Un'analisi del “Quadro strategico” del “Programma di adeguamento e riqualificazione dell’Autodromo di Monza”, pubblicato dalla Sias, gestore dell’Autodromo, e dall’Automobile Club di Milano il 13 aprile 2016
Ho letto il “Quadro strategico” del “Programma di adeguamento e riqualificazione dell’Autodromo di Monza”, pubblicato dalla Sias, gestore dell’Autodromo, e dall’Automobile Club di Milano il 13 aprile 2016.
Confesso di essermi accinto alla lettura con molta prevenzione. Mi aspettavo il solito omaggio formale all’importanza della Villa e del Parco di Monza come “il parco cintato più grande d’Europa”, come “un grande polmone verde”, il solito bla bla bla, seguito da proposte del tutto concentrate sulle pretese esigenze dell’autodromo, di regola devastanti per il Parco.
E invece no. La relazione, affidata a una squadra di esperti forestali, ambientali e paesaggisti, dimostra un’approfondita conoscenza e considerazione del valore del Parco, non solo negli aspetti naturalistici ma anche nelle valenze storiche e scenografiche, che francamente non mi aspettavo in un documento commissionato da Sias e ACM.
Credo che il modo migliore per illustrare la mia sorpresa sia la citazione di alcuni passaggi del documento:
“Il programma è basato su un’azione integrata di riqualificazione della pista e del sistema paesaggistico ambientale circostante. L'obiettivo è innalzare il valore complessivo del Parco di Monza quale patrimonio di un’ampia collettività e di assoluto interesse nazionale” p. 8
“Il Vialone del Mirabello collega i Giardini della Villa al polo Mirabello-Mirabellino... e penetra nel Bosco Bello partecipando al gioco prospettico del Rondò della Stella e proseguendo ancora fino al muro di cinta prolungandosi visualmente nel paesaggio circostante fino a catturare l’immagine di primi rilievi alpini” p. 2
"Nella cartografia storica del Brenna del 1845 è importante notare alcune delle architetture vegetali che hanno fatto la storia del Parco... l’asse del Mirabello nella sua sezione centrale e nord, il Rondò della Stella con i suoi dieci raggi, il Serraglio dei Cervi...” p. 22
Va notata “la notevole presenza di di ambienti boscati e la equilibrata alternanza con ambienti prativi. Si tratta di elementi estremamente importanti da un punto di vista dell’ecologia del paesaggio ma anche ecologico in senso stretto” p. 29
“La collocazione geografica e l’estensione del Parco rendono evidente il significato ecologico e di riserva di biodiversità. Nelle superfici boscate e lungo il fiume Lambro sono ospitate comunità animali e vegetali di grande importanze e in continua evoluzione” p. 63
“Si è rilevata una particolare criticità per alcuni dei più importanti viali come il Mirabello e il Serraglio nonché per una delle strutture paesaggistiche più importanti all’interno dell’area nord del Parco: il Rondò della Stella". p. 74
“Il Viale Mirabello con i suoi filari di querce, in alcuni casi ultracentenarie, e per la sua lunghezza e linearità rappresenta uno dei grandi elementi qualificanti del disegno del Parco di Monza ... : purtroppo il Viale risulta ad oggi gravemente menomato nella sua estensione a nord... Esso è stato interrotto diverse volte dalle curve sopraelevate e dalla Variante Ascari... Nella parte nord, in corrispondenza del Rondò della Stella, il Viale Mirabello si infrange inesorabilmente sulla pista (la curva sopraelevata nord, n.d.r.) dopo pochi metri, togliendo la connessione fisica e visiva dell'asse prospettico. Al di là della sopraelevata, nella sua estensione nord, il viale perde la sua grandezza” p. 77.
Ho anche l’onore di essere citato: “Il viale del Serraglio, nel disegno originario del Canonica, aveva una dignità di poco inferiore al Viale Mirabello e aveva come sfondo il Portico del Serraglio (tuttora esistente, irretito da piste varie, n.d.r.), realizzato in forme vagamente gotiche. Ad oggi il viale risulta gravemente manomesso a causa della pista sopraelevata e della realizzazione delle numerose strade a servizio dell’impianto automobilistico. Giacomo Santacroce definisce il viale “un budello sterrato, impraticabile dopo le piogge, stretto da una parte dal rudere del catino di alta velocità, dall’altra dal recinto del Golf Club di Milano” p. 78
Purtroppo, quando dalla eccellente descrizione del contesto il documento passa alle proposte di “adeguamento e riqualificazione” dell’Autodromo, emergono i vincoli restrittivi a cui gli autori hanno dovuto soggiacere.
Non mi soffermerò sulle modifiche del tracciato e sugli interventi di “compensazione” e di “mitigazione” proposti nel documento a bordo pista. Si tratta di interventi boschivi importanti che il documento propone in modo minuzioso, ma che comunque costituiscono il minimo necessario, ma non sufficiente, per riportare il Parco alla sua bellezza originaria. Mi sembra più importante parlare delle proposte relative ai due punti cruciali: il Rondò della Stella e il Bosco Bello da una parte, i Viali Mirabello e Serraglio dall’altra.
Ebbene, cosa propone il documento? Per quanto riguarda il Rondò, “si decide di proporre interventi come il ridisegno di assi prospettici storici, nel caso in cui vi siano tracce di questi. Inoltre, si considera fondamentale tenere conto dello stato attuale della struttura del Parco includendo il tracciato per l’alta velocità sopraelevato, in modo da proporre interventi contestuali alle problematiche ricoperte da esso”. Decifrando il linguaggio da azzeccagarbugli: si dà per scontato che la sopraelevata non si tocca, e si propone solo di restaurare gli spezzoni dei raggi che si diramavano dal Rondò della Stella, del tutto privati del loro senso e delle loro prospettive. Con buona pace di tutti i ragionamenti precedenti sugli aspetti paesaggistici!
Sui viali Mirabello e del Serraglio si prospetta invece un’alternativa:“Gli scenari... sono chiaramente due ed hanno come protagonista la pista per l’alta velocità: l’integrazione della sopraelevata in una nuova struttura di parco, che vada a sfruttare le potenzialità della stessa trasformando gli svantaggi in vantaggi, o la demolizione della sopraelevata e il ripristino, ove possibile, dell’antico tracciato storico del Parco”.
Con la demolizione “si avrebbe una quasi completa restituzione al Parco di gran parte della sua continuità ma senza che questo risultato di grande valore comporti l’eliminazione dell’impianto e della sua funzione di circuito automobilistico internazionale”. Inoltre “il recupero dell’unitarietà del Parco potrebbe poi prevedere il risanamento delle parti del Parco intercluse all’autodromo (Bosco Bello e Serraglio dei Cervi) in un’ottica di unico insieme a cui viene ridata vita”.
Diversamente “il primo scenario, quello del mantenimento della pista di alta velocità, è certamente il più complesso”.
Ma la scelta cade, incredibilmente ma ovviamente, su quest’ultimo. E siccome “l’attuale stato di fatto non è accettabile... occorre diversificare sviluppando nuove attività redditizie, anche se prive di coerenza con la missione originaria (quella della gare automobilistiche, n.d.r.)”.
Bisogna riconoscere che gli autori del documento hanno fatto di tutto per far capire cosa veramente dovrebbe essere fatto, cioè la demolizione della pista di alta velocità nonché di altri tracciati secondari e abbandonati. Proponendo alla fine, in evidente contraddizione, ciò che non dovrebbe essere fatto. Ma come avrebbero potuto fare diversamente, dato che i committenti sono l’Automobile Club Milano e la Sias?
Concludendo: ma di che cosa sto parlando? Sull’attuazione di qualsiasi piano di restauro dell’autodromo pesa oggi la spada di damocle della possibile mancato rinnovo del Gran Premio di F1. E nell’attesa, i gestori dell’autodromo stanno già “sviluppando nuove attività redditizie”, devastanti per le aree del Parco in questione.
Quella che io chiamo la “sindrome del 1922” non è purtroppo cicatrizzata (le cicatrici a volte sono segni positivi di esperienze vissute), ma continua a provocare eruzioni con effetti distruttivi per la salute del Parco . Ma non prevarrà.