Nel libro di Joe Navarro, Non mi freghi! il linguaggio non verbale come macchina della verità
Girovagando per una grande libreria di Milano mi sono imbattuto per caso nella sezione “psicologia” e ho potuto pertanto constatare di persona come Freud la faccia ancora da padrone. La scarsa considerazione che la comunità scientifica gli riserva ormai da oltre vent’anni a questa parte sembra non aver avuto ripercussioni sulla disponibilità delle sue opere, tutte presenti, probabilmente perché al grande pubblico continuano ad interessare a dispetto della loro scarsa plausibilità scientifica. Devo riconoscere che anche Jung se la cavicchia ancora tra gli scaffali, mentre per esempio Lacan, Piaget e il nostro Musatti arrancano.
Cosa rimane d’altro nella sezione di “psicologia”? Ve lo dico io: rimangono testi legati ad argomenti specifici come per esempio l’elaborazione del lutto, le tecniche antistress, le strategie per superare la timidezza e via dicendo.
C’è però dell’altro. Sono infatti rimasto stupito nel trovare un intero ripiano occupato da testi dedicati al linguaggio non verbale.
È risaputo che tutti noi inconsciamente comunichiamo i nostri pensieri e le nostre emozioni anche attraverso il corpo. Anzi: si stima che oltre il 60% del nostro processo comunicativo avvenga proprio attraverso il corpo.
Si stima che oltre il 60% del nostro processo comunicativo avvenga proprio attraverso il corpo.
A volte riusciamo istintivamente a leggere i messaggi non verbali: capiamo per esempio cosa vuol dirci una persona quando ci viene incontro a braccia aperte e sorridendo. Ma esistono anche casi particolari, in cui cogliamo i messaggi solo a livello subliminale, ed essi ci lasciano dunque solo delle sensazioni di cui non ci rendiamo razionalmente conto (poi vedremo un importante esempio di questo tipo di comunicazione).
Tuttavia nella maggior parte dei casi non siamo in grado di leggere i messaggi non verbali né in modo istintivo né in modo subliminale. Questo tipo di messaggi avevano un significato nel mondo primitivo, ma nell’evoluzione il significato originario si è perso, e per recuperarlo sarebbe necessaria una preparazione specifica.
Nella vita di tutti i giorni pochi però sono preparati a leggere in parte o sistematicamente il linguaggio del corpo: gli psicologi; chi si occupa delle relazioni sindacali (che deve essere pronto a cogliere i segnali di apertura o di chiusura della controparte); i poliziotti; le spie; i selezionatori del personale e soprattutto i giocatori di poker.
Queste categorie di professionisti sanno bene che, poiché tale processo comunicativo è in larga parte inconscio, può capitare che una persona dica a un’altra persona “che piacere vederti” mentre il linguaggio del corpo dica il contrario. Ma attenzione: proprio per questo motivo alcuni di questi professionisti – in particolare le spie e i giocatori di poker – sono anche addestrati a non tradire le proprie emozioni in modo non verbale.
C’è però un’altra categoria professionale che si occupa del linguaggio del corpo, non per leggerlo, ma per utilizzarlo per comunicare messaggi a livello subliminale: i politici. O almeno i politici attenti a questi aspetti, Berlusconi su tutti.
Poiché fra qualche mese sono in arrivo le elezioni, mi sembra giusto fare un bell’esempio. Fateci caso: i politici più navigati, quelli che vanno spesso in televisione, tengono spesso le dita delle mani a guglia (cioè con i polpastrelli delle dita tese della mano destra attaccati ai corrispettivi polpastrelli delle dita tese della mano sinistra, appunto come a mimare una guglia). Un gesto che l’uomo della strada non fa praticamente mai. Siamo di fronte a un accorgimento suggerito dagli esperti di comunicazione non verbale ai politici perché attraverso le mani a guglia essi possano trasmettere a livello subliminale in chi guarda e ascolta sicurezza di sé e delle proprie idee. Si tratta di un trucco che pochi conoscono, ma che da oggi in poi potrete utilizzare anche voi nelle riunioni in ufficio.
Le mani a guglia essi possano trasmettere a livello subliminale in chi guarda e ascolta sicurezza di sé e delle proprie idee
Tra i tanti libri dedicati all’argomento ne ho scelto uno, da cui è tratto l’esempio della mani a guglia, che mi sembrava accattivante. Si intitola Non mi freghi!, e l’autore si chiama Joe Navarro. Ho preso qualche informazione sull’autore tanto per andare sul sicuro.
Joe Navarro è stato a lungo un agente dell’FBI e ha condotto migliaia di interrogatori. Si è poi dedicato all’attività di consulente, conferenziere e professore. È considerato una delle massime autorità nel campo del linguaggio del corpo, argomento su cui ha scritto saggi e articoli.
Il saggio che ho tra le mani è un manuale che fornisce diversi suggerimenti su come riconoscere una persona che sta mentendo.
Facciamoci prima una domanda. Esiste un modo, leggendo il linguaggio del corpo, per scoprire se una persona sta mentendo? Detto in altri termini: chi mente si tradisce in qualche modo?
L’argomento è affascinante. Molti ricorderanno la scena del film Asso in cui il giocatore di poker protagonista del film, impersonato da Adriano Celentano, scopriva che il Marsigliese stava bluffando poiché aveva notato una vibrazione del suo orecchio. Nella realtà purtroppo le cose non vanno in questo modo, e non è così semplice scoprire i mentitori.
Quando si parla di linguaggio del corpo è comune soffermarsi sul volto. Anzi, di solito si dice: “gli occhi non mentono”. Si tratta in realtà di un errore perché fin da bambini a tutti noi viene insegnato di far buon viso a cattivo gioco, cioè per esempio sorridere davanti un regalo che proprio non ci piace. Con il volto siamo dunque abituati a mentire. Inoltre le ricerche dimostrano che i truffatori cercano proprio il contatto visivo.
Quindi per prima cosa è necessario non focalizzarsi sul volto e sugli occhi per non essere tratti in inganno, ma considerare tutto il corpo della persona che abbiamo davanti. Non a caso, quando conduce i veri interrogatori (e non quelli che si vedono nei film), l’FBI fa sedere l’interrogato in modo da non fargli mettere le gambe sotto un tavolo. Le gambe sono infatti considerate dagli esperti come uno degli organi più rivelatori del corpo umano: ci hanno insegnato fin da bambini a mentire con il volto, ma non con le gambe (e solo nei servizi segreti si impara a farlo).
Ci hanno insegnato fin da bambini a mentire con il volto, ma non con le gambe (e solo nei servizi segreti si impara a farlo)
La seconda cosa da fare è mettere a proprio agio il soggetto da “analizzare”. Non è un suggerimento scontato. Certe scene da film in cui a un sospettato viene puntata in faccia una luce violenta per farlo confessare, nella realtà hanno spesso prodotto false confessioni di colpevolezza. Mettendo una persona a proprio agio è più facile secondo Navarro per esempio cogliere, quando vengono fatte domande puntuali e specifiche, i più classici segnali indicativi di disagio, che sono mettere mano sulla forchetta sternale (per le donne) e mettere mano al collo (per gli uomini). In questo senso, quando l’interrogatorio arriva al suo punto centrale, è importante non fare domande aperte o articolate, che consentano cioè una divagazione. Quando si vuole scoprire se una persona sta mentendo oppure gli vanno invece fatte domande precise (per esempio: “conosci il signor xy?”) per osservare la sua reazione.
Non basta. Navarro suggerisce soprattutto di non affidarsi a un singolo segno di nervosismo, ma di cercare piuttosto la presenza di grappoli di segni che possono distinguere chi mente da chi dice la verità.
Io non voglio svelarvi troppo su questi aspetti (ci sarebbe per esempio da parlare, e molto, della postura delle gambe, ma anche sui micro segnali del dito medio), perché sono trucchi dell’FBI ed è giusto che vi leggiate il libro se li volete conoscere, ma almeno un suggerimento ve lo voglio rivelare. Chi sta dicendo bugie di solito muove le mani meno di quando sta dicendo la verità. Ed ecco che l’aver messo in un primo tempo a proprio agio la persona da analizzare, facendogli magari domande innocue in modo tale da poter osservare le sue reazioni quando dice la verità, diventa importante nel momento in cui lo si deve poi interrogare su circostanze più problematiche, poiché in questo modo si possono osservare le sue differenti reazioni, se ci sono, ai due tipi di domande.
Vi consiglio di provare a testare i suggerimenti di Navarro guardando le interviste di Chi l’ha visto?
Io l’ho fatto e devo riconoscere che i risultati sono interessanti.
Joe Navarro, Non mi freghi!, Sonzogno, 240 pp., 17,00 euro