Edili in sciopero il 15 novembre: “Per riaprire i cantieri e rilanciare il settore”. I sindacati brianzoli manifestano ad Annone
Tornano a protestare i sindacati degli edili. Lo scorso 15 marzo si era svolto uno sciopero nazionale con manifestazione a Roma. Venerdì 15 novembre, invece, la protesta si moltiplicherà in cento città d’Italia. Tante saranno, infatti, le iniziative di protesta che Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil hanno organizzato.
L’appuntamento per la Brianza è al ponte di Annone (provincia di Lecco), struttura crollata nel 2016 causando la morte di un automobilista, ricostruita e inaugurata lo scorso luglio. Luogo simbolico, scelto volutamente dai sindacati per ribadire l’importanza delle infrastrutture nel nostro Paese.
“Noi non ci fermiamo”, questo il titolo dell’iniziativa unitaria che ha anche l’obiettivo di denunciare l’eccesso di burocrazia che condiziona l’avvio e la gestione dei cantieri pubblici.
“Per rilanciare il settore delle costruzioni sarebbe necessario mettere mano alle procedure amministrative. Trovare il giusto equilibrio non è facile: le regole servono per certificare la qualità della spesa, ma con un eccesso di burocrazia si rischia di bloccare tutto”, dichiarano i sindacati del settore.
Nella stessa giornata, una delegazione dei sindacati brianzoli alle 12:30 sarà ricevuta dal prefetto di Monza e Brianza Patrizia Palmisani. In quella sede, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali ribadiranno nuovamente l’importanza della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il settore edile, infatti, è quello dove si registra il maggior numero di vittime dopo il settore agricolo.
Le sigle sindacali puntano il dito anche sul drammatico calo occupazionale del settore: nel biennio 2007-2008 gli iscritti alla cassa edile di Milano, Monza e Lodi erano oltre 70.000. ora siamo a quota 43.000. gli occupati brianzoli, nello stesso periodo, sono passati da 8.400 a 5.000. In provincia di Lecco da 6.300 a 3.200.
Anche a livello nazionale, il trend è negativo: prima del 2008 gli addetti del settore erano 800.000. adesso sono circa la metà. 120.000 imprese hanno cessato l’attività.
Il comparto, inoltre, deve sempre fare i conti con la spinosa questione dei subappalti che tende a peggiorare la qualità del lavoro. Un altro nodo è la progressiva frammentazione del lavoro: lavoratori dipendenti che, per continuare a lavorare, sono costretti a diventare lavoratori autonomi o ad accettare condizioni contrattuali che non hanno nulla a che vedere con le particolarità del settore edile.