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Proposta per quattro interventi finalizzati al recupero di prospettive già esistenti e oggi compromesse. Contribuirebbero a risuscitare anche la consapevolezza del valore inestimabile del Parco, e la possibilità di riproporlo all’Unesco, insieme alla Villa, come patrimonio dell’umanità

 

I

l termine “prospettive” ha un doppio significato: da una parte quello di un futuro possibile, e dall’altra di una visuale a perdita d’occhio, di un percorso particolarmente suggestivo. L’ho scelto proprio per il suo duplice senso.

La consapevolezza del valore estetico di un’ampia prospettiva visiva è oggi quasi nulla. La gente è troppo abituata a restare per ore chiusa in un ufficio o in una stanza, o a vagare all’interno di “non luoghi” come i centri commerciali o gli aeroporti. 

Ma nel subconscio, per fortuna, un residuo di senso estetico resiste ancora. Credo che tutti diano per scontato che gli Champs Elisées, con lo scenario dell’Arc de Triomphe, contribuiscano in modo determinante all’immagine prestigiosa di Parigi. 

Nella nostra piccola città, un ruolo analogo svolge l’ampio Vialone Reale (oggi Viale Cesare Battisti) che ha sullo sfondo l’Imperial Regia Villa di Monza. Imperiale perché realizzata nel 1875 per volere di Maria Teresa d’Austria e successivamente integrata con il Parco per decreto napoleonico.

Pur nella diffusa inconsapevolezza del valore estetico e identitario di questo straordinario scenario, una certa reazione negativa ha suscitato la recente costruzione di un mostro edilizio che interrompe definitivamente la prospettiva senza fine del Vialone, per chi lo guarda dal Belvedere della Villa. 

Ma proprio il Parco, capolavoro di architettura del paesaggio realizzato da Luigi Canonica nel 1805, fa delle prospettive l’elemento portante della sua grandiosità. E il recente restauro di alcuni cannocchiali e rotonde, in attuazione del “Piano per la Rinascita del Parco di Monza” approvato con la Legge Regionale 40/95, ha posto fine a un oblio e un degrado secolari, aprendo la strada per un recupero integrale del monumento. Grazie a questo Piano è stato reintrodotto il Viale dei Carpini che unisce la Villa Mirabello con la Villa Mirabellino, eliminato nel 1924 per far posto a un ippodromo ora smantellato (grazie alla stessa legge regionale). E sono stati ripiantumati due viali in un’area che la Facoltà di Agraria di Milano, titolare assenteista di un insensato comodato gratuito e perpetuo, aveva ridotto a una sterpaglia abbandonata: il Viale degli Ippocastani e il Viale dei Tigli, che completano il lungo cannocchiale visibile dal lato est del Belvedere della Villa, e convergono, insieme ad altri tre viali, sul ridisegnato Rondò dei Castagni d’India.

 

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Purtroppo, solo pochi cittadini si sono resi conto dell’importanza di questa inversione di tendenza.

Tutto ciò premesso, vorrei proporre (e in parte riproporre) quattro interventi, ognuno finalizzato al recupero di prospettive già esistenti e oggi compromesse. Sono certo che, se questi restauri venissero realizzati, contribuirebbero a risuscitare anche la consapevolezza del valore inestimabile del Parco, e la possibilità di riproporlo all’Unesco, insieme alla Villa, come patrimonio dell’umanità, nonostante la presenza dell’Autodromo.

I quattro interventi che propongo avrebbero ovviamente un costo: minimo per il primo, più consistente per gli altri. Ma soprattutto, tutti e quattro presentano un aspetto “scandaloso”. Vedremo in seguito in che cosa consiste lo scandalo per ciascuno di essi.

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1. Aprire la vista della Villa Mirabellino dal Viale dei Carpini.

 Il Viale dei Carpini, ripiantumato secondo il Piano della LR 40/95, ha la funzione di collegare e consentire la vista reciproca della Villa Mirabello con la Villa Mirabellino. Ma cosa succede oggi, guardando verso quest’ultima? Non si vede. E perché? Perché una siepe incolta, e alberi cresciuti a caso in quello che fu il giardino del Mirabellino, lo impediscono. Che fare? Semplicissimo: eliminare quella siepe (si tratta di pochi metri, la larghezza del Viale) e ripulire (non restaurare, ché sarebbe troppo!) il giardino. Costo? Quasi zero.

Ma dov’è l’elemento scandaloso? Altrettanto semplice: si aprirebbe la vista sullo stato di abbandono in cui versa la Villa Mirabellino, proprietà e vergogna del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali. Ma io credo che riaprire lo scenario sarebbe utile (oportet ut scandala eveniant!) come stimolo a restaurare la Villa (destinandola ad esempio, come a suo tempo proposto, a succursale del Museo di Storia Naturale di Milano).

 

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2. Restaurare il Viale centrale dei Boschetti.

 Questo viale, oggi in totale abbandono, era a suo tempo il percorso di collegamento tra la I.R. Villa e la città, con i suoi monumenti civici e religiosi. Un collegamento, come è facile capire, essenziale dal punto di vista estetico e civile anche oggi, distrutto per realizzare l’attraversamento automobilistico di Via Boccaccio.

Naturalmente il restauro di questa prospettiva richiederebbe l’eliminazione dell’orrendo e sconsigliabile sottopassaggio di Via Boccaccio, e un attraversamento per pedoni e ciclisti (e, perché no, carrozze?) della Via Boccaccio. Qui il costo sarebbe certo superiore all’eliminazione della siepe del Mirabellino, ma di ordinaria entità.

Dove starebbe lo scandalo? Ovviamente, nel privilegiare pedoni, ciclisti (e carrozze) rispetto alle automobili. L’Assessore al Traffico, a cui ho esposto questa idea, l’ha definita impraticabile, perché la Via Boccaccio è una via di grande comunicazione e la sua interruzione con un semaforo creerebbe ingorghi insostenibili. Io credo che una sperimentazione potrebbe dimostrarne invece l’attuabilità, con limitati sacrifici degli automobilisti (tenuti comunque, come adesso, al limite dei 50 km all’ora) rispetto agli altri utenti.

La reintroduzione di questa prospettiva potrebbe anche far ricordare che il progetto Carbonara sul restauro della Villa, vincitore di un concorso internazionale pagato da Regione Lombardia e Comune di Monza, cioè da noi, prevede l’interramento di Via Boccaccio proprio per restituire i Boschetti ai Giardini della Villa stessa, con le ovvie ricadute per la vivibilità del luogo, l’estetica e il turismo cittadino. 

 

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3. Recuperare il Vialone di Mirabello.

 Il Vialone di Mirabello, così detto perché chi lo percorre verso nord ha di fronte la chiostra delle montagne lombarde, con le Grigne e il Resegone in primo piano, costituisce l’asse portante di tutto il disegno del Parco come concepito da Luigi Canonica. Parte dal Belvedere della Valle dei Sospiri (prima ridotto a un montarozzo informe, ora restaurato grazie alla LR 40/95) e si conclude dopo quattro km al confine nord del Parco.

Oggi è percorribile solo in parte, perché attraversato in quattro punti dalle piste dell’Autodromo.

Due di questi attraversamenti appartengono alla pista cosiddetta “stradale”, sulla quale storicamente si svolgono le gare dell’Autodromo, e soprattuto il Gran Premio di F1.

Ma gli altri due sono quelli delle curve sopraelevate del cosiddetto “catino di alta velocità”: una pista abbandonata pochi anni dopo la sua realizzazione, molto più devastante della pista stradale, perché penetra più a fondo nel cuore del Parco.

L’eliminazione di questo rudere non inciderebbe in alcun modo sulle attività dell’Autodromo, e men che meno sullo svolgimento del Gran Premio di F1. In compenso consentirebbe il recupero di ben 60 ettari del Parco.

C’è chi ha presentato un disegno di legge nazionale per far dichiarare questa pista “monumento nazionale”, come testimonianza di un prestigioso passato sportivo.

Nulla di più falso: infatti le curve sopraelevate di questa pista si sono rivelate sin dall’inizio mal progettate e peggio realizzate, tanto da essere rifiutate dai piloti, fino al loro definitivo abbandono. E lungi dall’aver contribuito al prestigio dell’Autodromo italiano, nel breve periodo in cui furono usate incisero molto negativamente sulla sua immagine a livello internazionale.

In considerazione del costo della eliminazione di tutto il catino, da diluire su diversi anni, la proposta consiste nella demolizione, entro il 2015, anno dell’Expo di Milano, della sola curva sud. Ciò consentirebbe di eliminare l’attuale sottopassaggio ricreando la continuità di gran parte del Viale Mirabello.

Dove sta, in questo caso, lo scandalo? E’ costruito ad arte dalla Sias, concessionaria dell’Autodromo, e dall’ente inutile che risponde al nome di Automobile Club, che ne è l’azionista esclusivo. Questa lobby trasmette sistematicamente all’opinione pubblica e agli ignari decisori politici la falsa informazione che l’eliminazione di questi ruderi costituisca un attacco all’Autodromo e al Gran Premio di F1.

Sinora, purtroppo, con successo.

 

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4. Ricostruire il Viale del Serraglio.

 Chi ama percorrere in lungo e in largo il Parco, prima o poi finisce in un budello sterrato, impraticabile dopo le piogge, stretto da una parte dal rudere del catino di alta velocità, dall’altra dal recinto del Golf Club Milano.

Questo sentiero è ciò che resta, dopo lo scempio causato dalle due concessioni, del Viale del Serraglio, il viale che costeggiava i boschi nei quali si svolgevano le battute di caccia (il Serraglio era il recinto dei cervi). Oggi, al posto di quei boschi ci sono le sciabolate verdi del golf.

Questo viale corre parallelo al Viale Mirabello e può essere facilmente ricreato. Basterebbe imporre ai due concessionari di “farsi più in là” di qualche metro, senza alcun problema per le rispettive attività.

Dove sarebbe, qui, lo scandalo? Forse metterebbe a nudo l’assurdità delle concessioni che lo affiancano: da una parte una pista sconnessa, in disuso, che richiama alla mente una breve e fallimentare stagione di bolidi urlanti. Dall’altra un prato per pochi eletti, il fuori luogo di uno sport che dovrebbe trovare nel silenzio una delle ragioni del privilegio.

 

Gli autori di Vorrei
Giacomo Correale Santacroce
Giacomo Correale Santacroce

Laureato in Economia all’Università Bocconi con specializzazione in Scienze dell’Amministrazione Pubblica all’Università di Bologna, ha una lunga esperienza in materia di programmazione e gestione strategica acquisita come dirigente e come consulente presso imprese e amministrazioni pubbliche. È autore di saggi e articoli pubblicati su riviste e giornali economici. Ora in pensione, dedica la sua attività pubblicistica a uno zibaldone di economia, politica ed estetica.

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