Interessante articolo di Luca De Biase sul suo blog:
«Leggendo il resoconto di Zoro sulla manifestazione dell'altro giorno. Emerge la frase della Guzzanti: «bisogna cercare di sentirsi popolo anche quando non si ha idea di chi sia il leader giusto». Verrebbe da commentare che in questo popolo, che tanto odia il potere, non può certo essere il leader a garantire il sentimento di popolo: perché in questo popolo, che tanto odia il potere, quando il leader prende troppo potere si tende ad abbatterlo...

Ma non è questo il commento che più importa. Perché riguarda i tifosi di una parte politica.

Secondo me, il problema interessante è quello di vedere come fa un popolo ad aggregarsi, a elaborare e far sentire la propria agenda politica a qualunque leader abbia scelto con il sistema democratico. Nella maggior parte dei casi l'agenda ha la forma della coda lunga. Quindi di solito si parla delle cose che interessano poche persone alla volta. Ma in alcuni casi è possibile che ci si trovi a parlare di argomenti che stanno nella parte alta della coda, dove tutti si uniscono per difendere qualcosa di importante. Ebbene: si ha l'impressione che il popolo italiano sia stato capace di farlo in passato (anche dieci anni fa per l'entrata nell'euro...) e che non abbia più la forza per farlo oggi. Sembra stremato. Perché il dibattito degli ultimi dieci anni è stato estenuante. Perché le difficoltà di questo passaggio epocale dalla società industriale all'economia conoscenza sono gigantesche. E perché la società si è sfilacciata: anche chi sarebbe disposto (per cultura o per vita quotidiana) a impegnarsi si sente soffocare in un contesto nel quale tutti gli altri sembrano soltanto impegnati ad arraffare il tanto o il poco che possono arraffare.

Il rinnovamento del «sentirsi popolo» parte probabilmente dalla cultura, dal modo di vedere e raccontare le cose. (Raccontare in modo più essenziale i fatti e le interpretazioni. Vedere che attraversiamo una trasformazione non un declino. Riconoscere che l'arraffo non è un progetto di vita e cominciare a ridefinire che cos'è la ricerca della felicità...).

Per questo la rete - il tempo che doniamo agli altri con la rete - ha profondamente senso».