20120416-vauro

Invocare l’antipolitica ci sembra un modo per evitare il vero nodo di fondo che è quello di guardarsi nel proprio interno e chiedersi se si è fatto tutto quello che era necessario per costruire una buona politica, anche stando all’opposizione.

 

Ma perché l’antipolitica si è fatta vento impetuoso e minaccia ora di spazzare via tutti? L’espressione, per la verità un tantino apocalittica, non è nostra ma del segretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani. E la condividiamo, anche se non ci convince “ quel vedo in giro molti apprendisti stregoni che sollevano cattivo vento “. Anche noi li vediamo ma probabilmente non sono gli stessi individuati dal leader del Pd. E’un concetto che abbiamo più volte usato nelle periodiche note pubblicate su questa rivista. Ripetiamolo : la politica è necessaria per la democrazia, utile e indispensabile. Ma ad una condizione : che deve essere buona, pulita, anche aspra se necessario, ma fatta nell’interesse della collettività. In caso contrario è lì dentro che vanno ricercati gli apprendisti stregoni. Beppe Grillo è solo l’utilizzatore finale del malessere, dello scandalo e della indignazione suscitati dalla cattiva politica.

Facciamo un salto al 1992. Cosa determinò il sistema di Tangentopoli, fatto di una corruzione diffusa a tutti i livelli, dai più bassi ai più alti? L’ondata della Lega Nord, capeggiata non da un comico ma da un barbaro (politicamente parlando si intende) e l’avvento alcuni anni dopo del berlusconismo, tutto affari (i suoi, del capo, si intende) e propaganda, tante promesse in nome di un fare che mai è stato fatto. Il Cavaliere con un partito azienda che mai ha celebrato congressi, al massimo qualche convention, si è rivelato un illusionista, privo di scrupoli morali, il vero riccastro che per hobby ha tentato di dare lezione ai politici di mestiere, ma che alla fine ha fatto, sia sul piano internazionale che su quello interno, la figura del cioccolataio, lasciando il paese in braghe di tela. Altro che grande imprenditore.

Ma Tangentopoli non produsse solo questi due mostri, portò alla distruzione due grandi Partiti, la Dc e il Psi , e ridusse notevolmente il peso dello stesso Pds. Colpa dell’antipolitica anche allora? No, colpa della cattiva politica. Invocare l’antipolitica ci sembra un modo per evitare il vero nodo di fondo che è quello di guardarsi nel proprio interno e chiedersi se si è fatto tutto quello che era necessario per costruire una buona politica, anche stando all’opposizione. Non lo hanno fatto allora coloro che si sono sciolti come neve al sole, non lo hanno fatto nemmeno quelli che sono rimasti, se non proprio intatti, almeno ancora in attività. E così siamo arrivati ai giorni nostri, con una situazione economica difficilissima, con un governo di tecnici al posto dei politici (un bello smacco, sempre che non si voglia imputare al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di essere, pure lui, un seguace della antipolitica) e con un Paese malato, molto malato, con una febbre da cavallo.

L’ex senatore Emanuele Macaluso, che conosciamo molto bene e che stimiamo anche se non sempre condividiamo le sue idee, ha scritto che a cavalcare la tigre antipolitica cominciò proprio il Pds nel 1992. Ci siamo stropicciati gli occhi. Le colpe del Pds nel 1992- secondo noi - furono ben altre, innanzitutto quelle di non essersi interrogati al proprio interno per capire come era stato possibile perdere certe verginità etiche e morali e impostare alla svelta una linea politica di recupero. Eppure in casa, a portata di mano, erano disponibili le intuizioni e l’esempio di un certo Enrico Berlinguer, molto omaggiato da morto ma poi poco imitato. Le sue idee sarebbero state capaci di mettere le cose a posto nel Partito sia sotto il profilo della moralità interna sia sotto quello dell’azione politica più generale, in Italia e nel mondo. Ecco perché l’accusa di antipolitica ci puzza di alibi.

Ogni tanto anche a noi succede di sognare: sogniamo una forza politica di sinistra che si batte, veramente e non solo a parole, contro le ingiustizie sociali; che vuol fare pagare di più a chi ha di più; che veste il saio del buon francescano; che conduce una campagna incessante contro tutti i privilegi grandi, piccoli e medi; che non si dimentica un solo istante delle colpe enormi del troppo facilmente scordato Berlusconi (è un favore che gli fa la grande stampa in generale) ; che rinuncia ad ogni non giustificato privilegio; che si batte per una corretta riforma del finanziamento pubblico dei Partiti. I quali-lo ripetiamo ancora una volta, l’ennesima - sono indispensabili. Attenti : senza una rapida e brusca sterzata della politica ufficiale, il populismo di Grillo, dopo quello di Bossi e Berlusconi, è destinato a diventare un pericolo reale. La storia insegna.