20130526-BESTIA-POLITICA-DI-MELOTTI

L'alternativa a cui ci troviamo di fronte è tra tecnici colti, competenti ed esperti, ma privi di consenso, e politici dotati del consenso, ma ignoranti, incompetenti e inesperti?

 

Nel  governo Letta sono state elette tre donne che abbiamo visto più volte alla televisione, e che nelle loro esternazioni hanno mostrato con grande evidenza il loro attaccamento a Berlusconi.

Gli incarichi loro affidati non sono di poco conto:  Nunzia De Girolamo è il nuovo Ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali; Beatrice Lorenzin è stata nominata Ministro della Salute;  a Michaela Biancofiore in un primo tempo  è stato attribuito il Sottesegretariato alle Pari Opportunità e dopo due giorni, in seguito a dichiarazioni di sapore omofobo, quello alla Semplificazione Amministrativa.

Data l’importanza degli incarichi, e anche il disinvolto  cambio di ruolo  della Biancofiore, sono andato a cercare su Internet notizie sui curricoli di queste persone.

Nunzia De Girolamo, nata nel 1975, è  avvocato e si è occupata “di diritto civile, del lavoro, commerciale e bancario”. “Ha collaborato” con L’Università del Sannio e quella del Molise.

Le sue competenze nelle materie che le sono state affidate possono derivarle dal fatto di essere figlia del  direttore del Consorzio Agrario di Benevento.

Di Beatrice Lorenzin, 38 anni non sono riuscito a trovare un curricolo di studi e professionale che andasse al di là di un diploma di liceo classico.

Michaela BIancofiore, nata nel 1970, ha lavorato come assistente alla regia di alcuni film. Attualmente “è imprenditrice nel settore del wellness”.

Al di là degli aspetti accademici  e  professionali, dai curricoli di tutte e tre emergono  una brillante carriera all’interno di Forza Italia prima e del PDL dopo, e l’elezione a ruoli istituzionali  in rappresentanza di quei partiti. Una caratteristica, questa, che credo peraltro condivisa con una parte rilevante del personale politico italiano, indipendentemente dai partiti di appartenenza. 

Anche se non risultano  dai curricoli, le loro performance  alla TV  autorizzano l’attribuzione di alcune doti  di notevole livello: la bella presenza e una forte vocazione (e possibile   formazione) alla  comunicazione. E’ probabile che nella loro selezione queste due doti abbiano prevalso su  molte altre. 

Ma un’altra donna, investita del prestigioso incarico di  Ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, ha attratto la mia attenzione per il fatto che, sconosciuta ai più e a anche a me, vanta, sempre nell’ambito di   Internet,  un curricolo interessante.

E’ Maria Chiara Carrozza. Nata nel 1965, è laureata in fisica e dottore di ricerca in ingegneria,  professore ordinario di bioingegneria industriale presso la Scuola Superiore di S. Anna di Pisa, università di cui è stata rettore dal 2007 al 2013.

Eletta alla Camera nella lista del Partito Democratico, non sembra  aver svolto una attività prolungata nel partito di riferimento.

Per sfuggire alla possibile accusa di faziosità, dichiaro sin d’ora di non escludere affatto che le stesse luci ed ombre emergenti dal precedente confronto possano coinvolgere  anche altre nomine a ministro e sottosegretario di persone appartenenti ai diversi partiti politici, uomini o donne.  

Ed ecco le mie riflessioni:

 1. Si è molto parlato, con riferimento alle ultime vicende istituzionali,  dell’alternativa tra  l’affidare il governo   a “politici” o a “tecnici”. L’opinione che un governo di tecnici vada considerato come una eccezione,  perché privo del  consenso popolare, mi sembra ampiamente condivisa. 

Ma   i pessimi risultati  dei governi politici, che hanno indotto gli stessi partiti ad affidare le sorti del Paese a governi tecnici (per ben due volte, nel 1992 e nel 2011) dovrebbero indurre a qualche riflessione: basta il consenso  per rendere i politici preferibili ai tecnici? In parole povere: l'alternativa a cui ci troviamo di fronte è tra tecnici colti, competenti ed esperti, ma privi di consenso, e politici dotati del consenso, ma ignoranti, incompetenti e inesperti? Evidentemente no. Ci aspettiamo che i politici, oltre che del  consenso, siano dotati di vocazioni, preparazione, competenze, esperienze migliori, per quanto riguarda il governo della polis, di quelle dei tecnici. 

Per dirla in modo colorito con Michele Serra (vedi la Repubblica, 5 ottobre 2011), non vogliamo poter dichiarare “Che bello, finalmente un pirla come me è al potere, questa sì che è democrazia”;  al contrario vogliamo “votare per uno che sia migliore di noi”.

2. Si è anche parlato dell’opportunità di un rinnovamento generazionale. Ma basta essere più giovani per essere preferibili rispetto a persone anziane? Direi: sì e  no. Il  ricambio generazionale è necessario perché consente l’emergere di  persone più dinamiche e creative, doti in  gran parte connesse con la giovane età. Ma questo non basta: è necessario che le giovani leve   abbiano già dato buona prova di sé, abbiano dimostrato negli studi e nell’azione di eccellere   rispetto ai coetanei.

3. Ma cosa rende veramente diversi e preferibili i politici rispetto ai tecnici, al di là del consenso?

Gli uomini politici  dovrebbero essere dotati di una capacità che spesso manca ai tecnici: una visione ampia e lungimirante. Mentre i tecnici sono spesso portati allo specialismo e a funzioni esecutive anche se di alto livello (si pensi a un grande chirurgo), i politici dovrebbero essere generalisti, portati a funzioni direttive più che operative. Soprattutto dovrebbero avere una visione di lungo termine e trasmetterla agli altri cittadini, troppo spesso portati  a ragionare sul breve termine, sui propri bisogni o  interessi  particolari e immediati. Ma  debbono essere anche capaci di mettersi nei panni dei cittadini,  cosa  che non  si apprende nelle alte scuole, ma dal rapporto diretto con i  meno favoriti dalla sorte.

4. Ma affermare che un uomo politico deve essere un generalista, significa forse che egli può  spaziare senza problemi da una funzione di governo a un’altra, che cioè può occuparsi indifferentemente di sanità o di difesa o  di economia? Io credo che ci siano dei limiti nel poter assumere ruoli decisionali di alto livello e responsabilità in un campo piuttosto che in un altro. Un direttore d’orchestra, il cui ruolo  è quello di coordinare e indirizzare l’insieme degli strumentisti,  può non eccellere nell’uso di uno specifico strumento musicale, ma deve conoscere la musica più dei suoi professori e avere con essi un rapporto fortemente empatico e motivante. Ma  difficilmente potrebbe diventare un grande coach di una squadra sportiva, che pure svolge un ruolo analogo al suo. 

Certamente, ci sono   grandi leader politici capaci di concepire  una visione  ampia e lungimirante sul  futuro di una città, di un paese, di un insieme di popoli, e di indurre milioni di persone a seguirlo nel perseguimento di quella visione. Ma i grandi leader, purtroppo, sono rari. Molto più rari dei demagoghi, che in realtà sono “follower” rispetto alle  folle di cui interpretano i desideri più corrivi, riuscendo a suscitare un consenso fanatico.

Nel corso di queste riflessioni mi si è più volte affacciata alla  mente  la storia dell’imperatore romano Caligola, che  nominò il proprio cavallo senatore. Con questo gesto, egli intendeva chiaramente irridere i membri del Senato, i politici del tempo. Il suo gesto aveva probabilmente ampie motivazioni, perché  non è da escludere che tra i senatori ve ne fossero numerosi  poco degni del ruolo. Ma il suo atto non faceva altro che imprimere ulteriori spinte alla   decadenza dell’impero romano.

Spero che le mie considerazioni portino almeno a una conclusione: che i politici non sono tutti uguali, come molti sono indotti a credere, con grande soddisfazione dei peggiori. E che occorre sempre sforzarsi  di individuare i migliori a cui dare il proprio voto, ex informata conscientia, riservandosi il controllo del loro operato. Ovviamente con il  rischio inevitabile  di sbagliare.

 

 
Gli autori di Vorrei
Giacomo Correale Santacroce
Giacomo Correale Santacroce

Laureato in Economia all’Università Bocconi con specializzazione in Scienze dell’Amministrazione Pubblica all’Università di Bologna, ha una lunga esperienza in materia di programmazione e gestione strategica acquisita come dirigente e come consulente presso imprese e amministrazioni pubbliche. È autore di saggi e articoli pubblicati su riviste e giornali economici. Ora in pensione, dedica la sua attività pubblicistica a uno zibaldone di economia, politica ed estetica.

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