La grande Italia campione del mondo si fa piccola piccola contro l'Egitto. Una rivalsa per gli immigrati onesti che vivono nel nuovo clima ostile del nostro paese?
Sul momento ci sono rimasto malissimo. Come tutti gli italiani che seguono il calcio. Subito dopo l'amarezza iniziale, però, si è fatto strada in me un pensiero che a molti apparirà disfattista: quanto ci sta bene! A ben pensarci, quante ambizioni può avere una Nazionale il cui numero dieci è De Rossi? De Rossi con il numero di Maradona, Baggio e Platini? Davvero qualcuno si fa illusioni?
Fin qui, le derive isteriche cui spesso mi abbandono dopo aver visto un incontro di calcio disputato in questo modo dagli azzurri. Per quanto mi vengano in odio i calciatori in sé e per sé, però, alla fine mi appassiono sempre e comunque alle sorti di quella maglia a cui voglio bene. Quello che davvero mi ha colpito, al termine della partita, è l'esultanza dei giocatori egiziani. Più che comprensibile, mi sono detto, hanno vinto contro i campioni del mondo, contro l'Italia. Questa partita se la ricorderanno finchè campano. E immediatamente dopo, un paio di clacson da motorino, forse appena appena un accenno, quasi timoroso ed educato, di carosello, e niente più. Chissà cosa avrà significato questa vittoria per tutti gli egiziani, ma non solo, che vivono qui. Che cosa avranno pensato quando il paese dei Borghezio, dei Berlusconi, dei Maroni, si è dovuto piegare davanti al piccolo Egitto dei kebabbari e dei (neo)pizzaioli? Le soddisfazioni del calcio sono tra le più effimere che esistano, e la dimostrazione sono proprio io che stanotte penso male di quelli che tre anni fa mi hanno fatto vincere un mondiale. Questo però per gli egiziani residenti in Italia sarà stato qualcosa di impareggiabile. Ricordate come ci sentimmo noi dopo aver battuto due a zero la Germania in casa loro nel 2006, dopo la polemica dei pizzaioli (sì, una volta lo eravamo noi), dei mandolini, degli spaghetti? Pensiamoci. Forse anche il vostro kebabbaro egiziano sotto casa, al gol di Homos, si sarà sentito un po' come Nino Manfredi in "Pane e Cioccolata". Forse ce lo meritiamo. Tiè.