Crimini contro le donne, un pomeriggio insieme al magistrato Fabio Roia per riflettere sulla violenza di genere e su come contrastarla.
Incontro organizzato da Cgil, Cisl e Uil al Cinema Teatro Teodolinda
Il fenomeno è vasto e complesso. Ma non lo si risolverà solo nei Palazzi di Giustizia. C’è, infatti, da contrastare una cultura patriarcale che ha radici profonde che può contare su una serie di stereotipi consolidati. Lo ha ribadito questo pomeriggio il magistrato Fabio Roia intervenuto all’iniziativa organizzata dai sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil della Brianza e dalle categorie dei pensionati.
Il tema dell’incontro è stato “Crimini contro le donne” che è anche il titolo del libro scritto dallo stesso magistrato, attualmente presidente di sezione al Tribunale di Milano presso la sezione misure di prevenzione e componente al tavolo permanente in tema di “interventi di prevenzione, contrasto e sostegno a favore di donne vittime di violenza” istituito dalla Regione Lombardia.
La complessità del fenomeno è evidenziata dal fatto – come ha evidenziato Roia – “l’uomo che agisce con violenza contro la donna nel contesto familiare non sa di commettere un crimine”. Questa mancanza di consapevolezza produce due conseguenze: “L’uomo tende a recidivare il comportamento. Inoltre, non si spezza il circuito culturale”, ha affermato il magistrato.
Un dato eloquente, da questo punto di vista, è relativo alla percentuale di recidiva in questo particolare ambito: l’80 per cento degli uomini, usciti dal carcere una volta scontata la pena, reitera la violenza verso la stessa donna o un’altra. Un caso “esemplare” è stato citato dallo stesso Roia: “Un imputato condannato a tre anni e mezzo di reclusione, ha passato questo periodo covando vendetta verso la donna che lo aveva denunciato. Al termine del periodo detentivo, tre giorni dopo, l’uomo ha gettato dell’acido sulla donna che, secondo lui, lo aveva accusato ingiustamente”.
Molto c’è ancora da fare, ma alcuni passi in avanti sono stati fatti: basti pensare che solo fino al 1981 esisteva l’attenuante per il delitto d’onore: il marito che uccideva la moglie adultera poteva essere condannato a soli tre anni di reclusione. La stessa pena che oggi viene inflitta a chi detiene 50 grammi di sostanze stupefacenti. Serve una maggiore specializzazione: “Solo il 13 per cento dei giudici italiani è specializzato in materia – ha aggiunto, inoltre, il magistrato –. Qui la formazione presuppone la conoscenza di altre discipline”.
L’appuntamento è stato aperto dalla lettura di poesie e testi con accompagnamento musicale da parte di Filippo e Dario. Il pomeriggio, si è chiuso con la performance teatrale “Com’eri vestita?” a cura della classe quinta del Liceo artistico della Villa Reale di Monza “Nanni Valentini”. “Com’eri vestita”, la domanda che spesso si sentono fare le donne vittime di violenza.