Il Parco di Monza non merita tutela ? Si chiamava Caffè. A dargli questo nome era stata la gente che frequentava i Giardini della Villa Reale al Parco di Monza. Il colore del suo piumaggio non lasciava dubbi. Con gli animali selvatici funziona così: il colore, un dettaglio del corpo, oppure il carattere, un certo comportamento, talvolta soltanto l’andatura; tutti aspetti che rappresentano ai nostri occhi una sorta di carta di identità e fanno insorgere il desiderio collettivo di identificarli e dar loro un nome. Caffè era una femmina, ibrido anatra-germano, ed era doppiamente fortunata, non solo perché viveva in un luogo protetto e quindi era tutelata, ma anche perché quando del tutto spontaneamente si giunge a dare un nome a un animale selvatico, in genere è perché ci si abitua alla sua presenza, ci si sofferma ad osservarne il comportamento, lo si cerca ogni volta che si torna. E in qualche modo, col tempo, ci si affeziona. Dare un nome a un animale selvatico è probabilmente un modo – forse l’unico – che chi li ama ha di compensare l’inevitabile distanza che la salvaguardia della loro libertà impone. Senza saperlo, Caffè aveva il privilegio di questa tutela affettiva. E come lei, Duke, il suo inseparabile compagno di vita, e alcuni altri. Ora Caffè non c’è più. Azzannata da un cane lasciato senza guinzaglio dal suo proprietario, non ha trovato scampo nemmeno nel laghetto. Ed è ora straziante vedere Duke cercarla starnazzando disperatamente. È purtroppo l’ennesimo episodio di inciviltà che si verifica e il fatto che avvenga nello stesso luogo e spesso negli stessi orari, al mattino presto, desta il sospetto che vi sia qualche cacciatore che decida di allenare il proprio cane con gli animali selvatici ospiti dei Giardini della Villa Reale. Caffè non è che l’ultima vittima; prima era toccato ad altre anatre, ma anche a cigni, lepri, talpe, scoiattoli, ricci. La conseguenza di queste continue aggressioni, anche quando non si concludono con la morte dell’animale, è che durante il periodo delle nascite i piccoli rimangono incustoditi e divengono così facili prede per rapaci e cornacchie. In soli due mesi si sono contati circa cinquanta piccoli catturati e uccisi. Dunque, vi sono alcuni – probabilmente le stesse persone – che deliberatamente e ripetutamente scelgono di violare il Regolamento che vieta di “uccidere, catturare, o anche semplicemente molestare gli animali” e che impone di tenere i cani al guinzaglio, oppure liberi ma con museruola e comunque sempre sotto sorveglianza. Costoro rappresentano una “specie” nella specie umana: quelli che non hanno alcun rispetto del patrimonio comune, che siano gli animali selvatici, i boschi e i prati, i fiumi, i laghi e il mare, le opere d’arte, ma anche una strada o una piazza. Vivono costantemente nel microcosmo mediocre del loro patrimonio personale, sia esso il pianerottolo, l’auto, il cane. L’approccio educativo nei confronti di questa categoria di persone non può perciò essere che di tipo patrimoniale e deve avere un forte potere disincentivante. Questo ci vorrebbe e questo vorrebbero tutti i frequentatori del nostro Parco, coloro che sanno apprezzare la bellezza della natura, il contatto discreto con gli animali selvatici, il bene raro e prezioso di un luogo che consente a tutti di dimenticare, anche se per brevi momenti, la gabbia di cemento e asfalto di cui ci siamo circondati. Coloro, cioè, che sanno dispiacersi.

La LAV è riconosciuta organizzazione non lucrativa di utilità Sociale ed Ente Morale ogni volta che viene perduto un pezzetto di questo patrimonio, che sia un albero o un nido, un’anatra o un riccio. Ma purtroppo non si fa nulla. Ed è proprio l’incessante reiterazione della violazione del Regolamento che sta a dimostrarlo. Questi incivili si sentono certi di farla franca, sanno che nessuno controlla e, anzi, con chi si permette di far loro osservazione si dimostrano strafottenti e arroganti. Eppure basterebbe poco per stroncare questo fenomeno. Basterebbero dei vigili in borghese che a turno sorveglino i Giardini e il laghetto per poter cogliere in flagranza questi incivili. Infine, individuare zone dove proprietari responsabili possano lasciar liberi di correre i propri cani, così da eliminare ogni pretesto. Come per un museo le opere d’arte, gli animali selvatici sono i piccoli gioielli del nostro Parco e dovremmo fare di tutto per proteggerli da questi vandali. Dunque, davvero non si comprende cosa aspettino il Consorzio e il Comune di Monza a prendere provvedimenti. Forse l’ultima anatra?