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Hanno fatto un golpe, e l’hanno fatta franca. Per tre giorni di luglio, a Genova, la Costituzione italiana è diventata carta straccia. A farla a pezzi fu il governo Berlusconi. E chi ha scelto di non sapere cosa è successo davvero sette anni fa. Provano a farlo ora Beppe Cremagnani, Enrico Deaglio e Mario Portanova in un film-inchiesta che sabato 13 dicembre esce in allegato a l’Unità. «G8 2001. Fare un golpe e farla franca». Titolo forte. Ma ad ascoltare quelle voci, per nulla eccessivo.

Perché le questioni in ballo non sono solo quelle su cui la magistratura ha cercato – con i risultati che conosciamo – di indagare. Ci sono questioni che probabilmente non hanno rilevanza giudiziaria, ma che hanno risvolti politici per nulla inferiori alla questione morale di cui si dibatte in questi giorni.

«G8 2001. Fare un golpe e farla franca», spiega uno degli autori, Beppe Cremagnani, «è il primo tentativo di ricostruire la catena di comando che va dalla piazza e arriva fino ai vertici più alti della politica». Nomi e cognomi: Gianfranco Fini, nel luglio 2001 vicepresidente del Consiglio. Considerando che il presidente Berlusconi in quei giorni era chiuso nell’enclave della zona rossa, Fini era in quel momento capo effettivo del governo. Ed esercitò per dieci ore le sue funzioni dalla caserma dei carabinieri di Genova. Insieme a lui, un altro uomo di An, Filippo Ascierto, che in quella caserma ci rimase addirittura due giorni. Il generale Nicolò Bozzo, allora capo della polizia municipale di Genova, ma in passato a capo dell’antiterrorismo al Nord, non ricorda di aver mai visto un episodio simile in tutta la sua carriera.

dvdgenova2.jpgFatti mai visti, come le botte da orbi che volarono in quei giorni. Indiscriminatamente. L’episodio più eclatante è quello del pestaggio alla Diaz: fuori da quella scuola c’erano i vertici della polizia, gente che ha fatto centinaia di perquisizioni. Ma, ricorda Cremagnani, «non s’è mai visto un mafioso uscire da un blitz con un occhio nero».

Per capire che tutto questo rispondeva a una «logica militare golpista», basta guardare a come ci si è organizzati: 18 mila poliziotti schierati, tre carceri svuotate per fare posto a cinquemila possibili arresti, duecento body bags (sacchi per cadaveri) comprate, un ospedale attrezzato a camera mortuaria, un decreto che sospendeva ogni possibilità di colloquio tra i fermati e i loro legali.

La mattanza di Genova, dice Enrico Deaglio, «è stata preparata e poi è stata attuata». Il punto è che nessuno ha avuto voglia di capire perchè: «I partiti politici – dice ancora Deaglio – hanno liquidato la vicenda in poche battute. Non si è nemmeno riusciti a fare la commissione parlamentare d’inchiesta. E Antonio Di Pietro, quello che ora la chiede a gran voce, nel passato governo ne fu un tenace affossatore. Sembra che gli unici che ancora la chiedono siano quelli di Famiglia Cristiana».

«G8 2001. Fare un golpe e farla franca» riapre una ferita che fa ancora paura. Con la crisi economica, avvertono gli autori, si avvicinano inevitabilmente momenti di tensione sociale. Il governo, e chi è rimasto impunito, potrebbe avere bell’è pronto un modello collaudato a cui ispirarsi. E magari farla franca un'altra volta.

 

Da Unita.it