Il ’68 cinquant’anni dopo: un Mito?

ne parlano Massimo Fini, Luciano Pellicani, Quirino Principe e Paolo Sensini

giovedì 24 maggio in Sala Maddalena

Monza, 18 maggio 2018. Ricorre quest’anno un anniversario che non smette di fare discutere da mezzo secolo esatto. E così, nella ricorrenza del ’68, il Comune di Monza organizza un incontro per trarre un bilancio complessivo di quanto accaduto e delle sue conseguenze storiche e sociologiche: ne discuteranno giovedì 24 maggio h. 20,30 (Sala Maddalena, via Santa Maddalena, 7 – Monza) alcuni tra i più acuti pensatori contemporanei come Massimo Fini, Luciano Pellicani, Quirino Principe e Paolo Sensini. Nel corso della serata si terrà anche una breve lettura teatrale dal poema di Lidia Sella, dal titolo: Eros, il dio lontano.

“Trascorsi 50 anni da questo avvenimento storico è giunto il momento di analizzare a fondo i fatti per formulare delle valutazioni più oggettive – spiega l’Assessore Massimiliano Longo - Personalmente riconosco che accanto alle grandi conquiste sociali che derivano da quel preciso momento storico, c’è stata una stagione dedicata troppo ai diritti e troppo poco ai doveri”.

“L’atmosfera odierna, grazie alla demagogia del politicamente corretto, è tale che solo i reduci hanno facoltà di parola per esaltare uno dei momenti più gravidi di conseguenze della storia italiana dal secondo dopoguerra. Anche perché parliamo di un evento che rappresenta una sorta di lapide fissata sul percorso della storia. Che sancisce un prima e un dopo”, aggiunge l’Assessore.

Che significato possiamo dunque attribuire a un evento come il ’68? L’esplodere della contestazione, che in altri Paesi è durata poche settimane mentre da noi si è trascinata per quasi un decennio, non ha raggiunto significativi scopi politici ma ha ottenuto risultati più diffusi e pervasivi incidendo nel profondo della società: sul costume, le abitudini, il modo di vivere, di essere e di pensare, sulla morale, la famiglia, i rapporti interpersonali, la sessualità, addirittura le buone maniere, come sui concetti d’autorità e disciplina.

“L’errore d’origine fu la scissione tra diritti e doveri, tra libertà e responsabilità, tra risultati e meriti, e il predominio assoluto dei desideri su ogni altra considerazione - aggiunge Paolo Sensini - Il ’68 fu inoltre il movimento del “parricidio gioioso” che portò a compimento quella tendenza parricida insita nella modernità e più volte manifestatasi nel Novecento. Ma la società senza padre del ’68 produsse anche la società senza figli, con una denatalità record e con l’idea che il sessantottino sia un adolescente permanente che non si proietta in nessun figlio perché è lui stesso un eterno Peter Pan. Una rivoluzione sociale, insomma, che si è fatta rivoluzione sessuale. Con tutto ciò che ne è seguito”

Secondo il punto di vista dei pensatori che parteciperanno alla serata quella stagione rappresentò anche la passione per l’illimitato, la libertà come “vietato vietare”, come desiderio di creazione e di autocreazione permanente, senza alcun confine. Ma dietro la promessa della liberazione da tutto, dietro la marcusiana denuncia della tolleranza repressiva, si celava nel ’68 anche il suo rovescio arrogante: l’intolleranza permissiva. Ovvero permissivismo estremo ma guai a chi non accetta il nuovo comandamento della liberazione e della contestazione. E così da tale “caos creativo” si sono avvantaggiati soprattutto quei sessantottini che hanno sostituito la loro casta baronale a quella vecchia, scalzandola e insediandosi al suo posto facendo il lavaggio del cervello alle giovani generazioni che sono seguite. “Tutto ciò ha lasciato un segno particolarmente visibile nella scuola, nell’università e sul modo di fare istruzione: e questo combinandosi con l’abbandono del principio d’autorità ha condotto all’abisso d’incultura e inciviltà che pone l’Italia negli ultimi gradini della classifica europea. Insomma, un disastro che ci porta dritti alla situazione attuale”, conclude Sensini.

Comune di Monza - Servizio comunicazione