COMUNICATO DELLA SEGRETERIA DELLA CGIL DI MONZA E BRIANZA
Il confronto tra Governo e Parti Sociali sul mercato del lavoro si è chiuso con una decisione di carattere politico del Presidente del Consiglio.
Mario Monti ha scelto di:
- evitare una vera e propria contrattazione: nessun testo è stato consegnato alle parti e la discussione è rimasta affidata “alle parole” della ministra Fornero e dello stesso presidente del consiglio; il confronto ha vissuto di continui stop and go, di ondeggiamenti nelle posizioni fatte di aperture e improvvise retromarce; risulta alla fine evidentela volontà del premier di non arrivare alla sottoscrizione di un accordo con il Sindacato, soprattutto sulla revisione dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori. Il Presidente del Consiglio ha inseguito un progetto politico prima che l’idea di una necessaria riforma delle regole del mercato del lavoro;
- affermare la primazia della politica e negare valore alla concertazione sociale: sull’articolo 18 il premier ha deciso di respingere qualsiasi ipotesi di mediazione e di sintesi con le Parti Sociali, rinviando alle Camere e quindi alla politica l’ultima parola sulla riforma. In questo modo il Governo dei tecnici si rivela il più “politico” tra gli esecutivi possibili: paradossalmente è il Governo Tecnico ad assegnare alla politica, così in difficoltà, un ruolo che mai aveva giocato soprattutto sui temi del lavoro, nella storia del sindacato confederale e della repubblica, assegnato alla contrattazione. Anzi: la discussione politica di questi giorni mette in evidenza come le posizioni del Governo finiscano per premiare una sola delle parti che in Parlamento sostengono il Governo stesso;
- riformare l’articolo 18 in ossequio alla volontà (sbagliata) dell’Unione Europea: Monti prescinde dalla valenza e dall’efficacia dell’art.18 nel nostro paese, trascura le effettive esigenze delle imprese, non si preoccupa delle possibili conseguenze sociali e dell’eventuale conflitto in Italia e tantomeno del valore della coesione sociale: intende rispondere alla BCE e all’Europa al di là della verità e della reale portata della “riforma”. Sbaglia: mette in conto una risposta positiva dei mercati, ma apre uno scenario di instabilità e di conflitto sociale che potrebbero portare a risultati di segno opposto;
- colpire nuovamente i lavoratori dopo aver scaricato su di loro i problemi del paese con la manovra e la cosiddetta riforma delle pensioni e con il provvedimento sulle liberalizzazioni, annacquato sulle altre categorie e invece pesante con il lavoro dipendente: è evidente che il Governo Monti è un Governo politico che risparmia i patrimoni, i redditi finanziari, le categorie e le corporazioni riottose e invece colpisce severamente e senza mediazione i redditi da lavoro e da pensione, i diritti della gente che lavora. Siamo ai “licenziamenti facili”; siamo ad uno spostamento di potere all’interno dell’azienda a tutto danno dei lavoratori e dei loro diritti; con la negazione del reintegro per i lavoratori illegittimamente licenziati per motivi economici, il Governo stravolge il principio della giusta causa e colpisce il diritto al mantenimento del posto di lavoro anche in presenza di arbitrarietà e abusi.Per questo la CGIL si sarebbe aspettata da CISL e UIL una determinazione maggiore nel sostenere posizioni che peraltro erano state condivise.
La CGIL si batte per conservare i diritti previsti dall’articolo 18: la mobilitazione dei lavoratori è finalizzata ad ottenere la possibilità di vedersi riconosciuto dal giudice il diritto alla reintegra in presenza di licenziamenti illegittimi anche definiti “economici” dalle imprese.
Questo obiettivo è raggiungibile: già è un successo per la CGIL aver impedito l’adozione di un Decreto Legge (obiettivo ancora ieri confermato dal Ministro Fornero) dall’iter blindato; il ricorso al disegno di legge rende possibile un dibattito parlamentare e alle Camere la presentazione di emendamenti capaci di ripristinare il diritto dei lavoratori.
Del resto la CGIL ritiene che né la modifica dell’articolo 18, né il ddl sul mercato del lavoro nel suo complesso siano decisivi nella creazione di posti di lavoro o anche solo nella movimentazione del mdl per i giovani e i precari: servirebbero misure per la crescita, politiche di investimento capaci di ridare fiato al sistema produttivo prostrato dalla crisi, interventi anticiclici – finanziati con tasse sui grandi patrimoni e sui capitali finanziari – finalizzati alla creazione di buoni posti di lavoro oltre che al mantenimento del lavoro esistente.
Per Monza e Brianza questo significa attenzione al progressivo impoverimento in atto del sistema produttivo ed occupazionale: pensiamo in particolare alle eccellenze dei distretti high tec del vimercatese, del mobile e della meccanica fine. Innovazione e ricerca hanno, sul nostro territorio, un significato strategico da difendere, anche con la lotta.
In un periodo di grave crisi come questo le tutele per il lavoro andrebbero rafforzate ed estese e non indebolite.
Nel merito del disegno di legge sul mercato del lavoro inviato in questi giorni alle Camere la CGIL ritiene di dare un giudizio articolato:
- non è sufficiente il testo nella parte sulla precarietà e il futuro dei giovani. I contratti “precari” sono ancora quasi tutti lì (tranne gli stages postuniversitari e le associazioni in partecipazione). Dopo aver promesso lo sfoltimento delle tipologie dei contratti precari, il Governo si limita a interventi molto parziali. E’ positivo il ruolo assegnato ai contratti di apprendistato come strada maestra per l’ingresso nel mercato del lavoro così come la maggiore regolamentazione dei contratti a progetto: su questi ultimi, però, cade il principio più volte affermato della necessità che queste tipologie di contratto costino di più del tempo indeterminato. Cosa che vale, invece, per i contratti a tempo determinato: costa di più del TI; dopo tre anni si trasforma in TI; anche i somministrati, dopo tre anni, avranno il TI. Ma il licenziamento dopo il termine del primo contratto a tempo può avvenire senza causali.
- Sugli ammortizzatori sociali la CGIL denuncia che non è stato dato seguito all’annunciata “universalità” o un’estensione significativa degli ammortizzatori stessi:è esclusa la cassa integrazione ordinaria per le aziende sotto i 15 dipendenti e viene cancellata la mobilità (a regime dal 2017) sostituita dall’Assicurazione Sociale Per l’Impiego (ASPI). Assicurazione positiva per i disoccupati (vale 12 mesi e innalza il valore dell’indennità) ma riduce le tutele dei lavoratori occupati: 12 mesi contro gli attuali “fino a 36”. Rimane non affrontata la situazione dei lavoratori agricoli. Rimane tutta aperta l’incertezza sulla fase di transizione: ad essere particolarmente colpiti saranno i lavoratori over 50 con il posto di lavoro a rischio; senza la copertura dell’art.18 (anche nel caso di procedure collettive), con la prospettiva di meno cassa e meno mobilità, già oggi in difficoltà con il provvedimento che allunga i tempi di conseguimento della pensione (esodati); del resto la CGIL considera ancora tutta aperta la discussione sulle modifiche da apportare alla cosiddetta riforma delle pensioni;
- Il giudizio della CGIL sulle modifiche portate in Parlamento all’articolo 18 è decisamente negativo: non c’è stata nessuna volontà di mediazione e nessuna disponibilità del Governo a chiudere positivamente il confronto. Il punto sul quale la battaglia del sindacato continua è relativo ai licenziamenti economici per i quali il giudice – qualora dichiarasse illegittimo il licenziamento – ha a disposizione solo la misura del risarcimento economico e non la reintegra. In questo modo, è evidente, le aziende che volessero liberarsi a qualsiasi titolo di un lavoratore “costruirebbero” le condizioni economiche per cacciarlo senza possibilità per il giudice di intervenire.
La fine della discussione con il Governo non significa “fine della partita”. Il Disegno di Legge governativo è stato trasferito alle Camere per la discussione parlamentare e l’approvazione, che il Governo si augura avvenga “prima dell’estate”.
La CGIL ha proclamato 16 ore di sciopero generale,otto delle quali – probabilmente in maggio – convocate a livello nazionale e gestite con manifestazioni territoriali in concomitanza con la discussione in aula del provvedimento.
Le altre otto ore di sciopero (coordinate con iniziativa della CGIL Lombardia) sono disponibili a livello territoriale:due da dedicare alle assemblee a tappeto che si intende svolgere con l’obiettivo di informare e far discutere i lavoratori là dove non ci siano le condizioni per assemblee unitarie;sei da dedicare ad iniziative sul territorio di visibilità della protesta e di sostegno alle ipotesi di modifica del testo che la CGIL sosterrà.
A Monza le parti sociali sono impegnate nel tentativo di creare le condizioni per il rilancio economico e sociale del territorio: il Governo pensa invece di far pagare i costi della crisi al lavoro dipendente e nulla fa per risolvere le crisi industriali.
Dopo la piattaforma presentata da CGIL CISL e UIL di Monza e Brianza nel mese di novembre, sostenuta dalle mobilitazioni sul territorio, si è finalmente riusciti adottenere un tavolo per lo sviluppo territoriale che tutti i più importanti attori di sistema coinvolti conducono positivamente.
Ma le crisi aziendali proseguono e dai tavoli ministeriali non arrivano risposte di politica industriale utili a vedere la luce alla fine del tunnel: dobbiamo registrare invece un dinamismo esasperato quando si tratta di ridurre i diritti e favorire i licenziamenti che una fase di crisi si tradurrebbe immediatamente in un impennata della disoccupazione.
Per queste ragioni le lavoratrici ed i lavoratori brianzoli, come nel resto del paese, già in queste ore stanno costruendo mobilitazioni anche unitarie.
Monza, 26 marzo 2012
La Segreteria della CGIL di Monza e Brianza