Nel nuovo libro di Elisabetta Motta, un viaggio affascinante nella mitologia, fra letteratura, arte e musica
Una vera festa, uscire a Seregno in una sera piovosa di febbraio e trovare la bella sede della Biblioteca Civica “E. Pozzoli” tutta illuminata e animata come ai bei tempi pre-pandemia, piena di gente adeguatamente munita di mascherina e green pass, e ben lieta di poter finalmente assistere dal vivo a una serata ricca di promesse: musica dal vivo con l'arpista Vincenzo Zitello, mostra di incisioni di Luciano Ragozzino, reading dei poeti-attori Davide Ferrari e Paola Turroni, tutti riuniti attorno ad Elisabetta Motta, critica letteraria e vicepresidente della Casa della poesia di Monza, per la presentazione del suo libro Mostri e prodigi. Mito, arte e letteratura dall'antichità ai giorni nostri, primo incontro della rassegna Pagine e Parole 2022
Elisabetta Motta e Vincenzo Zitello con la lama sonora che evoca il canto della sirena
Un libro che riunisce molteplici contributi per dare un'idea dell'infinita ricchezza di suggestioni che dalle creature del mito scaturisce per arrivare, nonostante tutto, sempre intatta a chi sa farsene sedurre.
Un libro davvero straordinario, che riunisce in sè un'antologia di testi letterari di ogni epoca, scelti e commentati con la consueta chiarezza e competenza da Elisabetta Motta; una rassegna di miti e leggende popolari d'Oriente e Occidente, nonché di affascinanti ed enigmatiche raffigurazioni artistiche ad essi legate in chiese, musei, teatri e palazzi nei luoghi più diversi; otto poesie inedite di importanti poeti contemporanei, ciascuno degli otto capitoli illustrato da una riproduzione delle incisioni di Ragozzino e, novità per me assoluta, introdotto da un qr code che permette di accedere all'ascolto di un brano musicale scritto e interpretato da Zitello. Il tutto ispirato al tema dei mostri e prodigi mitologici: un tema inesauribile, degno di questa complessa convergenza di talenti, che contribuisce da sola a dare un'idea dell'infinita ricchezza di suggestioni che dalle creature del mito scaturisce per arrivare, nonostante tutto, sempre intatta a chi sa farsene sedurre.
Impossibile certamente dedicare tanta attenzione a tutte le tantissime creature fantastiche che hanno abitato e ancora abitano la storia della cultura: ma perché proprio queste otto? Quali sono stati i criteri di scelta? Questa la risposta che Elisabetta Motta ha dato alla mia domanda:
“In realtà li ha selezionati Zitello, in quanto le musiche sono nate un po' prima del lavoro scritto. Io durante il periodo del lock down gli avevo dato un bestiario medievale a cura di Luca Frigerio edito da Ancora, con un ricco apparato iconografico, in particolare sull'arte romanica. Il libro è suddiviso in 5 parti: animali selvaggi, animali domestici, il popolo del cielo, fra acque, paludi e deserti, mostri e prodigi. Molto suggestionato dalla lettura e dalla visione di questi mostri che, a suo dire, erano molto nelle sue corde e sentiva ancora molto vivi e presenti, ha composto i pezzi musicali. Voleva però che le musiche non viaggiassero da sole ma accompagnate da parole e immagini. Abbiamo chiesto allora a Ragozzino di fare le incisioni e ai poeti di scrivere dei testi inediti. A quel punto è iniziato il mio lavoro di scrittura: ho cercato di creare un percorso che partendo dal mito giungesse all'oggi e potesse "tenere insieme" il tutto.”
Insomma, una genesi e una realizzazione polimorfe quanto il soggetto!
La seduzione del “mostro”
Di seduzione si parla a lungo in questo libro. Non solo di quella esercitata sugli artisti e i poeti, dall'antichità ai nostri giorni, dalle creature fantastiche ibride e mostruose, ma anche della forza di attrazione irresistibile del canto e della sensualità femminile, rappresentata, com'è universalmente noto, dal nome stesso, oltre che dall'immagine, della sirena, alla quale è dedicato il primo capitolo: le principali interpretazioni di questa figura, da Omero a Dante, da Kafka a Tomasi di Lampedusa, da Joyce a Malaparte, inducono a riflettere sui temi dell'ascolto o del riconoscimento dell'altro, del rapporto fra natura e cultura, elevazione e degradazione, fascino e rovina. Hanno arcani segreti, le sirene, vivono fluttuando al confine tra regni diversi: ed è questo, forse ancor più della bellezza, il motivo dell'attrazione mista a timore e repulsione che esse suscitano. La duplicità della loro natura è evidenziata dalla tavola di Ragozzino, che ne accentua il carattere spaventoso, orrorifico, più che quello seducente.
prodigi, esseri che, sfuggendo alla ordinarietà dell'esperienza, ci mettono in comunicazione con un “oltre”, con l'aspetto enigmatico del reale e con quello della nostra natura divisa tra l'animalesco e il divino.
E' nell'ambivalenza che vivono tutti i mostri del mito: creature destinate ad “ammonire” (il latino monstrum ha la stessa radice di monere, ci ricorda l'Autrice), ma anche a suscitare meraviglia: prodigi, esseri che, sfuggendo alla ordinarietà dell'esperienza, ci mettono in comunicazione con un “oltre”, con l'aspetto enigmatico del reale e con quello della nostra natura divisa tra l'animalesco e il divino.
Il loro carattere ambivalente e poliformo è all'origine del loro carico simbolico, della loro infinita polisemia, poiché induce a proiettare su di essi diversi e anche opposti significati psicologici e morali: simbolo di gloria e regalità è il grifone, ma anche di rapacità e ferocia; Centauro è il saggio Chirone, ma anche il bestiale Nesso. Così nel Medioevo cristiano, nel poema dantesco e ancor prima nei Bestiari, repertori di animali considerati come simboli di vizi da fuggire o virtù da praticare, le sirene subiscono la condanna che spetta alle seduzioni del mondo e del piacere, i centauri quella che spetta alla brutalità. Talvolta sembra prevalere l'aspetto distruttivo, come nel caso del basilisco, o quello opposto della rinascita e rigenerazione, come nel caso della Fenice: in questi casi è la cultura esoterica, alchimistica, rosacrociana o massonica, ad elaborare il tema degli opposti nel senso della elevazione spirituale.
Significati morali di cui anche la filosofia politica si impadronisce: molto interessante l'uso che Machiavelli fa della figura del centauro, alla quale deve per lui ispirarsi il principe per rendere durevole il suo potere, usando sia la ragione che la forza.
Uccisori di mostri
Se i mostri sono orridi e pericolosi, santi ed eroi, benefattori dell'umanità, sono i loro uccisori: Teseo, Bellerofonte, Perseo, San Siro, San Giorgio.. Ma è proprio così? Forse l'uccisione dei mostri si ritorce contro il mondo umano. La poesia inedita di Matteo Marchesini dedicata al basilisco rappresenta efficacemente il processo di demitizzazione che il sapere scientifico affermatosi nell'età moderna ha prodotto nella nostra cultura o , come dice Elisabetta Motta, ” il precipitato drammatico di un percorso storico-culturale che slega il male dalla sua rappresentazione naturale e/o emblematica”. Il basilisco diverrà solo un'innocua biscia quando “Bacone gli farà la pelle/ col nuovo bisturi sperimentale”. Spogliare il mondo dei suoi aspetti enigmatici, della infinita meraviglia, del fascino e dell'orrore che esso può suscitare non è necessariamente un bene. Se leggiamo il racconto di Tomasi di Lampedusa sulla sirena Lighea, che il professor La Ciura incontra nel mare di Augusta, possiamo pensare che un tempo fosse quel luogo di incanto dove il giovane protagonista vive con lei “la più alta forma di voluttà spirituale e di quella elementare”. Oggi, ingombro di ciminiere, devastato da una raffineria, è uno dei siti più degradati d'Italia.
Uccidere i mostri è anche spogliare il mondo dei suoi aspetti enigmatici, della infinita meraviglia, del fascino e dell'orrore che esso può suscitare.
Forse è troppo tardi per ritrovare la sacralità della natura, ma chissà che l'arte, la musica, la letteratura non possano aiutarci almeno a dolerci davvero della sua dissacrazione, ad amarla di più, a proteggerla!
Oggi i mostri e i prodigi del mito vivono quasi esclusivamente nelle avventure del maghetto inglese, il mistico unicorno è un giocattolo per bambine e pochi sanno che è divenuto un simbolo per il movimento LGTBQ, e soprattutto perché. Certo, la loro sopravvivenza nella cultura pop dimostra la loro infinita vitalità e adattabilità, ma non riesco a sottrarmi al dubbio che si tratti di una sopravvivenza depotenziata e banalizzata. Per questo apprezzo le tavole di Ragozzino, che restituiscono alle loro immagini un carattere forte e antico e la musica di Zitello, affidata a strumenti inconsueti e capaci di forti suggestioni sonore. E ringrazio Elisabetta Motta e i suoi amici artisti e poeti per un così ricco dono.
Il libro sarà presentato anche a Monza il 25 febbraio alle 18,00, al piano nobile della Reggia di Monza. Non mancate, se potete!