I quattro giorni di musica nel Parco di Monza raccontati a freddo. Le file, il cast, l'impianto, il pubblico.
A una settimana dal termine del festival, la seconda edizione della rassegna musicale iDays tenutasi all'Autodromo di Monza dal 15 al 18 giugno è già stato oggetto di bilanci, reportage, approfondimenti sul piano logistico e sul perché non ha funzionato, digressioni sull'aspetto artistico e sul come, al contrario, abbia funzionato a detta di quasi tutti. Ma al di là delle difficoltà organizzative, del caldo e della fila per cibo e bevande (non avevo mai trascorso l'intero concerto del gruppo spalla in coda per una birra...), trovo interessante concentrarmi sull'offerta musicale del parterre artistico della manifestazione, con una piccola riflessione su come la 4 giorni monzese si collochi nel panorama italiano degli eventi estivi di musica live.
Line-up
Sono convinto che la line-up sia l'elemento fondamentale di un evento, manifestazione, festival o rassegna musicale. In fondo, se vogliamo vedere e sentire dal vivo una band la cui musica ha significato molto per noi, oppure per semplice curiosità o dovere di cronaca, poco importa dove si terrà il concerto, quanto costerà e dove potrò parcheggiare (nodo gordiano che approfondiremo a breve).
E di nomi qui ce n'era per tutti con un fil rouge ben preciso: sono state 4 giornate all'insegna dell'adolescenza di intere generazioni, dall'energia del punk riportato in auge da band come Green Day, Rancid, all'innovazione compositiva visionaria del rock britannico con i Radiohead, passando per l'alternative rock californiano dei Blink 182 e dei Linkin Park e, non ultimo, la declinazione più moderna e globalizzata della musica di Justin Bieber. Una scelta senza dubbio adatta alle grandi ed eterogenee masse che masticano di musica mainstream. Senza alcuna accezione negativa.
La qualità d'esecuzione degli artisti è alta, di impatto e di grande coinvolgimento nei confronti del pubblico: se durante l'esibizione dei Linkin Park si tuffa sulla folla per un bagno d'affetto e riverenza da parte del pubblico, i Green Day fanno scorpacciata di fan sul palco facendo suonare la chitarra di Billy Joe Armstrong – leader del gruppo di Berkeley – a un bambino, poi facendo cantare un strofa intera di un brano a un ragazzo che si è poi lanciato in un classico stage diving, tutto orchestrato da Armstrong in persona.
Posizione
Girandosi a 180° dalla posizione centrale del parterre, a pochi metri dalla transenna che divideva il posto unico in piedi dal inner-pit, l'atmosfera era quella di un grande festival europeo sul modello olandese del PinkPop di Landgraaf, e l'effetto era quello di essere in un vero evento di condivisione musicale con artisti di respiro internazionale.
Sui lati negativi si è già parlato molto, forse anche troppo, ma i 50-60 minuti a piedi da un qualsiasi parcheggio (che fosse convenzionato o meno) agli ingressi del Parco di Monza erano allo stesso tempo impensabili e inevitabili per una location come l'Autodromo, che a organizzare un sistema di trasporto interno agli enormi spazi del parco sarebbe diventato matto.
Acustica
Ad alimentare il suono delle band un'imponente impianto acustico, che segnalo adatto sia per la tipologia che per la portata degli iDays sottolineando che è un elemento, questo, da non dare assolutamente per scontato, come potrebbero ricordarsi gli spettatori del concerto degli Aerosmith qualche anno fa a Rho Fiera. Il muro di suono del rock più energico ha potuto così essere alternato ai repertori più acustici e tendenti alle ballad, senza alcun problema di fruizione da parte di un parterre che è variato da 30 a 60 mila anime nel corso dei 4 giorni di musica.
Verdetto?
Uno sforzo interessante e apprezzabile nel creare un evento, non solo una serie di concerti, a pochi passi dalla a volte troppo caotica Milano, con i risvolti negativi di una città che è grande un decimo del capoluogo lombardo. Meglio fare, iniziare e dare un input piuttosto che proporre le stese iniziative ogni estate dell'anno. E poi si sa, non siamo mica tutti Claudio Trotta!