Il libro di Primo de Lazzari per Teti editore. Come in tutti i paesi occupati, anche in Italia Himmler decise però di costituire un corpo di SS, la sua terribile milizia ariana, paganeggiante e fanatica.
Parliamoci chiaro: Benito Mussolini, in piedi o capovolto, ha sempre avuto i suoi estimatori. Le virtù (vere o presunte) dell’uomo e le conquiste (vere o presunte) del suo regime compenserebbero – così si esprimono i suoi tardivi ammiratori – gli incidenti di percorso in cui incorse il fascismo: pestaggi, delitti politici, abrogazione della libertà di stampa, chiusura dei sindacati e dei partiti, leggi razziali, spedizioni coloniali, guerra mondiale e via dicendo.
Hitler no. Idolatrato dalle folle in vita, da morto non ha mai incontrato particolari simpatie se non in gruppi ristrettissimi di persone. Nel suo caso il genocidio degli ebrei, gli esperimenti scientifici sui bambini e la guerra di sterminio perpetrata in Unione Sovietica sono macigni di un peso tale da chiudere immediatamente qualsiasi discussione e impossibili da compensare con qualcos’altro, se non in qualche mente ottenebrata.
Queste furono le motivazioni per cui dopo la guerra, dopo aver fatto passare un opportuno periodo di silenzio per evitare processi e rappresaglie, gli ex seguaci del Duce si sono rifatti vivi mentre quelli di Hitler hanno preferito far perdere definitivamente le proprie tracce.
Per esempio i reduci della X Mas, dopo una breve pausa di riflessione che in tutta evidenza non portò loro alcun giovamento, tornarono alla ribalta producendo una memorialistica cospicua, tanto che tutti abbiamo prima o poi sentito raccontare dell’eroica azione nel porto di Alessandria d’Egitto.
I reduci delle SS italiane invece non si sono mai più fatti sentire. Il loro punto di vista hanno preferito tenerselo per sé fino nella tomba e non farcelo mai sapere. I documenti su di loro sono – credetemi – pochissimi. E ciò è accaduto principalmente perché, subito dopo la guerra, non appena presero pienamente coscienza della natura abominevole del corpo in cui si erano arruolati, quasi tutti distrussero il materiale di cui erano in possesso e si chiusero in un ostinato mutismo che non ha trovato sfogo in nessuna forma memorialistica: una comprensibile operazione di rimozione delle proprie responsabilità che quasi ottenne l’obiettivo che si prefiggeva, cioè far calare il silenzio sulla loro vicenda, tanto che qualcuno ha poi sostenuto che non fossero mai esistite delle SS italiane
No, le SS italiane sono esiste. Lo provano documenti inoppugnabili. Nell’effimera e caotica Repubblica di Salò erano presenti diverse forze di polizia – stiamo parlando di decine e decine di corpi militari e civili, talvolta con poteri solo locali –, alcune delle quali in lotta fra loro. Come in tutti i paesi occupati, anche in Italia Himmler decise però di costituire un corpo di SS, la sua terribile milizia ariana, paganeggiante e fanatica.
Le SS italiane non furono di certo paragonabili, né come numero né come preparazione militare, per esempio alle temutissime SS lettoni, materialmente corresponsabili del genocidio degli ebrei, o alle SS francesi che difesero Berlino fino all’ultimo uomo. Il contingente italiano fu composto mediamente da circa 10.000 membri, e nei venti mesi di Salò vi prestarono servizio dai 18.000 ai 20.000 italiani. Il concentramento centrale dei volontari era a Cremona, dove c’era anche il deposito. Per triste coincidenza Cremona era anche la città di Farinacci, il massimo esponente della fazione antisemita del partito fascista. I centri di reclutamento erano ben ventinove, sparsi per tutto il nord Italia.
Come comandanti le SS italiane ebbero sempre ufficiali tedeschi, come il generale di brigata Tschimpke e il colonnello von Elfenau. Il corso di addestramento, almeno finché fu materialmente possibile tenerne uno, si svolgeva in Germania. Dopo il corso i volontari venivano riportati in Italia, nell’Italia del nord ovviamente, dove le SS avevano a disposizione delle loro caserme e pubblicavano perfino un loro settimanale – si chiamava “Avanguardia” – che veniva stampato a Milano e il cui ultimo numero uscì il 21 aprile 1945.
Su alcuni siti specializzati in storia militare esiste un preciso organigramma del corpo delle SS italiane, ma io vi invito a prendere con la dovuta cautela tali ricostruzioni non solo per quanto riguarda le SS italiane, ma per quanto riguarda tutti i corpi di polizia e militari operanti nella Repubblica Sociale Italiana. La durata del regime di Salò fu di soli venti caotici mesi e sotto un continuo attacco da parte degli Alleati che ne ridussero progressivamente i confini, tanto che Radio Londra sprezzantemente la definì una “repubblichina” (e per questo motivo i suoi aderenti vennero definiti “repubblichini”). In un contesto come era quello non si ebbe certamente tempo di creare strutture organizzative solide ed efficienti. Talvolta quindi gli organigrammi e gli uffici – perfino quelli ministeriali – esistevano solo sulla carta e sovente per essi non era materialmente possibile portare a compimento le missioni che avrebbero dovuto assolvere.
Le SS italiane sotto questo punto di vista non erano messe molto meglio delle altre milizie italiane. Non erano ben equipaggiate, sia a livello di armamento a disposizione sia a livello per esempio di divise. Quest’ultimo non è un aspetto da sottovalutare. Oltre che un armamento decente, sappiano infatti con certezza che molti volontari erano alla ricerca spasmodica di tutta quella chincagliera di cui si ricoprivano le SS originali, quelle germaniche, che scorrazzavano in Italia: fibbie, anelli ed elmetti griffati con il teschio soprattutto. Il fascino del male.
Il battaglione di SS italiane più fanatico era di stanza a Pinerolo e si chiamava “Debica”. Un altro battaglione importante era ad Aosta. A Milano era dislocato invece un reggimento. Ad eccezione di due battaglioni che vennero impiegati sul fronte di Nettuno, le SS italiane erano utilizzate soprattutto nella repressione antipartigiana, dove si resero protagoniste di rastrellamenti, stragi di civili ed esecuzioni sommarie.
L’interessante libro che vi consiglio di leggere si intitola Le SS italiane. Si tratta di un’antologia ragionata della documentazione rimasta, sia primaria sia secondaria, sulle SS italiane. L’autore, Primo de Lazzari, fu un partigiano e poi studioso della Resistenza italiana ed europea, ed è scomparso tre anni fa. Mi fa piacere inoltre poter citare anche l’editore, e cioè la Casa editrice Teti, che ha scelto una linea politica di pubblicazioni impegnate.
È raro trovare raggruppato in un unico libro tutto questo materiale che giace disperso in svariati archivi ed è dunque di difficile reperimento. Nella scelta del materiale secondo me c’è qualche sbavatura perché alcuni testi c’entrano poco con l’argomento del saggio, ma quando si raccolgono delle antologie non si riesce mai ad accontentare tutti.
Tra i testi proposti, vi segnalo come di estremo interesse per esempio le citazioni tratte da un manuale (nella versione originale di 48 pagine) per formazione delle truppe intitolato SS: formazione politico/militare della nuova Europa in cui si possono leggere passi come questo: “[Le SS italiane sono] un ordine politico militare di uomini e di famiglie, cioè una comunità di uomini razzialmente e fisicamente scelti, che hanno volontariamente giurato fede a un’idea, e ad essa si sono votati per la vita e per la morte… All’uomo SS si chiede non soltanto di essere razzialmente puro… si chiede anche di essere un uomo politico di fede indiscussa, operante, fanatica, a favore del nazionalsocialismo”.
Un altro testo interessante è quello che riporta il giuramento che le reclute italiane facevano al momento dell’arruolamento: “Davanti a Dio presto questo sacro giuramento: che nella lotta per la mia patria italiana contro i suoi nemici sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler, supremo comandante dell’esercito tedesco e quale soldato valoroso sarò pronto in ogni momento a dare la mia vita per questo giuramento”.
Le SS italiane si sciolsero nell’aprile 1945 senza opporre alcuna resistenza finale e suicida come invece fecero i loro omologhi francesi a Berlino, indice chiaro di una scarsa motivazione ideologica e di un opportunismo poco dignitoso. E dire che sulle loro fibbie stava scritto “Il mio onore si chiama fedeltà”.
Primo de Lazzari, Le SS italiane, Teti editore, 2002, pp. 240, 14,00 euro