GIO PONTI, IL FILM PROIETTATO IERI SERA GRAZIE ALLA FONDAZIONE DELL'ORDINE DEGLI ARCHITETTI DELLA PROVINCIA DI MONZA E BRIANZA

Monza, 6 giugno 2012 - Si è tenuta ieri sera la proiezione del film di architettura “La vida es sueno. Gio Ponti l’uomo che visse due volte”, organizzata dalla “Fondazione dell’ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Monza Brianza”. Con questo la Fondazione ha voluto rendere omaggio a Gio Ponti, maestro dell’architettura e del design del Novecento presentando il film a lui dedicato, che vede la regia di Marco Poma.

Il documentario narra la vita e le opere del famoso architetto milanese, che con i suoi progetti e le sue realizzazioni, ha attraversato gran parte del Novecento e i cui capolavori, come il grattacielo Pirelli e la sedia Superleggera, sono ancora oggi icone fondamentali dell’architettura e del design italiano ed internazionale.

Ha introdotto la proiezione del film Fabiola Molteni, presidente dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Monza e Brianza, con una citazione di Gio Ponti: “Amate l’Architettura, amatela per quel che di fantastico, avventuroso e solenne ha creato, ha inventato con le sue forme astratte, allusive e figurative che incantano il nostro spirito e rapiscono il nostro pensiero scenario e soccorso della nostra vita”.

Erano presenti alla serata il regista Marco Poma e il figlio di Gio Ponti, Giulio, chiamati entrambi a commentare il film dossier che racconta la vita e l’opera del grande maestro dell’architettura italiana che, secondo le testimonianze, dormiva così poco da far sospettare che non dormisse mai, tanto da permettergli di sfruttare il tempo di due vite per lavorare. Il film è l'ultimo della “Trilogia d’amore” dedicata ai maestri dell’arte italiana del dopoguerra (gli altri sono: Lucio Fontana e Pietro Manzoni).

Protagonista di un secolo di storia, Gio Ponti è stato una delle poche figure in grado di essere apprezzato tanto a livello locale (fu tra gli organizzatori della Triennale di Monza e tra i primi designer a collaborare con Cassina) quanto nel contesto internazionale, con un’opera che attraversa una molteplicità di stili, dalle prime realizzazioni novecentiste alla disinvolta modernità degli ultimi progetti.

Nel film si narrano i fatti che riguardano a livello professionale Gio Ponti e si analizzano tutte le sfaccettature della sua poliedrica produzione: dall'architettura al design, dall'invenzione editoriale alla fondazione di riviste (tra cui Domus), che l'architetto ha sviluppato nella sua lunga vita, attraverso la testimonianza della figlia Lisa. Il film non tralascia neppure l'approfondimento del suo ritratto umano, oltre che lavorativo, con la dichiarazioni dei figli Titta, Giovanna e Giulio, e dei collaboratori più stretti, da Casati fino a Mendini. Un'avventura comunque faticosa, come non avrebbe potuto essere altrimenti con un gigante dell'arte come fu Gio Ponti.  Il film si chiede come e se la sua conclamata genialità fu il risultato di un lavoro di proporzioni immense, sviluppato grazie alla sua instancabile energia propulsiva, egocentrica e prevaricatrice, da cui figli e collaboratori compresi dovevano proteggersi.

Come ha ricordato il figlio Giulio “crescere accanto a lui è stato molto difficile per molti versi. Per altri, scoperti però quando ormai non c’era più, un’avventura straordinaria, perché era un personaggio straordinario. Comunque i figli hanno pagato un prezzo molto alto per questo rapporto familiare”.

Il film si domanda anche se la sua genialità fu il risultato dell'uomo, dell'artista poliedrico, costretto a mordere il tempo e il mondo senza misura, per esaudire la missione a cui il destino l'aveva chiamato, tanto che tutti i testimoni sono concordi nel sostenere l’attualità della sua opera, così all’avanguardia che ancora oggi ci sono suoi prodotti da designer che le aziende hanno paura a realizzare perché troppo innovativi per il mercato.

Quanto si tenta nel film è la ricostruzione di un ritratto a tutto tondo di un maestro che, alla fine, non può che coinvolgere nel vitale entusiasmo della sua stessa esistenza e della sua appassionata umanità, venata da una cultura dominata dal senso estetico di natura classica.