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La festa padana in Villa Reale raccontata dai consiglieri del Partito Democratico, che hanno potuto esserci e hanno anche avuto il privilegio di vedere il Ministro Brambilla a lavoro

 

Riceviamo e pubblichiamo

L’appuntamento con “la storia” era fissato per le 11.30. Ma a quell’ora Bossi era ancora a Gemonio.

Infatti è arrivato in Villa Reale due ore dopo  e con un paio di occhiali che sembrava Rocky Roberts.
Sceso dalla macchina si è rivolto ai giornalisti, ai fotografi e agli operatori televisivi - che sotto un sole boia e rischiando il collasso erano lì dalla mattina ad aspettarlo – salutandoli con un cordiale vaffanc…
Poi ha pronunciato qualche frase nel microfono, che però in pochi hanno compreso. Anche se l’impianto funzionava discretamente.
Ha mostrato una mazzetta di soldi che teneva nel taschino della camicia e invitato il ministro Brambilla a mostrarsi. Lei, che è un tipo solitamente così schivo, lo ha accontentato.
La cerimonia di inaugurazione dei “ministeri” farlocchi, l’evento tanto atteso,  si è concluso così, in una manciata di minuti.
Poi i rappresentanti del Governo, accompagnati da un nutrito codazzo di esponenti leghisti e qualche autorità locale, sono entrati per prendere possesso della nuova sede “ministeriale”. Già che c’erano hanno pensato bene di spazzolare il buffet.
Fuori tutti ad aspettare che finissero non si sa bene che cosa. Oltre alle vivande, s’intende.
Ogni tanto qualcuno veniva fatto filtrare da funzionari che non sembravano dello Stato, ma del partito.
Il criterio di accesso era ignoto. Forse bisognava sapere la parola d’ordine. Una certa “onorevole Molteni”  doveva conoscerla, perché faceva continuamente la spola per traghettare dentro alcune sue conoscenti.
Quando siamo entrati ci è sembrato di stare in una sede della Lega. Non per il colore delle pareti (stucco veneziano?), o per i mobili (produzione siciliana!), ma perché tutta l’iconografia a cui ci hanno abituato in questi anni è presente: riproduzioni in finto bronzo dell’Alberto da Giussano sulle scrivanie, alle pareti falsi arazzi del giuramento di Pontida e stampe raffiguranti la battaglia di Legnano. Oltre a un numero quasi imbarazzante di quadretti appesi ai muri con la foto di Bossi giovane.
In una terza stanza che fungerà da segreteria – così ci ha detto con inconfondibile accento bresciano una signora seduta alla scrivania –  non c’è nemmeno l’ombra di un telefono. O di una fotocopiatrice. O di un armadio. Insomma  di un qualsiasi oggetto che possa dare l’idea che in quei locali si svolgerà un’attività vera, concreta. Così, giusto per precisare, mancano perfino i bagni: "Tanto sono fuori", precisa uno in cravatta verde che forse ha più dimestichezza di altri con l'ambiente circostante. 

Quando un tizio vicino a noi con il telefonino cerca di inquadrare Giulio Tremonti, questi gli sibila: “Ma dai, lascia stare. Non mi piace farmi fotografare!”  Scusi ministro, ma allora tutte quelle sue foto che si vedono in giro? Sarà mica Guzzanti?  Mah, l’impressione è che Tremonti non abbia voglia di lasciare troppe tracce della sua presenza.
Il ministro Brambilla invece, non si fa pregare. Prende subito possesso della sua stanza e quando la vediamo su quel divano (un’esclusiva del nostro Blog), tra calici di Berlucchi vuoti e qualche tartina sbocconcellata, in un ambiente nuovo ma già sfatto, beh allora tutto è risultato chiaro: per chi non lo avesse ancora capito, questa volta la festa è davvero finita!
Ce ne siamo andati. Non prima però di volgere lo sguardo al ritratto ufficiale del Presidente Giorgio Napolitano. Ci è sembrato diverso dal solito. Pareva – con tutto il rispetto – alquanto incazzato.

Gruppo consiliare del Partito Democratico del Comune di Monza

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