La vicenda del distributore di carburanti “a basso impatto ambientale” nel parco Reale di Monza è esemplare di come l’arroganza di pochi può prevalere sulla volontà di migliaia di cittadini. Provo a spiegarlo.
Questo articolo è stato scritto prima che giungesse la notizia che il TAR ha giudicato illegittima la nomina dell'intero Consiglio Direttivo dell'Automobile Club di MIlano, che Geronimo La Russa si è dimesso da tale Consiglio e, a proposito del distributore nel Parco, si è dichiarato contrario alla sua realizzazione. Aumenta così la lista dei contrari. Stranamente però le procedure amministrative per la realizzazione del progetto vanno avanti, in spregio alle leggi di tutela del Parco. Non sarà un metodo per fiaccare i movimenti popolari che si oppongono concretamente al progetto?".
-
La storia come la si conosce.
Nel marzo del 2009 la Sias, gestore dell’Autodromo, chiede al Comune di Monza di poter costruire su un area boscata all’interno della sua concessione un distributore stradale di carburanti “a basso impatto ambientale”, aperto al pubblico. Nel luglio dello stesso anno la Giunta comunale risponde categoricamente di no. Esprime contemporaneamente parere negativo il Consorzio per il Parco della Valle del Lambro.
Un anno dopo, luglio del 2010, la Sias torna alla carica reiterando la richiesta. Sorprendentemente, senza che nulla sia cambiato, questa volta la Giunta esprime parere favorevole. Ma nelle successive riunioni della Conferenza dei Servizi la Sovrintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano esprime un parere drasticamente negativo, a cui si allinea ancora il Consorzio per il Parco della Valle del Lambro. Il 26 novembre viene comunicato alla Sias il rigetto della domanda.
Prende intanto posizione contro il progetto anche la Provincia di Monza e Brianza, entrata a far parte del fantomatico Consorzio per la Villa Reale e il Parco di Monza.
Intanto si mobilitano i cittadini. Il Comitato per il Parco A. Cederna raccoglie oltre 5 mila firme contro il progetto.
Nonostante questa levata di scudi collettiva, dei cittadini e delle istituzioni competenti, nel dicembre 2010 il Comune di Monza richiede nientemeno al Consiglio dei Ministri di deliberare “per la conclusione del procedimento”, ripescando una legge del 1990 che lo consente.
Il 3 marzo 2011 la Presidenza del Consiglio dei Ministri, cioè Silvio Berlusconi in persona, delibera “di condividere, facendole proprie, le motivazioni espresse dalla Regione Lombardia e dal Comune di Monza” e di “dare atto che il progetto potrà essere realizzato”.
2. La storia come non la si conosce.
Ma come è arrivata, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, a questa decisione?
Dopo appena otto giorni dalla richiesta del Comune di Monza (quindi con priorità assoluta rispetto ai gravi problemi del Paese di cui il Governo dovrebbe occuparsi) detta Presidenza affida al Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo del Segretariato Generale del Consiglio dei Ministri il compito di approfondire l’argomento e riferire.
Il Dipartimento indice quindi una riunione per il 13 gennaio 2011, composta ufficialmente di una squadra brancaleone ad hoc: i rappresentanti di tre istituzioni - Regione Lombardia, Comune di Monza e Sovrintendenza - ma anche di enti puramente esecutivi, e cioè i Vigili del Fuoco, l’ARPA e l’ASL 3 di Monza. Il Consorzio per la Valle del Lambro e la Provincia di Monza e Brianza non esistono. Tanto meno esiste il Consorzio per La Villa Reale e il Parco di Monza. E nemmeno il Comune di Milano, comproprietario del Parco. Risultato verbalizzato, (i rappresentanti dei Vigili del Fuoco, dell’ARPA e dell’ASL 3 sono ovviamente assenti, ma approvano per corrispondenza): cinque pareri favorevoli e uno solo contrario, quello della Sovrintendenza!
Nonostante ciò, un certo scrupolo rimane nella rappresentante del Dipartimento: fa notare infatti che, trattandosi di un distributore stradale di carburanti a uso pubblico, “l’aspetto della correlazione del progetto con l’Autodromo di Monza”, argomentato nella riunione dal rappresentante della Regione Lombardia, “non è in realtà emerso dall’esame della documentazione agli atti”, per cui “chiede ai presenti di valutare l’opportunità di approfondire tale specifico aspetto, che sembrerebbe di grande rilievo ai fini delle valutazioni da effettuarsi del progetto stesso”. Di fronte a questa acuta osservazione la Sovrintendenza, evidentemente sotto pressione psicologica, tentenna: conferma il parere negativo, ma si dichiara disponibile a valutare la nuova documentazione.
Nessun problema: ecco che salta fuori il deus ex machina: il rappresentante della “Società proponente” che, guarda caso, “è presente all’attuale riunione” (ma non indicato tra i partecipanti ufficiali!), il quale “farà pervenire, entro il prossimo 20 gennaio p.v.... una documentazione tecnica sugli aspetti emersi nell’odierna riunione”.
A questo punto il gioco è fatto. Il 10 febbraio la Regione Lombardia conferma il parere positivo, precisando che “la realizzazione del progetto in questione costituirebbe l’unico sistema attuabile per il rifornimento delle autovetture destinate alle competizioni alimentate con energie alternative”. Nessuno fa rilevare (lo sa solo la Sias)) che se questo fosse vero, il distributore dovrebbe essere collocato negli spazi già cementificati dell’autodromo, e non su un’area verde distante e collocata vicina a una porta d’ingresso del Parco.
L’11 febbraio la Sovrintendenza, pur confermando il parere negativo, rimette al Consiglio dei Ministri “la valutazione dei diversi e legittimi interessi pubblici sottesi alla realizzazione dell’intervento”. Il 15 febbraio il Comune di Monza ribadisce il parere favorevole “facendo altresì presente che l’area in argomento è già utilizzata ed adibita ad usi diversi (piscina, parcheggi)”.
Su queste basi il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 3 marzo 2011, “considerato che l’intesa non è stata raggiunta, in quanto la Sovrintendenza ai beni Architettonici e e per il Paesaggio di Milano, pur riconoscendo gli interessi pubblici sottesi alla realizzazione dell’intervento, ha ribadito il carattere di criticità che l’intervento stesso ricopre in merito alla compatibilità paesaggistica”, “dà atto che il progetto potrà essere realizzato”. Firmato: Silvio Berlusconi.
Che dire? Che fare?
La prima, generale considerazione è la seguente: quando il concessionario, privato o assimilabile, è di gran lunga più potente del concedente pubblico, si può star certi che il primo imporrà la legge della forza alla forza della legge, e l’interesse pubblico sarà regolarmente sacrificato all’interesse privato. Ciò è testimoniato dal fatto che i grandi concessionari nel Parco si comportano come proprietari da quasi un secolo, e l’ente pubblico non ha alcun potere direttivo, se non un faticoso e snervante potere di interdizione. Tanto meno il potere di sostituirli con altri concessionari. Questo dovrebbe far riflettere sulla recente concessione del corpo centrale della Villa, dichiaratamente ricalcato sulle concessioni precedenti.
Nel caso specifico, è evidente che dietro i comportamenti dei soggetti coinvolti c’è un burattinaio. E non è difficile individuarlo nel concessionario, la Sias, e nell’ente proprietario della Sias, l’Automobile Club Milano.
Nel Consiglio Direttivo di questo ente (le cui sconcertanti vicende hanno formato oggetto della puntata del programma televisivo Report del 29/05/2011), siedono tra gli altri Geronimo La Russa, figlio dell’ex ministro della Difesa nel governo Berlusconi, e Eros Maggioni, compagno di Michela Vittoria Brambilla, ex Ministro del Turismo nello stesso governo. E’ quindi facile capire la sollecitudine con cui il Consiglio dei Ministri si è occupato della questione.
La Sias è evidentemente altrettanto potente nei confronti della Regione Lombardia, che in un momento di gravi ristrettezze finanziarie degli enti pubblici, riesce a trovare due milioni di euro per un progetto non certo prioritario come quello in questione.
Ma non bisogna demordere. Grazie ai cambiamenti avvenuti a livello di Governo nazionale, di Amministrazione comunale di Milano e, molto probabilmente, di quella di Monza, la prima cosa da fare è che i due Comuni prendano l’iniziativa, rivolgendosi al più presto al Ministro per i Beni Culturali e Ambientali Lorenzo Ornaghi, per ottenere l’annullamento della deliberazione del 3 marzo 2011.
Ma sia per ottenere questo, sia in una prospettiva di più ampio respiro, è necessario un forte e continuo investimento in cultura e comunicazione, per diffondere la consapevolezza del valore del complesso unitario Villa e Parco. Purtroppo non sono in pochi, a tutti i livelli, a ritenere che il Parco non sia più un monumento di architettura del paesaggio straordinario, bensì un anonimo verde pubblico, ormai compromesso, da “adattare alle le moderne esigenze”. Nel migliore dei casi se ne parla come di un “polmone verde”, nel peggiore, come si è espresso non ricordo quale assessore, “un impianto sportivo a cielo aperto” di cui disporre liberamente. Il progetto del distributore infatti non costituisce una proposta isolata, ma fa parte di un disegno più ampio che è nella mente e nei progetti della Sias, che prevede, ad esempio, ristrutturazioni e ampliamenti di strutture già invasive come la piscina e il campeggio.
Questa strategia culturale dovrebbe porsi un obiettivo forte e concreto: ad esempio, far ottenere al monumento il riconoscimento di appartenenza al patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco.
I progetti snaturanti del Parco sono anche agevolati dalle modifiche apportate dalla Giunta Mariani al Piano di Governo del Territorio adottato a suo tempo dalla Giunta Faglia. Infatti la Giunta Mariani è riuscita a inserire nel PGT vigente il concetto che le aree del Parco a nord del Viale Vedano sono destinate a non meglio precisate “attrezzature generali e territoriali”. La variante che la Giunta uscente non è riuscita per fortuna a far approvare aggrava la destinazione, parlando addirittura di “attrezzature di interesse collettivo”.
In occasione della revisione del PGT, ormai alle porte, occorrerà quindi eliminare ogni ambiguità, e inserire nel PGT una visione complessiva del monumento che non si presti a interpretazioni ambigue. Occorre garantire al di sopra di ogni ragionevole dubbio che nessuna nuova edificazione sarà possibile nel Parco, che le zone a verde andranno restaurate e conservate secondo il progetto originario (anche quelle in concessione), e che vengano eliminate le strutture esistenti non strettamente necessarie alle attività oggetto delle concessioni (leggi i ruderi dell’infelice anello di alta velocità con relative sopraelevate).
Probabilmente occorrerà rileggere e riadottare le precise indicazioni sul Parco contenute nel Piano Benevolo.