Mark Buchanan racconta la storia della “scienza delle reti” dagli anni Sessanta ai nostri giorni
Il grande pubblico venne a conoscenza dell’esistenza di una “scienza delle reti” solo molti anni dopo la sua prima formulazione, e grazie a un giochino curioso: l’oracolo di Kevin Bacon.
Sì, avete capito bene. L’attore che ha recitato in Animal House, Footloose, Tremors, Codice d’onore, Apollo 13, Sleepers e in altre decine di film è stato utilizzato dalla comunità scientifica per illustrare un concetto che può essere riassunto così: quanto è piccolo il mondo!
Di che cosa stiamo parlando? Per quanto possa sembrarvi strano, sappiate che quasi tutti gli attori del mondo risultano collegati a Kevin Bacon.
Tom Cruise per esempio è direttamente collegato a Kevin Bacon perché ha recitato in un film in cui recitava anche Kevin Bacon (Codice d’onore). Ma ci sono moltissimi altri attori che, pur non avendo recitato in film dove compariva anche Bacon, hanno recitato in film dove comparivano attori che avevano recitato con Bacon. E c’è una massa enorme di attori che non hanno recitato direttamente con Kevin Bacon, non hanno recitato nemmeno con attori che avevano recitato con Kevin Bacon, ma che hanno recitato con attori che avevano recitato con attori che avevano recitato a loro volta con Kevin Bacon.
Se andate sul sito del gioco (oracleofbacon.org) – che per un breve periodo alcuni anni fa fu uno dei siti più consultati d’America – potete giocare anche voi all’oracolo di Kevin Bacon.
Scegliete un attore, uno qualsiasi – per esempio Bud Spencer – e guardate quanti gradi lo separano da Kevin Bacon. Nel caso di Bud Spencer scoprirete che sono solo due!
Penserete forse che il grande Bud sia un attore troppo famoso. Scegliete dunque un altro attore, per esempio Pippo Franco, e vedrete che anche in questo caso tra lui e Bacon ci sono solo 2 gradi di separazione (Pippo Franco nel 1972 recitò nel film Avanti! assieme a Jack Lemmon che nel 1991 ha recitato con Bacon in JFK).
Due sono i gradi di separazione anche tra Bacon e la divina Marlene Dietrich, ma due sono anche i gradi di separazione con Francesca Bertini, diva italiana del cinema muto degli anni Venti (che nel 1976 fece in tempo a comparire in Novecento di Bertolucci con Donald Sutherland che recitò poi con Bacon in Animal House).
I gradi di separazione tra Kevin Bacon e Martufello sono solo 3, così come sono 3 i gradi che separano Kevin Bacon da Moana Pozzi, 3 quelli dall’Alberto Tomba attore, 3 da Greta Garbo e 3 da Massimo Ciavarro.
È difficile trovare un qualche attore che non sia connesso in qualche modo a Bacon. Il mondo del cinema è davvero piccolo piccolo!
In realtà non è Kevin Bacon ad essere speciale: è sufficiente che un attore abbia fatto un certo numero di film perché si crei questo fenomeno di correlazione mondiale. Con Robert De Niro i risultati sarebbero stati identici.
Lo so cosa state pensando: è la storia dei sei gradi di separazione che collegherebbero tra loro tutti gli uomini.
È così, ma è bene precisare che la storia dei sei gradi di separazione non è una leggenda metropolitana, ma è una teoria verificata più volte fin dagli anni Sessanta quando un celebre esperimento di Stanley Milgram la mise per la prima volta in luce, inventando di fatto una nuova disciplina: la scienza delle reti.
Milgram chiese a un campione casuale di cittadini del Nebraska di inviare una lettera a una certa persona di Boston, ma senza indicarne l’indirizzo. Come fare dunque a raggiungere il destinatario? Milgram chiese al campione casuale di cittadini di inviare la lettera a un conoscente che loro ritenevano potesse essere “vicino” al destinatario e che potesse quindi recapitare la missiva se non proprio al destinatario, quantomeno a qualcun altro che gli fosse vicino e che potesse consegnargliela direttamente. I risultati furono sbalorditivi: la gran parte delle lettere arrivò a destinazione, e i passaggi di mano furono mediamente 6.
Come nel caso di Kevin Bacon la cosa funziona davvero, anche se non è semplicissimo spiegarne il motivo.
In nostro soccorso viene Mark Buchanan con il suo saggio intitolato Nexus: perché la società, l’economia, la comunicazione funzionano allo stesso modo, in cui viene raccontata la storia della “scienza delle reti” dagli anni Sessanta ai giorni nostri.
Dopo il celebre esperimento di Milgram alcuni scienziati scoprirono l’importanza di certi tipi di legami, quelli “deboli” – lo studente canadese che per esempio abbiamo conosciuto in una vacanza studio di venticinque anni fa – perché essi sono veri e propri ponti che connettono casualmente una parte del globo con un’altra.
Successivamente si capì però che erano molto importanti anche i legami forti, veri e propri “hub”, cioè punti iperconnessi dove c’è molta ridondanza. A proposito del famoso esperimento di Milgram non sempre per esempio si dice che prima di arrivare a destinazione gran parte delle lettere erano entrate in contatto con le stesse tre persone, che ricoprirono appunto il ruolo di hub. Ma gli hub si incontrano un po’ in tutte le situazioni della vita: il compagno di scuola che conosce un po’ tutti, gli opinion maker, i preti, i tassisti, i parrucchieri, le prostitute, i giornalisti, i baristi, le persone famose e via dicendo.
La scienza delle reti, nel suo sviluppo dagli anni Sessanta a oggi, ha incontrato e aiutato a spiegare problemi curiosi, come quello di capire come facciano i grilli a frinire tutti allo stesso tempo o come faccia a scoppiare improvvisamente una rivolta.
Ma la vicenda della scienza delle reti si è intrecciata anche, e soprattutto, alla storia di internet e alla storia dell’hiv.
Negli anni Sessanta il timore americano di un’invasione da parte dell’Unione Sovietica fece nascere l’esigenza di creare un sistema di comunicazione che potesse continuare a funzionare anche a seguito di qualche perdita. L’esercito americano promosse quindi alcuni studi che coinvolsero i primi scienziati delle reti, i quali proposero un sistema di comunicazione che non fosse centralizzato e che fosse invece molto ridondante. Si trattava di arpanet, il nonno di internet.
Quando qualche mese fa la povera Tiziana Cantone ha postato su internet i suoi sciagurati video e poi non è riuscita più a farli scomparire dalla circolazione, probabilmente non era a conoscenza del fatto che stava postando i propri video su una piattaforma che era stata originariamente pensata in modo tale da continuare a far circolare le informazioni, sfruttando le potenzialità dei legami deboli e di quelli forti, anche in caso di invasione da parte dell’Armata Rossa.
Nel saggio viene poi ripercorsa la storia della diffusione dell’hiv. Esso fu presente in remote zone dell’Africa per molti decenni toccando una percentuale modestissima della popolazione, prima di esplodere improvvisamente a livello globale tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. La scienza delle reti ha spiegato come ciò sia stato possibile ma, a proposito della sua diffusione, alcuni suoi esponenti si sono detti molto scettici nei confronti dei progetti di vaccinazione di massa (se sarà mai possibile farli) perché potrebbero non ottenere i risultati sperati. Sarebbe meglio, secondo costoro, concentrarsi sugli hub, cioè quegli individui che diffondono più degli altri il virus. Si tratta però di un discorso difficile da affrontare per le implicazioni etiche che esso comporta.
Un altro problema ha interessato molto la scienza delle reti negli ultimi decenni, ed è quello riguardante la complessità dell’ecosistema terrestre. Vediamolo.
In Sudafrica – è un caso citato nel saggio – negli anni Ottanta l’industria della pesca sostenne che se fossero state eliminate le foche dalle coste occidentali del paese sarebbero aumentati i naselli, pesci molto richiesti dal mercato. A prima vista la richiesta sembrava avere una sua logica: le foche mangiavano i naselli e quindi avere meno foche in circolazione avrebbe automaticamente comportato la conseguenza di avere più naselli da pescare. Le cose non stavano però proprio così: l’ecologo Peter Yodzis calcolò che una variazione nel numero di foche avrebbe influenzato la popolazione di naselli attraverso un’azione che sarebbe stata prodotta su un numero specie intermedie in un castello di 225 milioni (milioni!) di percorsi causa-effetto. In quelle condizioni non potevano essere nemmeno azzardate delle ipotesi. In linea teorica eliminando le foche sarebbero potuti diminuire anche i naselli.
La cosa è stata purtroppo confermata negli anni Novanta quando le foche – sì, sempre loro – vennero incolpate dal governo canadese di aver causato la riduzione dei merluzzi. Questa volta nessuno scienziato riuscì a sventare certi sciagurati propositi. Nella seconda metà degli anni Novanta il governo canadese fece dunque sterminare mezzo milione di foche della Groenlandia e... i merluzzi diminuirono ancora.
A leggere della questione delle foche mi è venuto in mente un nostro problema terra terra: le cimici. Sì, quegli antipatici insetti che a partire dalla fine di settembre e per un paio di mesetti infestano le nostre città. Sono arrivate qualche anno fa – ormai lo saprete tutti – dalla Cina e sono molto pericolose per la coltivazione della frutta. Per risolvere il problema è stato proposto di introdurre in Europa l’antagonista naturale di questo tipo di cimici, che è una particolare vespa attualmente non presente nel nostro ecosistema. Ecco, la scienza delle reti ci consiglia di stare attenti a questo tipo di soluzioni perché non è detto che producano l’effetto sperato.
Un ultimo avvertimento: il saggio è molto gustoso, contiene spunti interessanti (alcuni li ho riportati), ma tenete presente che ho semplificato alcuni passaggi perché il testo in certi punti non è semplicissimo da seguire.
Mark Buchanan, Nexus: perché la società, l’economia, la comunicazione funzionano allo stesso modo, Oscar Mondadori, 2004, pp. 274, € 10,00