20170721 nar

In “A mano armata” Giovanni Bianconi ricostruisce la vicenda dei Nuclei Armati Rivoluzionari e del suo fondatore Giusva Fioravanti

Le recenti indagini su “Mafia Capitale” hanno riportato alla ribalta un personaggio che sembrava ormai sepolto nelle cronache giudiziarie dei primi anni 80: Massimo Carminati.

Se gli ultimi anni lo hanno visto come una sorta di re di Roma, i primi passi della sua carriera criminale Carminati li compì ricoprendo un ruolo secondario all’interno dei NAR, i Nuclei Armati Rivoluzionari, il più violento gruppo terroristico della destra neofascista italiana tra gli anni 70 e 80. Un gruppo ritenuto responsabile in via definitiva (con una sentenza molto controversa) perfino della strage alla stazione di Bologna.

Giovanni Bianconi, noto giornalista del “Corriere della Sera” ripercorre nel suo libro intitolato “A mano armata” la storia dei NAR, che poi è la storia del suo fondatore: Giusva Fioravanti.

Giuseppe Valerio Fioravanti, detto Giusva, era un ragazzo molto fortunato che buttò via la propria fortuna. Nacque infatti nel 1958 in una famiglia benestante e iniziò fin da bambino una promettente carriera di attore. Alla fine degli anni 60 fu infatti uno dei protagonisti dello sceneggiato, come si chiamavano allora le fiction, intitolato “La famiglia Benvenuti”: lavoro per il quale ottenne anche delle buone recensioni. Negli anni 70 Fioravanti, ancora ragazzo, arrivò perfino a recitare anche con Edwige Fenech in uno di quei celebri film che andavano tanto di moda all’epoca. Alla fine degli anni 70 trascorse anche un anno di studio negli Stati Uniti, cosa del tutto eccezionale per un ragazzo italiano di quella generazione, poi… poi qualcosa non andò per il verso giusto.

 

Prima pagina de la Repubblica sulla strage di Bologna

 

Giusva Fioravanti fin da giovanissimo era stato un simpatizzante del MSI, il partito neofascista, erede morale e politico della Repubblica Sociale Italiana. La violenza politica nella seconda parte degli anni 70 era veramente all’ordine del giorno e più volte suo fratello Cristiano, anch’egli simpatizzante del MSI, si scontrò fisicamente con esponenti della sinistra romana. Giusva partecipò ai primi scontri contro i rossi per imitare il fratello, ed è un ben ironico destino quello che gli toccò vivere: pochi anni dopo sarà infatti proprio il fratello Cristiano - che tuttora vive sotto copertura in una località segreta - a puntare il dito contro Giusva e contro gli altri camerati dei NAR confessando tutti i reati compiuti dal gruppo in cambio di un sostanzioso sconto di pena (Carminati per esempio perse un occhio in una sparatoria, e divenne quindi “er cecato”, poiché la Digos era stata messa sulle sue tracce grazie a una soffiata proprio di Cristiano Fioravanti)..

Se tanti, anche a sinistra, negli anni 70 hanno avuto un approccio alla violenza politica simile a quello di Fioravanti, e cioè per imitazione di qualcuno che gli era vicino, c’è stato però qualcosa in Fioravanti di unico, di nietzschiano, di grandioso e di malvagio nel suo culto nichilista per la violenza e nel suo andare a cercare la morte. Il suo destino non fu però quello di essere ucciso durante un’azione. Gravemente ferito grazie all’eroico sacrificio di due carabinieri che persero la vita in una sparatoria dopo che lo avevano fermato, venne arrestato e condannato a pene severissime.

Certo poi il Fioravanti a posteriori (il libro di Bianconi è ricavato da interviste rilasciate dieci anni dopo il suo arresto, che avvenne nel 1981) ha tentato di accreditare un percorso politico per così dire lineare: dalla sua iniziale lotta senza quartiere nei confronti dei comunisti alla presa di coscienza che il MSI strumentalizzasse le lotte giovanili per conseguire pizzichi di potere, fino ad arrivare alla lotta contro lo stato e i suoi servitori: i poliziotti e i giudici. In questa sua ultima lotta sognava di unire il terrorismo rosso e quello nero.

Una narrazione dei fatti che, se letta così, effettivamente non lascerebbe spazio a una sua partecipazione alla strage alla stazione di Bologna (dato che era nella fase della lotta contro lo stato e non contro inermi cittadini).

Le indagini, non sempre seguite da condanne, hanno però delineato un percorso per così dire meno lineare. Per la strage alla stazione di Bologna è arrivata la sentenza di condanna definitiva. Gravi sospetti si hanno in merito a una sua partecipazione all’omicidio di Piersanti Mattarella. Sono stati avanzati anche sospetti, meno chiari, in merito a una sua partecipazione all’omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Per l’omicidio di Fausto e Iaio, due giovani attivisti del centro sociale Leoncavallo di Milano, il nome di Fioravanti è stato tirato in ballo poiché il modus operandi dell’esecuzione (i killer spararono tenendo le armi all’interno di un sacchetto di plastica per non perdere i bossoli) era quello di alcuni NAR, ed è stata avanzata l’ipotesi che il Fioravanti possa conoscere l’identità degli autori del fatto, cosa che lui ha sempre negato.

Insomma, la ricostruzione che Fioravanti fa a Bianconi della propria carriera terroristica va presa dunque con le pinze.

Soffermiamoci sui NAR.

Tranne una recrudescenza di una ventina d’anni fa, quando i NAR rivendicarono l’attentato al quotidiano comunista “Il manifesto” (in cui rimase ferito solo l’attentatore, che poi si scoprì essere anche l’unica persona coinvolta nel fatto), i NAR nacquero, vissero e si sciolsero nell’arco di pochi anni, senza mai più tornare, al contrario per esempio di quanto è accaduto con le BR. Il motivo di questa differenza va ricercato nel diverso numero di militanti dei due gruppi.

I NAR non ebbero mai la consistenza numerica né delle Brigate Rosse né di Prima Linea, i due gruppi terroristici di sinistra più importanti. In particolare le Brigate Rosse erano vere e proprie brigate dato che  avevano migliaia di militanti (nell’ordine delle 3 o 4mila unità nel periodo di punta), ed erano divisi in più colonne a compartimenti stagni con una Direzione Strategica e un Comitato Esecutivo al di sopra di tutto. Le BR erano inoltre un partito armato vero e proprio. L’elaborazione teorica che li sosteneva fu corposa, nell’ordine di decine di migliaia di pagine di comunicati, relazioni, schede e volantini.

 

unita

 

I NAR erano tutt’altro. Poche persone - meno di 20 - che ne frequentavano un altro centinaio (tra cui Carminati, alcuni esponenti della banda della Magliana e moltissimi delinquenti comuni) che si aggregavano tra loro per compiere singoli episodi criminosi che avevano lo scopo in primo luogo di sostenere il loro stile di vita. La loro elaborazione teorica fu sostanzialmente nulla: il loro stile di vita si rifletteva nel loro essere anche fascisti. Punto e stop.

2500790Giusva Fioravanti e la sua compagna Francesca Mambro, anche lei terrorista dei NAR, sono stati condannati a svariati ergastoli ciascuno (la Mambro è la donna che ha avuto più ergastoli nella storia d’Italia). Hanno scontato le loro pene, che al massimo cumulativamente non potevano superare i trent’anni, ed oggi sono liberi. Non hanno più fatto parlare di sé.

Al contrario di Carminati.

Giovanni Bianconi, A mano armata: vita violenta di Giusva Fioravanti, Dalai Editore, 341 pp. 

Tag: neofascismo, Giusva Fioravanti, Nar, Juri Casati, Dalai Editore

   

Gli autori di Vorrei
Juri Casati
Juri Casati

Classe 1975, lavora in un'Agenzia per il Lavoro. Laureato in Filosofia, è autore di numerosi racconti di genere horror, gotico, fantastico e fantascientifico. Coltiva interessi in ambito storico e di filosofia della scienza

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.