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Una grande antologica delle edizioni di Alberto Casiraghy in mostra a Milano

Foto di Antonio Cornacchia

Gli ingredienti di Alberto Casiraghy, il «Panettiere degli editori», - felice definizione coniata proprio dal loro re, Vanni Scheiwiller – sono gli stessi da più di trent'anni: l'inossidabile Audax Nebiolo, i preziosi caratteri mobili in piombo Bodoni, la pregiata carta Hahnemulhe di color avorio e l'inchiostro.

Sono le parole di Casiraghy stesso a raccontare al meglio la liturgia dell'atto creativo: «Confezionare a mano un piccolo libro è come fare il pane. Devo tagliare la carta, preparare l'inchiostro per i rulli della macchina tipografica, comporre il testo scegliendo i caratteri e infine aspettare che, uno ad uno, escano accompagnati dallo sbuffo dell'Audax Nebiolo per essere piegati e cuciti con ago e filo. Nell'attesa che siano compiuti, c'è la stessa ansia che si provava negli antichi forni, oserei dire che si percepisce anche il medesimo sapore: senti come profuma un libriccino appena stampato! Al nostro mondo credo che ormai manchi l'aroma dei mestieri».

 

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L'impasto magico funziona però solo se i Pulcinielefanti sono pensati e plasmati a quattro o più mani da Alberto e un vastissimo panorama antropologico, che comprende famosi artisti, poeti e scrittori quanto casalinghe, genitori e qualsiasi categoria di lavoratori, nessuno escluso.

Ogni libriccino misura in genere 13,5 x 19,5 cm e si compone di sole otto pagine – rilegate manualmente con un semplice filo – partendo dal frontespizio. La tiratura comprende tra le 15 e le 33 copie e il prezzo di dieci euro consente democraticamente a chiunque di collezionare queste «ghiottonerie per spiriti liberi ».

La copertina comprende in alto nome e titolo dell'autore, più in basso quello dell'artista che rappresenta l'opera e infine il curioso logo della casa editrice.

L'icona delle edizioni Pulcinoelefante è nata dalla commistione tra un disegno di Casiraghy adolescente, pensato per una mostra di illustrazioni per ragazzi, e una filastrocca di Gianni Rodari («C'era una volta un pulcino / che non sapeva di essere pulcino / forse, - pensava -, / sono un elefante»).

La prima pagina dei libriccini è riservata alle parole: composizioni poetiche, aforismi – di cui Casiraghy è un ottimo autore – sequenze di frasi o semplici, iconici termini.

I vocaboli sono talvolta solo impressi, senza inchiostro, perchè il messaggio contenuto si esprime al meglio bianco su bianco, come le estroflessioni di Castellani o i quadrati di Malevic.

La pagina seguente può essere destinata a disegni, dipinti, illustrazioni, collages, incisioni, fotografie o veri e propri oggetti incorporati di sapore dada. È proprio questa categoria di opere d'arte sui generis a conferire un timbro inconfondibile alla casa editrice.

 

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Questo universo editoriale, che oggi conta 10000 edizioni, è celebrato nella mostra "I Pulcini di Casiraghy. Tipografia e poesia", prodotta e organizzata dalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese presso l'omonima Galleria di Corso Magenta a Milano.

Essa è il punto di approdo di una serie di precedenti esposizioni, nazionali e internazionali, già volte a dare lustro ai libriccini: dall'Istituto italiano di cultura a New York al Salone del Libro di Torino, per citarne due.

L'ultima mostra, chiusa lo scorso gennaio alla Leo Galleries di Monza, ricreava negli spazi della galleria, in maniera estremamente suggestiva, l'atmosfera surreal-dadaista che trasuda dalle pareti di casa Casiraghy, attraverso la presenza di disegni autografi, fotografie degli amici più cari,  preziosi clichè in legno di bosso di Adriano Porazzi prelevati direttamente dalla cassettiera di Osnago.

 

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La mostra milanese - ospitata presso il Refettorio delle Stelline dal 9 febbraio al 31 marzo 2018 - è analogamente arricchita da alcuni strumenti del lavoro tipografico (matrici xilografiche, caratteri mobili) e da documenti originali provenienti dalla wunderkammer brianzola.

Una sala è poi dedicata alla proiezione del film documentario "Il fiume ha sempre ragione", diretto da Silvio Soldini nel settembre 2016, che narra le vicende di Alberto Casiraghy e Josef Weiss, grafico restauratore di volumi antichi residente a Mendrisio. Il regista di "Pane e Tulipani" immortala attraverso la cinepresa la ritualità dei gesti che guida questi due compagni d'avventura, accompagnando il pubblico tra la bottega magica di Osnago e l'elvetico Atelier della Stampa e Rilegatura d'Arte.

Ad accogliere lo spettatore in mostra, una nuvola di libriccini fluttuanti consente una fruizione tattile e interattiva, totalmente differente dalle limitrofe vetrine che ospitano la restante antologia delle edizioni.

Il curatore – Andrea Tomasetig – ha infatti cercato di suddividere in tre sezioni tematiche il magmatico palcoscenico di personalità che dagli anni Ottanta ha forgiato con Alberto le preziose creazioni: Saggezza, Amore e Natura dominano la porzione di Refettorio dedicata alla "Filosofia della Vita", per poi passare agli Amici, comprendenti Scrittori, Artisti e l'indimenticabile Alda Merini. "Le arti" includono invece Musica, Gastronomia, Tipografia e Libri: un elenco esaustivo degli autori coinvolti nella realizzazione delle opere sarebbe solo gerarchico, fuorviante e incompleto. Le edizioni Pulcinoelefante si configurano infatti come un progetto in fieri, ha già travalicato il traguardo dei 10000 pezzi che la mostra intende celebrare. Essa vuole piuttosto essere omaggio sincero ad Alberto Casiraghy, poliedrico erede di Gutenberg e Munari, eclettica personalità di poeta, tipografo, grafico, editore, pedagogo e antropologo sui generis.

 

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L'autentica esperienza antropologica per Casiraghy resta sempre quella dell'incontro: una fruizione esaustiva dell'universo Pulcinoelefante sarebbe dunque possibile solo immergendosi nel reale contesto brianzolo di produzione di tali edizioni.

Come il celebre Merzbau di Schwitters - dove l'artista di Hannover, in pieno spirito dada,  accumulava in geometriche costruzioni svariati oggetti lasciati dagli amici in visita, o reperiti chissà dove – la villetta di Casiraghy a Osnago può essere infatti considerata una sorta di autobiografia dell'editore.

 

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Cuore del suo «manicomio privato», come lo definì l’amica di sempre Alda Merini, è il salotto, dove ad accogliere l'ospite troneggia la mitica macchina tipografica Audax Nebiolo, che per poter entrare in casa ha prepotentemente (o piacevolmente) costretto Casiraghy a sfondare e riedificare una parete. Comprata da Alberto per un milione di lire prima di lasciare la S.A.M.E. (Società per Azioni Milanese Editrice) di Piazza Cavour, dove era responsabile dell'impostazione della prima pagina de "Il Giornale" di Indro Montanelli, dal  "pomeriggio ventoso" del 4 agosto 1982 l'inossidabile macchina tipografica ha iniziato a sfornare le edizioni Pulcinoelefante.

Nella cucina-rilegatoria esse vengono cucite manualmente da Casiraghy (o da chiunque si voglia cimentare nella rilegatura) e come in un caffè bohemien si conversa amabilmente sorseggiando un caffè. Salendo la scala che porta al secondo piano ci si immerge in un'autentica atmosfera primitivista/esotista da fine '800 – inizio '900: le maschere africane tanto care a Picasso e Braque accompagnano con la loro ieratica geometricità alla camera da letto. La testata del letto funge da libreria – archivio della casa edirice; la circondano gli oggetti più disparati: una porta Dogon, strumenti musicali medievali prodotti dal fratello di Alberto, un reliquiario contenente monili e un rossetto della Merini, la scultura di un asino napoletano come animale da compagnia.

I fedelissimi animali domestici in carne ed ossa di casa sono però il gatto Igor, sempre presente e disponibile sul divano in cucina per le amabili conversazioni sopra citate e le "ragazze", libere di chiocciare felici nell'orticello. Alle sue amate galline Casiraghy da dedicato infatti il pulcino "Dü sciamp", che nella geniale assonanza omaggia anche il celebre padre del ready-made, Marcel Duchamp. Così recita:  «Finirò maj / de vurèc ben / ai gaên / che scapen / del bröt», salvando le pennute dall'amaro incantesimo e dalla vecchia tradizione contadina che le vorrebbe trasformate in brodo.

La mostra milanese cerca dunque di raccontare al meglio questo mondo dada-onirico dello scrigno di Osnago, all'insegna di quella leggerezza e poesia che accompagnano Alberto quotidianamente,  perchè parti imprescindibili del suo patrimonio genetico.

 

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Gli autori di Vorrei
Isabella Maggioni
Isabella Maggioni
Insegnante di storia dell'arte, non ha mai pensato di metterla da parte, dedicando il tempo libero alla visione di mostre e alla fruizione del patrimonio culturale, rigorosamente collocato nel suo contesto.
Ha collaborato con la Galleria Melesi di Lecco svolgendo ricerche su Jiri Kolar e Giovanni Manfredini, e con l'Associazione COE nell'ambito della rassegna "Colazione sull'erba n.2", dedicata all'artista Hsiao Chin.