Rilanciare Monza come città di qualità. Nove punti strategici che guardano al futuro
Premessa
Da diversi decenni Monza è una città praticamente immobile. I profondi cambiamenti che hanno interessato Milano e tutta l’area metropolitana allargata, con il passaggio da una società industriale ad una di terziario avanzato, non hanno nemmeno sfiorato la nostra città, che in questo modo è invecchiata inesorabilmente. Ci sono segnali evidenti di declino e degrado. Una città di qualità, oggi, è ben diversa da Monza, strutturalmente e per quanto riguarda i servizi. Intorno, non solo Milano sta cambiando, ma anche comuni minori. Monza potrà tornare attrattiva solo se sarà capace di innovarsi, e rapidamente.
Da città del parco a città-parco
L’idea che Monza sia una città speciale “perché è tranquilla e ha il parco” non ha più valore. Cartina di tornasole del declino sono, ad esempio, le grandi quantità di cubature residenziali invendute e sfitte. Il parco di Monza è un bene prezioso e unico, ma oggi una città attraente è “total green”. Significa che gli spazi pubblici verdi, grandi e piccoli (sempre ben tenuti) devono moltiplicarsi rapidamente dentro i quartieri. Una buona opportunità è, in generale, la riqualificazione e il rilancio delle aree dismesse, ma è indispensabile che ampie superfici di queste aree siano trasformate in parchi.
Da città orizzontale a città verticale
Recuperare ampi spazi verdi in zone densamente abitate come la nostra richiede innanzi tutto di superare anacronistici vincoli sull’altezza degli edifici, per consentire nuclei di sviluppo in verticale, naturalmente salvaguardando le zone storiche. Se si vogliono avere le riqualificazioni, chiedere ai privati proprietari delle aree dismesse di destinare ampie superfici a parco comporta di consentire loro un recupero economico di cubatura in verticale su porzioni ridotte a livello del piano. Ma la verticalità deve svilupparsi anche nel sottosuolo. Il criterio ormai generale in qualsiasi area densamente urbanizzata del mondo è: il bello sopra, il brutto sotto. Sottoterra vanno stazioni elettriche, servizi “pesanti”, punti di raccolta e linee di trasporto dei rifiuti. Al di là delle polemiche sulla volumetria alberghiera costruita sopra, l’Auchan di via Lario, con i suoi 3 piani sotto, rappresenta un esempio da duplicare. Un’occasione persa di recente è stata sicuramente la concessione edilizia rilasciata ad un importante provider internazionale per la realizzazione di un capannone nel quale allestire una data center nazionale. In una città moderna, una struttura di questo genere andrebbe costruita sottoterra (e sopra un parco). Non è soltanto un valore ambientale ed estetico, ma corrisponde a vantaggi notevoli in termini di sicurezza e di consumi energetici (un data center va raffreddato, sottoterra è più facile e meno costoso, magari utilizzando pompe di calore geotermiche).
Da “città di classe” a città in classe A+
Il piano energetico comunale indica come Monza potrebbe produrre da sola fino al 40% dell’energia che consuma. Occorre promuovere e agevolare sistemi di generazione dell’energia (fotovoltaico e geotermico) e sistemi di recupero della stessa. Oggi nelle città “smart” le migliaia di metriquadrati di tetti sono occupati da pannelli per la produzione di elettricità ed acqua calda, mentre reti dell’acqua potabile e della fognatura sono attrezzate con mini-turbine che sfruttano lo scorrimento dei liquidi per generare altra energia a costo zero. Tutte novità che si possono e si devono aggiungere alla qualità energetica complessiva degli edifici nuovi e al miglioramento di quelli vecchi. Inoltre, negli edifici deve essere realizzata la cablatura per la fibra ottica. Tra l’altro, pochi sanno, anche tra i costruttori e negli uffici dei Comuni, che l’articolo 135-bis del Dpr 380/2001 imponeva l’obbligo di predisporla negli edifici nuovi a partire dal 2015. Va aggiunto, per completezza, che l’attuale operazione nazionale di cablatura (Open Fiber) non risolve in realtà una questione fondamentale, cioè il problema cosiddetto “dell’ultimo miglio”. Come verrà collegata la rete alle singole unità immobiliari? Ed a spese di chi?
Da città super inquinata a città pulita
Di sicuro Monza non è in classe A per quanto riguarda gli impianti di riscaldamento. Non tutti sanno che la responsabilità dell’inquinamento invernale è da attribuirsi per almeno il 50% alle caldaie, a pari demerito con le automobili. Analizzando i dati monzesi contenuti nel Catasto Regionale degli impianti termici, si può vedere come nella nostra città le caldaie in classe A (poco inquinanti) rappresentino non più del 20% del totale. Se vogliamo perdere il titolo di città più inquinata della Lombardia, rinnovare il parco caldaie è indispensabile ed è un’operazione che il Comune dovrebbe promuovere e in qualche misura favorire, anche in aggiunta ai bonus fiscali statali. Da incentivare sarebbe anche l’uso di vernici fotocatalitiche per le facciate delle case. Costano poco di più di quelle normali, ma consentono – attraverso la presenza di biossido di titanio – di bloccare (e convertire in inerti lavabili con la pioggia) una quota rilevante degli inquinanti atmosferici. Risultati analoghi, anzi migliori, sono possibili con gli asfalti fotocatalitici, molto usati in altre città europee, l’efficacia dei quali è certificata da diversi Enti pubblici internazionali, anche dall’ARPA Lombardia su una sperimentazione fatta in via Gramsci a Monza nel 2008 e lasciato senza seguito.
Da città tranquilla a città sicura
La cronaca smentisce ogni giorno che Monza sia ancora una città tranquilla. Occorre trasformarla in città percepita come sicura, e poi sicura. Mentre da anni aspettiamo l’istituzione della Questura, che triplicherà il numero dei poliziotti in servizio, Monza non ha sufficienti reti di telecamere di sicurezza, non ha sviluppato adeguatamente il controllo di vicinato, non utilizza in misura sistematica guardie private per la vigilanza di strutture pubbliche e private. L’Ente Comune dovrebbe promuovere e incentivare questo tipo di servizi. E’ inoltre necessario, anche per questo aspetto come per altri, un vero e proprio piano di educazione, informazione e formazione dei cittadini, per esempio su come debbano organizzarsi per migliorare il livello di sicurezza delle loro abitazioni. Pochissimi sanno, ad esempio, che le tradizionali “chiavi a mappa”, un tempo estremamente valide, oggi sono facilmente apribili con un attrezzo che si può acquistare online per poche decine di euro. Il Comune dovrebbe promuovere campagne di informazione su come migliorare la propria sicurezza in abitazioni e uffici.
Da città vicina a Milano a città collegata con Milano
In una società in cui cresce la sensibilità ambientale, la città dormitorio di lusso vicina a Milano non ha più senso se non offre valide opzioni di mobilità sostenibile. Una linea metropolitana che colleghi Monza a Milano è più che mai urgente. Non va mai dimenticato che la M5 Lilla, inserita nei programmi di finanziamento del Ministero Infrastrutture, sui documenti ufficiali ha un nome-chiave: “Monza Metropolitana, collegamento tra la stazione FS Garibaldi e la città di Monza”. Ma se e quando arriverà a Monza ancora non è chiaro. Il prolungamento della M5 sino al nord di Monza ha anche un ruolo fondamentale per sopperire ai problemi che andranno progressivamente ad interessare la Ferrovia Milano-Chiasso, sulla quale viaggiano i treni regionali “S”. Il riferimento è in particolare all’utenza delle stazioni di Monza e Lissone. Quella ferrovia è destinata al traffico internazionale (soprattutto merci) ed entro il 2025 sarà satura nell’arco delle 24 ore. I treni “S”, oggi già sovraccarichi nelle ore di punta, non possono essere aumentati di frequenza, e anzi – se le previsioni delle Ferrovie Elvetiche sono esatte, e di solito lo sono – dovranno essere addirittura diminuiti a vantaggio dei convogli internazionali.
Da città immobile a città mobile
Monza ha un traffico impressionante e molto può essere fatto per invogliare a ridurlo, con effetti positivi sulla qualità dell’aria. Certo, aumentare le tariffe dei parcheggi non serve a nulla se prima non si dota la città di un vero trasporto pubblico. La M5 sino a Villa Reale, Ospedale e Polo istituzionale è necessaria anche per costituire un asse di forza del TPL urbano. Richiede di conseguenza un radicale ripensamento della rete interna di Monza, oggi costosa, inefficiente e scarsamente utilizzata. Occorre pensare a bus piccoli elettrici, eventualmente in una logica DTRS, con itinerari flessibili a chiamata capaci di generare frequenza senza impiego eccessivo di risorse. Per poterci arrivare tra 8- 10 anni, occorre iniziare a ragionarci oggi esercitando una vera programmazione. Ma la mobilità organizzata ed efficiente deve riguardare anche le merci. Nella società attuale in cui crescono esponenzialmente gli ordini a distanza con la consegna a domicilio, è sorprendente che non esista per Monza un Piano della Mobilità Logistica, come invece avviene utilmente altrove.
Da città monocentrica a città senza periferie
Non ha più senso nemmeno questo: il centro bello, elegante, manutenuto a regola d’arte, attorniato da semi-periferie dormitorio e da periferie trascurate. E’ sorprendente quante volte, negli ultimi anni, abbiamo sentito parlare a Monza di città policentrica senza più periferie. Un concetto che in molte aree densamente urbanizzate del mondo si sta progressivamente traducendo in realtà concreta. Ma da noi siamo fermi alle parole. Riqualificare le aree industriali dismesse è certamente occasione per favorire la logica del policentrismo, ormai ineludibile grazie anche alla diffusione della società digitale interconnessa e del telelavoro. Non ci sono più luoghi distinti e differenti per vivere, lavorare, trascorrere il tempo libero. Ma per riqualificare Monza in questa direzione moderna, non è sufficiente pensare – come si sta facendo – a creare in ogni quartiere una piazza, un centro civico, un giardinetto. Occorre pensare a ZTL centrali per ogni quartiere. E occorre puntare soprattutto su motivi di attrazione, nuove strutture di livello, meglio ancora se di tipo inesistente o carente nell’area metropolitana allargata. Per capire il ragionamento, due esempi decontestualizzati: non una piscina, ma una piscina olimpionica certificata; non una biblioteca di quartiere, ma una innovativa mediateca 3D interconnessa globale. Da città anonima a città turistica Non occorre qui elencare le note potenzialità turistiche di Monza, specie per Villa Reale e Parco (con autodromo), ma anche per alcuni monumenti e musei dentro la città. Mancano attorno a tutto questo servizi adeguati, a partire dal trasporto pubblico. Mancano anche l’integrazione e il collegamento con altri generi di strutture innovative, peraltro esistenti nell’area solo in quantità molto ridotta (si pensi ad esempio all’acquafan di Concorezzo). Se si vogliono turisti che si trattengano per più giorni, l’offerta territoriale deve essere articolata. Manca ad oggi soprattutto una promozione turistica adeguata, perché i mezzi tradizionali – gli opuscoli – sono ormai scarsamente efficaci, i media tradizionali (tv e stampa) sono praticamente ignorati e gli strumenti in rete risultano del tutto insufficienti. In particolare, se si fa un’analisi sulla presenza turistica di Monza sui nuovi media (ad esempio Youtube, Vimeo, Instagram, Facebook) i risultati sono sconfortanti. Monza non sembra esistere. Il disappunto è maggiore se si considera che questi strumenti di comunicazione, correttamente utilizzati, consentono risultati efficaci a fronte di costi modesti.
Da città dell’abbandono agricolo a città delle fattorie urbane
La gran parte delle aree agricole vincolate esistenti a Monza è inutilizzata e costituisce elemento di degrado. Non ci sono campi coltivati, ma distese sterrate anonime costellate da discariche più o meno abusive. Il problema è noto in tutto il mondo e la soluzione possibile è in via di realizzazione in diverse corone urbane, per esempio a Parigi, ma non solo. Ai proprietari dei terreni viene data autorizzazione a costruire urban farms (fattorie verticali), cioè edifici destinati alla coltivazione. In cambio, le superfici restanti vengono riqualificate a verde, cedendole al Comune oppure con formule di parternariato. L’idea delle fattorie verticali ha una valenza economica precisa. Non si tratta soltanto di realizzare coltivazioni in una logica da KM-Zero, ma anche e soprattutto di coltivare in serra (quindi svincolati da clima e meteo locali) prodotti agricoli di alto valore commerciale sul mercato globale (com’è noto, oggi anche frutta e verdura hanno un sistema di distribuzione su scala mondiale). Le Urban Farms possono essere anche luoghi di sperimentazione, in collaborazione con Università (a Monza abbiamo anche una Scuola di Agraria di alto livello), e di educazione. Le urban farms non sono possibili con le regole urbanistiche attuali in Italia? Monza si potrebbe fare promotrice – perchè no? – di nuove norme nazionali e regionali, oppure di una sperimentazione in collaborazione con Enti di ricerca e società private emergenti nel settore.
HQMONZA - Associazione di cittadini per la qualità della vita
Maggio 2018