BandAutori 45. In questo numero l'incontro tra mondi musicali della Piccola Orchestra Gagarin, guidata dal chitarrista sardo Paolo Angeli. Con "Libri che suonano" andiamo nella Bologna del punk e del movimento.
Piccola Orchestra Gagarin “Vostok” (Whatabout Music)
La Piccola Orchestra Gagarin rientra nell’ambito autarchico di BandAutori solo per un terzo, trattasi infatti di ensemble multi-etnico o meglio multi-musicale formato da Paolo Angeli (il terzo “incriminato”, sardo per la precisione), da Oriol Roca (da Barcellona) e Sasha Agranov (israeliano-russo). I tre si sono incontrati qualche anno fa nelle loro peregrinazioni musicali in giro per il mondo e da allora, tra un progetto personale e l’altro, hanno avuto modo di registrare due dischi, il secondo dei quali è “Vostok”, uscito nelle scorse settimane per Whatabout Music, etichetta che sponsorizza incontri musicali fin dalla sua nascita. Il suono del trio è qualcosa di unico e speciale, difficilmente catalogabile: è folk ma jazz, classico ma pop, occidentale e orientale, dal Nord e dal Sud del mondo, ironico nella nostalgia ma serio nel guardare a futuri possibili. A guidare le composizioni è solitamente Angeli con la sua chitarra sarda preparata (colgo l’occasione per suggerire l’ascolto dei suoi album solisti, in particolare l’ultimo “S’Û”), ma il giusto spazio è dato anche al violoncello di Agranov e nei brani più ritmati alle percussioni di Roca (ad esempio in “Llama”). Negli undici brani (per una durata totale di 39 minuti) ci si trova immersi in mondi cangianti e in bilico tra tradizione e sperimentazione, mantenendo tensione e qualità intatte: si passa infatti dalla rivisitazione dei ritmi africani Mali-blues in “Mandla Maseko“ alla cover di una canzone tradizionale russa (“Krutitsa”) che vira verso territori morriconiani con fischio alla Alessandroni, dal Mediterraneo espanso di brani come “Oum Kalthoum” e il già citato “Llama” a escursioni dall’afflato cinematografico come “Cançó De Bressol”, fino a un divertissement da guerra nucleare come “Duck And Cover”. Mondi diversi sono possibili, basta volerlo. Voto: 8 (Fabio Pozzi)
ASCOLTI E RI/ASCOLTI. Tra i dischi di ieri e di oggi
Chop Chop Band “Rialimenta” (Voto: 8.5), Le Bambine Cattive “Le Bambine Cattive” (Voto: 7), Ligabue “Made In Italy” (Voto: 8), Litfiba “Eutopia” (Voto: 9), Thegiornalisti “Completamente Sold Out” (Voto: 4) – (Massimo Pirotta)
Ainé “Generation One” (Voto: 7), Salvatore Sciarrino “Pagine” (Voto: 6.5), Napoli MandolinOrchestra “Mandolini al cinema” (Voto: 7), Mai Mai Mai “Phi” (Voto: 7), Caso “La linea che sta al centro” (Voto: 8.5) – (Fabio Pozzi)
NOVITA’ E RISTAMPE DISCOGRAFICHE
Alessandra Mirabella Quintet “Remember. A Jazz Suite Irving Berlin’s Music”, Alessandra Ziveri “Casella Perracchio: musica per arpa”, Antonella Ruggiero “La vita imprevedibile delle canzoni”, Arisa “Voce. The Best Of”, Berto Pisano “Interrabang” (Lp), Calvano – Actis Dato – Lodato – Robbins – Costantini “No Mads”, Claudio Baglioni “Un piccolo Natale in più”, Ezio Bosso “Ezio Bosso And The Things That Remain”, Filippo “Bluesboy” Barontini “Blues In Barrique”, Francesco Piu “Peace & Groove”, Gaetano Liguori/Collective Orchestra “Collettive Orchestra”, Giorgio Faletti “Anche dopo che tutto si è spento”, Giuseppe Gibboni “Prodigi: Giuseppe Gibboni”, Jimmy Ragazzon “Songbag”, Laura Avanzolini “I’m All Smiles”, Marco Mengoni “Mengoni Live”, Mimmo Cafiero “Domani è domenica”, Roberto Cacciapaglia “Atlas”, Musica Urbana “Iberia”, Olivia Salvadori “Dare voce”, Osanna “Pape Satàn Aleppe”, Salmo “Hellvisback Platinum”, Thegiornalisti “Fuoricampo”, The Sinatra’s “Nerves”, Umberto Tricca “Moskha Pulse” (a cura di Massimo Pirotta)
LIBRI CHE “SUONANO”
a cura di Massimo Pirotta
Bologna rock’n’roll. Bisogna scendere un paio di rampe di scale per penetrare nei meandri del Punkreas, a Bologna. Il Punkreas è uno dei pochi lussi che mi permetto a quei tempi; ha prezzi ragionevoli e poi sono a Bologna per la cultura. Appena entro, l’aria è folleggiante come al Roxy Club di Londra, ma meno esacerbata. Nella zona universitaria è annunciato l’evento: “Punkreas: Gaznevada sing Ramones” (…) Punkreas, ore 21.30. Entro, atmosfera fumosa, parlottare. Freak Antoni, che conosco di fama, scende qualche gradino prima di me, lentamente, la sua è un’entrata in scena, indossa un giubbotto bellissimo, pelle marron e beige. Sulla schiena c’è un disegno meccanico molto ben fatto su cui campeggia una scritta: “Pistoni roventi”. Ed è tutto un programma (…) Arrivato da Londra, mi sono ambientato in poco tempo e Bologna mi piace, c’è gente che pensa e fa, senza posa, anche grazie al Dams a cui mi sono iscritto. Freak me lo presenterà dopo qualche tempo Stefano Tamburini, in trasferta, ma all’epoca sono un semplice ascoltatore-fan (…) I Gaznevada suonano velocissimi, eseguono le hit dei Ramones e senza pausa tra un pezzo e l’altro, come gli originali, ma in versione futurista, missilistica. E’ notevole. Come per gli Skiantos e decine di altri gruppi, è in voga l’uso warholiano del ribattezzarsi (…) Così a Bologna, che in quei giorni mi pare la città più americana del mondo, questo uso prende piede. Gli Skiantos scelgono nomi ridicoli, l’ironia attraversa tutto il movimento artistico dell’epoca, ma i Gaz, sono già più “arty”, meno dichiaratamente satirici. Loro sono cresciuti leggendo Burroughs, e Warhol è davvero il loro santone. Raffini (aka Billy Blade), che pubblica in quegli anni un paio di storie su “Cannibale” (frammenti di vita decadente), canta spiritato, si è dipinto una serie di nei posticci, stile Settecento; Giorgio Lavagna (Andrew Nevada), occhiali neri, canta in trance; Ciro (Robert Squibb) arrota le corde della chitarra, è il rock’n’roll, baby. Ma c’è anche Giampietro Huber aka Johnny Tramonta (che con Ruffini e Lavagna vive nella Traumfabrik, casa occupata di via Clavature, a due passi dalle due torri), che percuote il basso; dietro di loro Bat Matic (Marco Dondini) alla batteria e Nico Gamma (Gianluca Galliani) alle tastiere. Sono lugubri, belli, assenti e infoiati, tutti vestiti di nero. E Raffini, particolare che non passa inosservato, ha la svastica al braccio, all’uso del punk inglese. In breve partono i buuu, fischi, bottiglie volanti, baraonda. Bologna in quegli anni è la Bologna del movimento, e il punk, con la sua iconografia politicamente blasfema, infiamma gli animi. Il situazionismo estremo non è tollerato. Io staziono sotto il palco, sono a due metri da loro, e sento la tensione crescere. La rissa è lì lì per scoppiare, anche perché i Gaznevada quella pantomima la eseguono per dei giorni di fila e dopo la prima si è sparsa la voce. In quella occasione c’è anche Oderso Rubini che sta per diventare il Malcolm McLaren di Bologna. Ha un orecchio notevole, Oderso, e la sua fama di talent scout si diffonderà in breve. (da “My Generation” di Igort, Chiarelettere 2016)