena nel teatro dei burattini e appare un burattino/morte con cui Vespa sarà costretto a ballare e, dopo il bacio fatidico, a lasciarci definitivamente le penne. Una catarsi che aspettiamo da parecchi anni, una nemesi divina che cala sulla terra per riportare, forse, un po' di giustizia.
Ma Vespa, o meglio la comunicazione di quart'ordine, il giornalismo becero e d'accatto, non è che la prima tappa di questa epurazione ideale che, in fondo, vorremmo davvero si realizzasse, e che grazie alla finzione del teatro si può almeno vedere rappresentata.
La seconda tappa di questa ridicolizzazione della società contemporanea è la soubrette senza cervello, che si materializza nel teatrino in una marionetta con testa di Hello Kitty. Stessa sorte tocca anche a lei, come una specie di contrappasso al contrario a colei che non ha dato valore al proprio corpo mettendolo in vendita per fama e soldi la Morte regala un'agonia violenta e impietosa fatta di atti sessuali senza fine. Il linguaggio della marionetta è tanto scurrile e triviale, quanto è leggero e poetico quello dell'attore, che spesso esce dal teatrino e sembra quasi scusarsi con il pubblico, vergognarsi addirittura del truce spettacolo che la sua stessa creatura sta mostrando, ma in fondo, forse, si vergogna di sé stesso, di fare parte egli stesso di questa insensata, involuta e becera società dell'immagine senza valori e senza morale. E quindi, in fin dei conti, è il pubblico stesso che si riconosce in quello specchio deformato della propria quotidianità che in modo surreale ed eccessivo gli viene mostrato in quel piccolo boccascena, metafora del mondo intero. Non si risparmia nessuno, dicevamo, e il gioco dissacratorio continua con niente di meno che Roberto Saviano. Anche lui è stigmatizzato, più delicatamente certo e apprezziamo moltissimo questo distinguo, ma l'arte del burattino, che da secoli ha la capacità e il potere di far esprimere (per interposta persona appunto) all'artista il suo pensiero più profondo, senza mezze misure, arriva ad uccidere con un deflagrante colpo di pistola anche Roberto Saviano. Qui capiamo che la Morte non è solo quella del noto scrittore anticamorra, ma anche la nostra, di una società che non è stata in grado, forse, di proteggerlo. Il burattino piange sul corpo di Saviano, ma in fondo, dopo poco “butta fuori dalle palle” anche lui.
Nemmeno Dio, che appare nel finale in versione marionetta con la testa di palloncino, si salva da questo gioco al massacro: sua la colpa di aver creato tutto il marciume sulla terra, ma se lo strumento di pulizia può essere solo la Morte, allora perché Dio non muore se è colpevole? Messo davanti a questo paradosso Dio entra in crisi e questa volta è il burattino a seccarlo con un colpo d'ascia bipenne.
Il Tristo Mietitore ha anche una funzione di contrappeso, nulla ha più importanza davanti alla morte, nessuno può sfuggirgli, non la soubrette, non l'uomo di spettacolo, nemmeno il burattino, vittima in una spirale tragica della sua stessa messa in scena, come lo è stato prima di lui il suo burattinaio. Una macabra danza (inevitabile pensare alla “Totentanz” di Strindberg o al Settimo Sigillo di Bergman, ma forse per l'atmosfera dissacratoria sarebbe più appropriata la scena del “Tristo Mietitore” ne “Il senso della vita” dei Monty Python) con cui si chiuderà lo spettacolo, quando dal teatro dei burattini esce il burattinaio, finalmente liberato dalla propria creatura insubordinata, con un pupazzo Morte, questa volta di dimensioni umane, che lo travolge in un ultimo ballo fino... al bacio finale. Il bacio della morte, appunto.
Ineccepibile, abbiamo già detto, l'interpretazione di Davide Lorenzo Palla in questo spettacolo che tutto sembra tranne che un monologo, ricco com'è di personaggi, coraggiosa la scelta di portare in scena senza peli sulla lingua e con tanti peli sullo stomaco i vizi, le storture e gli eccessi del nostro tempo. Un bel lavoro di regia (Riccardo Mallus) e di drammaturgia (Federico Perrone), cogliamo l'occasione per ringraziare tutti soprattutto di una cosa: aver fustigato la cultura berlusconiana senza mai averne citato l'autore.
Visto il 12 dicembre 2013 allo Spazio Tertulliano di Milano
TRITACARNE ITALIA SHOW
- Christmas Edition -
Uno spettacolo di e con Davide Lorenzo Palla
regia di Riccardo Mallus
drammaturgia di Federico Perrone
scene di Brein - costumi di Elisabetta Rizzo
Spazio Tertulliano dal 9 al 14 dicembre 2013