Dopo dodici anni Antonio Cornacchia lascia la direzione di Vorrei
Cara lettrice, caro lettore,
mi sono dimesso da direttore di Vorrei. La notizia è questa, ora se vuoi puoi tornare alle tue faccende oppure dedicarmi qualche minuto del tuo tempo perché possa raccontarti un po’ come e perché dopo 12 anni ho preso questa decisione.
Per tutto questo tempo ho avuto l’onore e l’onere di dirigere un gruppo di volontari a volte molto numeroso a volte più sparuto, a volte carico di entusiasmo, a volte bisognoso di stimoli. Sottraendo tempo ed energie alla vita privata e alla professione — lo sai, vero, che qui a Vorrei nessuno è pagato per collaborare? — in nome di un impegno, di un patto stretto prima fra noi redattori e poi fra la rivista e i suoi lettori: quello di provare a dare spunti di riflessione principalmente in tre ambiti, l’ambiente, la cultura e la politica. A non fermarci alla notizia ma di andare in profondità alla ricerca del benedetto perchè. Lo dicevamo sin da quando, era la fine del 2007, lanciammo un blog/appello in cui denunciavamo l’assenza sul territorio di Monza e dintorni di un luogo e di uno strumento di approfondimento:
«Io credo che Monza e il suo territorio abbiano bisogno di qualche spazio di riflessione e di confronto in più. Credo ci sia il bisogno di far dialogare chi ci vive, chi ci lavora e chi la guarda da lontano. Io credo che ci sia il bisogno di una narrazione della città stessa — e di quanto le è contemporaneo — critica, capace di affrontare con decisione il suo presente e il suo futuro. Una narrazione che porti a individuare il senso di quanto accade e che non si fermi a esporre la cronologia dei fatti». Lo so, non è bello citarsi addosso, ma vista l’occasione ci sta, non fosse altro che per il fatto che quelle necessità valgono oggi forse anche più di allora, anche se di testate ne sono nate tante altre.
Per tutti questi anni, fra le difficoltà che una iniziativa non commerciale comporta (ma anche con tutti i vantaggi in termini di libertà) abbiamo costruito un archivio poderoso di articoli, foto e filmati che puoi consultare gratis in qualsiasi momento.
È stato entusiasmante coordinare decine di giovani e meno giovani sguinzagliati alla ricerca di testimonianze e documenti da presentare ai lettori come forse mai era stato fatto prima nei dintorni. Così come è stata molto dura tenere il timone nei momenti di stanca e fra le tempeste di polemiche di chi non è abituato ad un giornale eretico come il nostro, poco avvezzo ad essere accondiscendente con cementificatori, imbonitori, venditori di fuffa e cialtroni di ogni ambito, risma e colore. Già colore, perché possiamo ben vantarci di avere ammiratori e detrattori su entrambe le sponde del Lambro — per rimanere in ambito monzese — e di essere stati sotto tiro della destra così come di certa sinistra, il cosiddetto fuoco amico.
Ho usato l’aggettivo eretico. Cos’altro è se non una eresia una rivista che vive solo grazie all’impegno culturale e politico dei suoi collaboratori in un contesto storico come questo, dove l’unico dio incontrastato è il profitto, e in un territorio come la Brianza? Dico, la Brianza! Conoscete qualcuno in Brianza che fa qualcosa senza averne un ritorno economico? Scherzo certo, ma neanche tanto. Non è una eresia fare articoli lunghi, curati, documentati quando tutto intorno è una corsa alla sintesi estrema, allo slogan, al tweet, alla superficialità, al copia incolla dai comunicati? E non è una eresia essere profondamente alternativi e stare alla larga dai temi mainstream e — come direbbe Calvino — «cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio»?
È un’eresia. Una eresia a cui abbiamo tutti dedicato energie e passione, dai fondatori a coloro che hanno fatto apparizioni fugaci sulle nostre pagine. Una eresia che oggi, dopo 12 anni, per me è giusto sia qualcun altro a tenere viva, a rilanciare. Dandole nuovi stimoli, orizzonti, metodi e strumenti.
A breve la redazione annuncerà il nome di chi prenderà il mio posto. Io voglio ringraziare moltissimo i miei compagni di avventura che più volte mi hanno eletto direttore e chi nel tempo ci ha riservato belle parole, ci ha sostenuto, ci ha letto. Perché una rivista ha senso solo se letta con attenzione. E l’attenzione non si misura solo con i numeri, altra ossessione contemporanea dopo quella della velocità. Grazie davvero per questa piccola-grande esperienza che ora mi vedrà “semplice” redattore di Vorrei. Poi probabilmente sarò alle prese anche con altro. Ho cominciato negli anni Ottanta stampando in ciclostile fanzine e giornalini scolastici. Forse, per me, è tempo di tornare lì. Si vedrà, intanto viva Vorrei!