Il prossimo "dossier" della Rivista che vorrei sarà dedicato alla Lega, ai temi che le stanno a cuore, al suo radicamento territoriale qui, in Brianza. Per una redazione piccola e volontaria come la nostra, si preannuncia uno sforzo ancora maggiore che per quello dedicato alla "Brianza che verrà" del primo numero. Per capire cos'era vent'anni fa il movimento (ma è giusto chiamare ancora così un partito con 4 ministri?), riprendiamo un articolo firmato Guido Vergani su la Repubblica del primo giugno 1988. Qui il testo integrale.

Il sciur Brambilla è invulnerabile alle provocazioni. Gli si domanda: Se sua figlia sposasse un calabrese?. Ci pensa un attimo, prende tempo. Quesito difficile, dice. Poi, risponde: Anche fra di loro ci sono bravissime persone. Capolista a Monza, Giorgio Brambilla è uno dei tre eletti che la Lega Lombarda catapulta in quel consiglio comunale. Ha sessantadue anni, ma pimpanti. Sa come siamo fatti noi lombardi dice. Andiamo sempre di corsa. Siamo dei pistola. Ha una piccola ditta di detergenti industriali a Caronno Pertusella. Per rimanere sulla linea della provocazione, gli si chiede: Mai avuto dipendenti meridionali?. Questa volta, la risposta è immediata: Sì, due. Uno ottimo. Ho fatto un infarto e lui mi ha mandato avanti l' azienda. Meraviglioso. L' altro, appena l' ho assunto, si è messo in malattia e ha continuato ad ammalarsi. Si vede che era cagionevole. La verità è che c' è del buono e del cattivo anche fra di loro. Ma lei cosa vuole sapere? Se siamo razzisti? E' sempre la solita storia. Noi siamo contro lo Stato centralista e discriminatorio. A casa nostra, non comandiamo più. L' etnia meridionale è egemone, è maggioranza. Ma quale razzismo? Nel nostro programma sta scritto a chiare lettere che chi risiede in Lombardia da almeno cinque anni è da considerarsi lombardo a tutti gli effetti. Il problema, insomma, é che si integrino e che non vogliano sopraffare.