L'alternativa a cui ci troviamo di fronte è tra tecnici colti, competenti ed esperti, ma privi di consenso, e politici dotati del consenso, ma ignoranti, incompetenti e inesperti?
Nel governo Letta sono state elette tre donne che abbiamo visto più volte alla televisione, e che nelle loro esternazioni hanno mostrato con grande evidenza il loro attaccamento a Berlusconi.
Gli incarichi loro affidati non sono di poco conto: Nunzia De Girolamo è il nuovo Ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali; Beatrice Lorenzin è stata nominata Ministro della Salute; a Michaela Biancofiore in un primo tempo è stato attribuito il Sottesegretariato alle Pari Opportunità e dopo due giorni, in seguito a dichiarazioni di sapore omofobo, quello alla Semplificazione Amministrativa.
Data l’importanza degli incarichi, e anche il disinvolto cambio di ruolo della Biancofiore, sono andato a cercare su Internet notizie sui curricoli di queste persone.
Nunzia De Girolamo, nata nel 1975, è avvocato e si è occupata “di diritto civile, del lavoro, commerciale e bancario”. “Ha collaborato” con L’Università del Sannio e quella del Molise.
Le sue competenze nelle materie che le sono state affidate possono derivarle dal fatto di essere figlia del direttore del Consorzio Agrario di Benevento.
Di Beatrice Lorenzin, 38 anni non sono riuscito a trovare un curricolo di studi e professionale che andasse al di là di un diploma di liceo classico.
Michaela BIancofiore, nata nel 1970, ha lavorato come assistente alla regia di alcuni film. Attualmente “è imprenditrice nel settore del wellness”.
Al di là degli aspetti accademici e professionali, dai curricoli di tutte e tre emergono una brillante carriera all’interno di Forza Italia prima e del PDL dopo, e l’elezione a ruoli istituzionali in rappresentanza di quei partiti. Una caratteristica, questa, che credo peraltro condivisa con una parte rilevante del personale politico italiano, indipendentemente dai partiti di appartenenza.
Anche se non risultano dai curricoli, le loro performance alla TV autorizzano l’attribuzione di alcune doti di notevole livello: la bella presenza e una forte vocazione (e possibile formazione) alla comunicazione. E’ probabile che nella loro selezione queste due doti abbiano prevalso su molte altre.
Ma un’altra donna, investita del prestigioso incarico di Ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, ha attratto la mia attenzione per il fatto che, sconosciuta ai più e a anche a me, vanta, sempre nell’ambito di Internet, un curricolo interessante.
E’ Maria Chiara Carrozza. Nata nel 1965, è laureata in fisica e dottore di ricerca in ingegneria, professore ordinario di bioingegneria industriale presso la Scuola Superiore di S. Anna di Pisa, università di cui è stata rettore dal 2007 al 2013.
Eletta alla Camera nella lista del Partito Democratico, non sembra aver svolto una attività prolungata nel partito di riferimento.
Per sfuggire alla possibile accusa di faziosità, dichiaro sin d’ora di non escludere affatto che le stesse luci ed ombre emergenti dal precedente confronto possano coinvolgere anche altre nomine a ministro e sottosegretario di persone appartenenti ai diversi partiti politici, uomini o donne.
Ed ecco le mie riflessioni:
1. Si è molto parlato, con riferimento alle ultime vicende istituzionali, dell’alternativa tra l’affidare il governo a “politici” o a “tecnici”. L’opinione che un governo di tecnici vada considerato come una eccezione, perché privo del consenso popolare, mi sembra ampiamente condivisa.
Ma i pessimi risultati dei governi politici, che hanno indotto gli stessi partiti ad affidare le sorti del Paese a governi tecnici (per ben due volte, nel 1992 e nel 2011) dovrebbero indurre a qualche riflessione: basta il consenso per rendere i politici preferibili ai tecnici? In parole povere: l'alternativa a cui ci troviamo di fronte è tra tecnici colti, competenti ed esperti, ma privi di consenso, e politici dotati del consenso, ma ignoranti, incompetenti e inesperti? Evidentemente no. Ci aspettiamo che i politici, oltre che del consenso, siano dotati di vocazioni, preparazione, competenze, esperienze migliori, per quanto riguarda il governo della polis, di quelle dei tecnici.
Per dirla in modo colorito con Michele Serra (vedi la Repubblica, 5 ottobre 2011), non vogliamo poter dichiarare “Che bello, finalmente un pirla come me è al potere, questa sì che è democrazia”; al contrario vogliamo “votare per uno che sia migliore di noi”.
2. Si è anche parlato dell’opportunità di un rinnovamento generazionale. Ma basta essere più giovani per essere preferibili rispetto a persone anziane? Direi: sì e no. Il ricambio generazionale è necessario perché consente l’emergere di persone più dinamiche e creative, doti in gran parte connesse con la giovane età. Ma questo non basta: è necessario che le giovani leve abbiano già dato buona prova di sé, abbiano dimostrato negli studi e nell’azione di eccellere rispetto ai coetanei.
3. Ma cosa rende veramente diversi e preferibili i politici rispetto ai tecnici, al di là del consenso?
Gli uomini politici dovrebbero essere dotati di una capacità che spesso manca ai tecnici: una visione ampia e lungimirante. Mentre i tecnici sono spesso portati allo specialismo e a funzioni esecutive anche se di alto livello (si pensi a un grande chirurgo), i politici dovrebbero essere generalisti, portati a funzioni direttive più che operative. Soprattutto dovrebbero avere una visione di lungo termine e trasmetterla agli altri cittadini, troppo spesso portati a ragionare sul breve termine, sui propri bisogni o interessi particolari e immediati. Ma debbono essere anche capaci di mettersi nei panni dei cittadini, cosa che non si apprende nelle alte scuole, ma dal rapporto diretto con i meno favoriti dalla sorte.
4. Ma affermare che un uomo politico deve essere un generalista, significa forse che egli può spaziare senza problemi da una funzione di governo a un’altra, che cioè può occuparsi indifferentemente di sanità o di difesa o di economia? Io credo che ci siano dei limiti nel poter assumere ruoli decisionali di alto livello e responsabilità in un campo piuttosto che in un altro. Un direttore d’orchestra, il cui ruolo è quello di coordinare e indirizzare l’insieme degli strumentisti, può non eccellere nell’uso di uno specifico strumento musicale, ma deve conoscere la musica più dei suoi professori e avere con essi un rapporto fortemente empatico e motivante. Ma difficilmente potrebbe diventare un grande coach di una squadra sportiva, che pure svolge un ruolo analogo al suo.
Certamente, ci sono grandi leader politici capaci di concepire una visione ampia e lungimirante sul futuro di una città, di un paese, di un insieme di popoli, e di indurre milioni di persone a seguirlo nel perseguimento di quella visione. Ma i grandi leader, purtroppo, sono rari. Molto più rari dei demagoghi, che in realtà sono “follower” rispetto alle folle di cui interpretano i desideri più corrivi, riuscendo a suscitare un consenso fanatico.
Nel corso di queste riflessioni mi si è più volte affacciata alla mente la storia dell’imperatore romano Caligola, che nominò il proprio cavallo senatore. Con questo gesto, egli intendeva chiaramente irridere i membri del Senato, i politici del tempo. Il suo gesto aveva probabilmente ampie motivazioni, perché non è da escludere che tra i senatori ve ne fossero numerosi poco degni del ruolo. Ma il suo atto non faceva altro che imprimere ulteriori spinte alla decadenza dell’impero romano.
Spero che le mie considerazioni portino almeno a una conclusione: che i politici non sono tutti uguali, come molti sono indotti a credere, con grande soddisfazione dei peggiori. E che occorre sempre sforzarsi di individuare i migliori a cui dare il proprio voto, ex informata conscientia, riservandosi il controllo del loro operato. Ovviamente con il rischio inevitabile di sbagliare.