In CGIL a MONZA prende l’avvio un percorso di mutuo aiuto per gli esodati

 

 Al via un gruppo confronto e supporto, dopo decine di colloqui individuali con persone sotto stress psicologico. Le prime indicazioni e le prime valutazioni del disagio.

Sin dai primi mesi successivi al varo della riforma Monti-Fornero che la Cgil di Monza e Brianza, ha cercato di mettere in campo degli strumenti affinché tutti coloro che si trovassero nella situazione di “esodati” potessero avere tutti i riscontri possibili, nel riconoscere la propria situazione previdenziale e anche un supporto psicologico per le loro difficoltà.

Nel corso del 2012, allo Sportello Esodati del Patronato Inca Cgil di Monza, si sono affiancate le professionalità di due psicologi: la dott.ssa Manuela Suriano e Gianluca Gabbrielli.

Allo sportello Esodati si presentano quotidianamente persone che si sentono “senza un posto all’interno della società” ed esprimono la loro difficile situazione che stanno vivendo: un limbo senza lavoro, senza pensione, senza stipendio e per molti senza alcuna forma di ammortizzatore sociale.

Gli psicologi hanno potuto constatare un profondo senso di incertezza e di disorientamento di fronte a questa condizione che porta ad un grande stress e a sentimenti di inutilità.

Queste persone si sentono “prese in giro” dal Governo, il soggetto con cui avevano stipulato un patto che assicurava loro di giungere sereni alla pensione ma che invece si è rivelato essere una sorta di “patto col diavolo”, visto che “ le regole del gioco sono cambiate in corso d’opera”.

Dalle loro testimonianze emerge dunque un diffuso senso di sfiducia verso gli artefici di un cambiamento considerato iniquo e, soprattutto, vicende personali spesso drammatiche.

Segnalano che la perdita economica diventa ancor più evidente perché si trovano in una fascia d’età in cui la difficoltà di riammissione nel mercato del lavoro è alta ma soprattutto l’accesso alla salvaguardia è precluso se sono stati rioccupati successivamente alla data di risoluzione del rapporto di lavoro.

Tale requisito di accesso alla salvaguardia appare “paradossale” e contribuisce a sottolineare il disagio, l’inutilità e l’isolamento sociale che provano queste persone che da soggetti attivi si ritrovano a “non contare più niente” e a dover “essere dipendenti”, senza più avere un ruolo nella società alla quale hanno dato molto con il loro lavoro e i loro sacrifici, in molti casi cominciando l’attività lavorativa ancora prima della maggior età.

Riportiamo alcune valutazioni ricavate dei colloqui sin qui svolti:

 1. La  mancanza del lavoro e allo stesso tempo il non raggiungimento della condizione di pensionamento porta in molti casi ad un abbassamento dell’autostima, alla perdita della posizione sociale che può diventare una minaccia per l’integrità dell’immagine di sé.

2. Vengono riportate sensazioni di “compassione” e solitudine, chiusura in sè stessi e difficoltà a relazionarsi con gli altri.

3. A volte le loro emozioni non riescono a trovare spazio all’interno della famiglia perché gli esodati hanno paura di trasmettere la loro debolezza e i loro sentimenti negativi anche ai loro famigliari.

 4. A questo stato di malessere di aggiunge un forte sentimento di rabbia per essere stati “truffati”, per aver    visto la negazione di un diritto che porta ad una “battaglia quotidiana” per arrivare ad ottenere giustizia.

5. A tal proposito ancor più lampante è il caso di una lavoratrice che si sta spendendo con tutte le forze e i mezzi per far rivalere la sua posizione a seguito di un errore commesso dall’INPS sulla sua pratica: la giornata è all’insegna della ricerca di spiegazioni, di informazioni procurate attraverso il web (tanto da definirsi “drogata di internet”) che a volte, però, sono ancor più confondenti e amplificano il senso di incertezza e smarrimento.

Questo è solo uno dei tanti esempi di dramma individuale e sociale.

Per tali e tante ragioni secondo il nostro punto di vista, gli esodati hanno bisogno di riconoscersi e condividere la loro condizione, di parlare con gli altri e soprattutto di essere ascoltati, ecco perché la CGIL di Monza e Brianza ha chiesto agli psicologi di attivare un percorso di gruppo che partirà tra qualche giorno, che vuole essere proprio il luogo dove sperimentare “il non essere soli con il proprio problema”, e il luogo dove è possibile esprimere le proprie emozioni e i propri vissuti e dove è possibile potersi confrontare costruttivamente con altre storie rispetto a questa nuova condizione.

Monza, 16 aprile 2013

 

Ufficio Segreteria e Comunicazione

CGIL Monza e Brianza

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