Le incontriamo tutti i giorni, al supermercato, per la strada, nelle nostre case in cui lavorano come badanti, babysitter, colf: sono le donne migranti che hanno raggiunto l'Italia alla ricerca di un futuro migliore. Troppo spesso le chiamiamo con il nome della loro nazionalità, come se l'origine corrispondesse a una professione. Etichette appiccicate con noncuranza che però fanno fatica a staccarsi: la "filippina" diventa sinonimo di domestica, "nigeriana" vuol sempre dire prostituta. Ma che cosa sappiamo delle storie di queste donne? Perché proprio dalla Nigeria arrivano così tante ragazze che finiscono sui marciapiedi? Perché non fuggono, perché non si ribellano? Chi offre loro aiuto? Per rispondere a queste domande il gruppo missionario padre Giovanni Beretta, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, organizza due iniziative solidali.

COSA: "Mai più schiave", mostra fotografica sul dramma delle nigeriane vittime della tratta.

Alla mostra sarà abbinata la vendita pro missioni di prodotti artigianali delle cooperative femminili bengalesi. Il ricavato dell'iniziativa verrà devoluto alle missioni Pime in Bangladesh.

 

DOVE: a Besana in Brianza (MB) presso il Centro Culturale S. Clemente (via S.Clemente 2, frazione Cazzano)

 

QUANDO: sabato 6 e domenica 7 marzo 2010. Orario continuato ore 10 - 19, ingresso libero.

 

CHI: il gruppo d'appoggio missionario "padre Giovanni Beretta" in occasione della Giornata Internazionale della Donna.

 

E IN PIÙ: Sabato 6 marzo 2010 alle ore 21 presso l'aula S. Carlo dell'oratorio di Besana (p.za Cuzzi) si terrà il dibattito aperto a tutti sul tema "DONNE MIGRANTI IN BRIANZA: LA CONVIVIALITÀ DELLE DIFFERENZE".

Partecipano: ANNA POZZI, giornalista di Mondo e Missione, curatrice della mostra "Mai più schiave", GRUPPO MIRAL, coordinamento interculturale di donne (Bevera di Castello Brianza), CHIARA VERGANI, assistente sociale area minori e famiglie e area immigrazione. Modera il dibattito Sara Sironi, giornalista di Donnamoderna.com.

 

IN COLLABORAZIONE CON: la Comunità pastorale S. Caterina di Besana in Brianza, il Centro Culturale S. Clemente di Cazzano, la Bottega della Solidarietà di Sondrio, la Federazione stampa missionaria italiana e il Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano.

 

ALTRE INFO SU: www.besanabangladesh.wordpress.com

(o scrivendo un e-mail a besanabangladesh@gmail.com)

 

 

 

LA MOSTRA "MAI PIÙ SCHIAVE: Stop alla tratta per lo sfruttamento sessuale"

Una mostra fotografica per raccontare le storie di tante donne, dagli abusi alla redenzione.

Sono migliaia le ragazze nigeriane sulle strade d'Italia. Le chiamano prostitute, ma sarebbe meglio dire prostituite: costrette a vendere il proprio corpo per pagare un debito assurdo, per salvare se stesse e le proprie famiglie. Sono vittime di un traffico vergognoso che dalla Nigeria all'Italia si snoda lungo le rotte di una delle peggiori schiavitù contemporanee.

Quello della tratta di ragazze nigeriane per lo sfruttamento sessuale è diventato, dagli anni Ottanta in poi, un business da miliardi di dollari, fatto sulla pelle di ragazze giovanissime, cresciute in un contesto di miseria e degrado e desiderose di una vita migliore. Vengono ingannate da promesse fittizie, dal miraggio di un altrove fatto di benessere e felicità: finiscono col ritrovarsi su una strada, costrette a sopportare i peggiori abusi, in una situazione di vulnerabilità e povertà ancora peggiore di quella da cui provengono, sradicate in un Paese straniero, spesso clandestine, senza identità né dignità. Questa mostra fotografica - con le immagini della reporter Silvia Morara e i testi della giornalista di Mondo e Missione Anna Pozzi - racconta le loro storie. Una mostra nata dal progetto della Fesmi (Federazione stampa missionaria italiana), volto a scandagliare a fondo il fenomeno in tutti i suoi aspetti - sociali, culturali, economici... - non solo per denunciare questa vergognosa schiavitù, ma anche per sostenere concretamente le esperienze positive di sensibilizzazione, prevenzione e recupero di queste giovani donne, sia in Italia che in Nigeria. Esperienze raccontate da Morara e Pozzi, che hanno compiuto un viaggio nei luoghi da cui queste ragazze provengono - Lagos e soprattutto Benin City, nell'Edo State, la capitale nigeriana di questo orribile traffico -,  ma anche sulle strade italiane e nelle comunità di accoglienza, dove queste ragazze provano a ricostruirsi una vita. La mostra - disponibile al Centro Pime di Milano e corredata dal catalogo edito dalla Emi - testimonia anche l'iniziativa promossa dall'Ufficio "Tratta donne e minori" dell'Unione delle superiore maggiori d'Italia (Usmi), guidato da suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, impegnata dal 1993 nella lotta contro la tratta di esseri umani.

 

IL GRUPPO D'APPOGGIO "PADRE GIOVANNI BERETTA"

È un gruppo missionario informale nato nel 1976 dal desiderio di accompagnare e sostenere il missionario besanese Giovanni Beretta, sacerdote del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere). Alcuni amici e parenti del missionario hanno mantenuto attivo questo “filo diretto” ritrovandosi periodicamente e contribuendo alle attività svolte da padre Giovanni. Tra le iniziative realizzate ricordiamo la grande raccolta di macchine utensili per la scuola professionale di Dinajpur (diretta da padre Giovanni fino al 2005), le mostre-mercato dedicate all’artigianato bengalese “Nokshi kantha: ricamare la vita” (ottobre 2001) e “Un filo di juta” (ottobre 2006).

 

GIOVANNI BERETTA, missionario Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere)

Padre Giovanni Beretta è nato a Besana Brianza il 23 dicembre 1941. Nel 1965, dopo il servizio militare, decide di entrare nel seminario di Monza del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) e viene ordinato sacerdote nel 1971. Dopo alcuni anni di preparazione, parte per il Bangladesh: è il 1975. La sua attività missionaria si svolge prima nel villaggio di Bonpara (fino al 1983) e poi nella cittadina di Dinajpur, dove dirige la scuola professionale “Novara Technical School”. Dal 1991 al 1992 è impegnato nella capitale del paese, Dhaka, che lascia per un periodo di lavoro a Milano come economo del suo istituto missionario. Rientra in Bangladesh nel 1996 e torna alla scuola professionale di Dinajpur. Nel 2005 viene richiamato in Italia dove attualmente ricopre il ruolo di economo generale del Pime presso la sede di Roma.

 

IL BANGLADESH: GIOVANE NAZIONE IN TERRA ANTICA

La civiltà bengalese era già fiorente nel quarto secolo a.C.: posto all’apice del Golfo del Bengala, passaggio obbligato per i commercianti, il paese era sede riconosciuta di varie università e monasteri. Il Bangladesh (etimologicamente “terra bagnata”) è una grande pianura alluvionale attraversata da 230 fiumi, confluenza naturale tra Gange e Brahmaputra: un grande e fertile delta, dominato dal passare dei monsoni.

L’avvento dei musulmani nel 1200 inaugura un florido periodo che si conclude drasticamente nel 1765 con il colonialismo: il Bangladesh non tornerà più all’antico benessere. Nel 1947 gli Inglesi lasciano il paese che resta alle dipendenze del Pakistan fino al 1971, quando si costituisce una repubblica indipendente, confinante con India e Myanmar (Birmania).

Gli abitanti sono gli eredi di una fusione secolare di etnie. Prevale la lingua Bengali, ma le minoranze tribali parlano idiomi diversi e conservano la propria religione tradizionale. Lo Stato è islamico, ma garantisce libertà di culto alle minoranze indù, buddiste, cristiane e animiste.

Essenzialmente agricolo (riso, juta, the, canna da zucchero), il Bangladesh è uno dei paesi più poveri del mondo. 155 milioni di persone, più del doppio degli italiani, sono distribuite (forse si dovrebbe dire stipate), su un territorio di 144.000 kmq, pari a circa la metà della superficie italiana. La densità è di 1064 abitanti per kmq. La manodopera a basso costo è sfruttata in modo indiscriminato nelle industrie della capitale, Dhaka (è tristemente famoso l’incendio di una fabbrica tessile in cui sono morti più di 50 donne e bambini-operai, chiusi a chiave dentro lo stabilimento). Molti gli emigranti, soprattutto verso i paesi arabi.

 

IL CENTRO CULTURALE SAN CLEMENTE (LOCALITÀ CAZZANO)

È sede di un'associazione molto attiva nella realtà besanese, soprattutto nell'animazione della vita culturale della frazione di Cazzano: anche in questa occasione ha gentilmente messo a disposizione l'ampio salone "don Angelo Bramati" per l'allestimento della mostra.