Lucio Russo mette in luce l’esistenza di una rivoluzione scientifica verificatasi nel III secolo avanti Cristo
Quando andavo io al liceo – è passato qualche anno e non so se sia ancora così – c’era una certa rivalità tra il liceo classico e il liceo scientifico.
La rivalità trovava di solito espressione dialettica nell’asserita superiorità della cultura umanistica rispetto a quella scientifica o viceversa. A fondamento di tali affermazioni si doveva anche inevitabilmente sostenere che a) la cultura umanistica e quella scientifica fossero due compartimenti stagni e che b) la cultura scientifica non fosse presente nell’Antichità.
Sono passati ormai quasi venticinque anni da quando andavo al liceo. Faccio ammenda: riconosco che molte cose che dicevo allora erano destituite di fondamento.
Non è vero che la cultura umanistica sia superiore a quella scientifica, così come non è vero il contrario: lo dicono ragioni storiche, di tolleranza e di buon senso.
Non è vero neanche il fatto che le due culture siano nettamente separate: la tesi fa acqua da tutte le parti.
Anche le discipline umanistiche serie rispettano infatti criteri di scientificità, sovente utilizzando la tanto bistrattata matematica e perfino, in alcuni casi, seguendo il metodo sperimentale. Faccio qualche esempio. Provate a non citare una fonte in una tesi di laurea in filologia classica e vedrete cosa vi succede. Gli scavi archeologici vanno condotti seguendo determinati protocolli, effettuando precise misurazioni, raccogliendo e catalogando in modo ordinato i reperti, ed è solo l’inizio.
La linguistica è una disciplina rigorossima, così come lo sono il diritto, la sociologia e la psicologia sperimentale. Ovviamente, allo stesso modo, anche le scienze propriamente dette operano intrecciate a discipline di tipo umanistico come l’etica, l’estetica, il diritto o la politica. Anche in questo caso faccio qualche esempio. L’esercizio della professione medica è controllato da comitati etici.
Thomas Kuhn ha dimostrato che la teoria copernicana aveva una capacità predittiva identica a quella aristotelico-tolemaica, e si impose dunque poiché si sviluppò in un periodo di forte recupero della cultura neoplatonica, e cioè in definitiva per ragioni estetiche.
L’utilizzazione di animali nella sperimentazione scientifica è regolato da leggi, cioè è soggetto a considerazioni di diritto. La ricerca scientifica è sovvenzionata degli Stati – pensate per esempio al Cnr – altrimenti non si potrebbe fare ad alto livello. Ma in definitiva ciò vuol dire che la ricerca scientifica di più alto livello è legata a considerazioni politiche.
Inoltre lo scienziato puro in passato non è nemmeno esistito. Aristotele scrisse di tragedia, ma anche di moto degli animali. Darwin era laureato... in teologia. Negli scritti di Newton ci sono migliaia di pagine di alchimia.
Senza contare che ormai da tempo le discipline si sono del tutto ibridate: come classifichereste per esempio la linguistica neuroscientifica? e il marketing? E, sempre a proposito di “marketing” (che poi è, almeno in parte, la buona e vecchia arte retorico oratoria dei tempi andati), avete presente l’importanza che sta assumendo nella pratica scientifica dove vengono ormai pubblicati decine di migliaia di articoli scientifici all’anno ed è difficile suscitare interesse?
Insomma: tutto questo per dire che le cose sono un po’ più complicate di come le vedevo in passato.
Rimarrebbe da trattare la presunta assenza nell’Antichità di un pensiero scientifico vero e proprio. Anche tale affermazione fa acqua un po’ da tutte le parti, come ben sa chi ha studiato la questione anche in modo parziale.
Il libro che vi consiglio di leggere è molto noto, è stato pubblicato la prima volta oltre vent’anni fa e da allora è stato più volte ripubblicato in edizioni accresciute, ed è stato perfino tradotto all’estero.
Si tratta di un testo un po’ tecnico che si concentra quasi esclusivamente sull’Ellenismo, ma che ha il pregio di dare una stroncatura conclusiva alla tesi dell’inesistenza del pensiero scientifico nell’Antichità. Il titolo è La rivoluzione dimenticata: il pensiero scientifico greco e la scienza moderna. L’autore è il professore universitario Lucio Russo.
È noto che nell’Antichità siano stati raggiunti grandi risultati nel campo della matematica, dell’astronomia, della logica e della medicina, e che tali risultati andarono dispersi con la dominazione romana.
È forse meno noto però che nell’Antichità, e in particolare nell’Ellenismo, siano stati raggiunti tecnologici spesso superiori a quelli presenti nel medioevo, anche se dobbiamo evitare di sparare cazzate alla Giacobbo di Voyager. Gli alieni non c’entrano: si trattò più che altro una questione di contesto. Alessandria d’Egitto era un crogiuolo di razze e di tradizioni (in primis quella egizia) che si giovò dell’arrivo da tutto il mediterraneo di emigranti colti e perseguitati, un po’ come accadde negli Stati Uniti negli anni Trenta del XX secolo, e in un momento storico in cui per la prima volta la comunicazione scritta stava prevalendo su quella orale. Fu dunque questo contesto tolleranza, di esistenza di tradizioni millenarie alle spalle e di nuovi fermenti - un contesto ben diverso dall’Atene del V secolo - in cui secondo Lucio Russo si sviluppò la prima rivoluzione scientifica dell’umanità.
La tesi centrale del libro di Lucio Russo è infatti che nel III e III secolo avanti Cristo, e quindi secoli dopo l’Antichità classica, e principalmente ad Alessandria d’Egitto, e quindi lontano dalla più citata Atene, si sia verificata una vera e propria rivoluzione scientifica con caratteristiche e risultati in tutto e per tutto simili alle caratteristiche, e spesso ai risultati, della ben più nota rivoluzione scientifica che si è sviluppata a partire dal XV secolo e fino a tutto il XVII secolo dopo Cristo. La rivoluzione scientifica moderna sarebbe figlia della rivoluzione scientifica antica poiché i protagonisti della rivoluzione moderna si sarebbero ispirati a quella antica di cui avevano letto - primi in Europa negli ultimi milleottocento anni - le traduzioni arabe e bizantine delle loro opere.
Una realtà a lungo rimossa dalla comunità degli storici.
Mi pare di poter dire che l’autore sia riuscito a dimostrare questa tesi in modo abbastanza credibile. Come ho detto, il suo studio è concentrato sull’Ellenismo, poiché secondo Russo la rivoluzione scientifica antica si sarebbe verificata in quel periodo e non prima, quando al massimo erano presenti protoscienziati. Ciò sottolinea l’esistenza dunque di una certa cesura nell’Antichità, che invece noi siamo abituati a considerare un continuum. E anche su questo punto mi sembra che gli si debba dare ragione.
Al di là della sua tesi portante, il libro è comunque una miniera di curiosità. Chi di noi avrebbe detto che 2300 anni fa già si studiavano i fossili degli animali, si era in grado di stimare la circonferenza terrestre, si poteva viaggiare fino in Islanda, si producevano i primi strumenti musicali a tastiera, ad Alessandria c’era una biblioteca con 500.000 volumi e si operava la cataratta?
L’Ellenismo regala dunque sorprese.
Per completezza, segnalo però anche qualche difetto del testo.
In primo luogo Russo dà una definizione di scienza molto restrittiva e poi cerca di applicarla all’analisi storica. Si tratta di un procedimento macchinoso, e dopo un po’ l’autore ci si perde. Come ho già detto, anche nella scienza contemporanea non c’è tutta questa coerenza di fondo. Perché dunque cercarla in quella antica? Un’analisi più disincantata della storia della scienza ci porta casomai a riconoscere che in campo scientifico le “regole del gioco” sono cambiate più volte in corso d’opera e la comunità scientifica ha, diciamo così, ridefinito più volte il proprio statuto.
In secondo luogo, come tutti i testi eruditi, anche questo è un libro molto polemico, e i libri polemici sono sempre anche un po’ dispersivi poiché devono seguire il filo di battaglie personali. Da ciò segue il fatto che la struttura del testo sia un po’ confusa.
Infine segnalo il testo contiene alcune forzature, in particolare quando l’autore, per sostenere le proprie legittime ragioni, cerca con troppa insistenza i precursori antichi di teorie contemporanee, dalla selezione naturale all’atomismo, dalla relatività fino alla psicoanalisi.
La tesi finale è suggestiva e ve la riporto: il pensiero scientifico ellenistico venne sconfitto nonostante avesse prodotto risultati teorici e tecnologici come mai si erano visti fino ad allora. È possibile pertanto, secondo Russo, che ciò accada una seconda volta, cioè oggi.
Lucio Russo, La rivoluzione dimenticata: il pensiero scientifico greco e la scienza moderna, Feltrinelli, 2013, pp. 560, 16,00 euro.
In apertura: Gentile e Giovanni Bellini "La predica di San Marco ad Alessandria d'Egitto", Pinacoteca di Brera, Milano.