C'è chi ha il timore che anche i Giardini, dopo la Villa, vengano “svenduti” a privati, con la formula deleteria del project financing che affida a un privato la realizzazione di un’opera, compensandone il costo con la licenza di una gestione pluriennale orientata al profitto.
Da qualche tempo si parla dei Giardini della Villa Reale di Monza. Il 7 aprile formeranno oggetto, come altre parti del territorio comunale, di un programma denominato “Pulizie di Primavera”. Qualche settimana fa ne ha parlato il Sindaco Roberto Scanagatti, prospettando la possibilità di consentirne la visita a pagamento, come molti altri Giardini, orti botanici o arboreti di particolare prestigio. Intanto, c’é chi ha espresso il timore, ben fondato, che anche i Giardini vengano “svenduti” a privati, con la formula deleteria del project financing che affida a un privato la realizzazione di un’opera, compensandone il costo con la licenza di una gestione pluriennale orientata al profitto.
Allora, cerchiamo di fare luce su cosa sono i Giardini della Villa Reale di Monza, in che stato sono, cosa si dovrebbe fare per recuperarne il grande valore estetico e naturalistico, e come.
Cosa sono: sono stati realizzati da Luigi Piermarini insieme alla Villa tra il 1778 e il 1783, su un’area di circa 40 ettari, in parte secondo un disegno geometrico, d’ispirazione francese, e in parte con una visione naturalistica, all’inglese. La loro funzione era di offrire alla corte uno spazio per il godimento estetico e lo svago.
Comprendono un vasto arboreto di oltre 100 esemplari provenienti da ogni parte del mondo, aree a verde pianeggianti, come il grande pratone a est della Villa da cui si diparte una lunga prospettiva idealmente orientata verso Vienna. Altre aree sono piacevolmente ondulate. Un lago, dominato da un tempietto in stile classico, ospita uccelli acquatici e pesci e a suo tempo consentiva ai visitatori spensierate gite in barca. In un anfratto del laghetto una fontana, sormontata da una bella statua del Nettuno alla guida di un immaginario cocchio sommerso, testimoniato da due teste di cavalli al galoppo emergenti, animava la parte sud dello specchio d’acqua.
Dal lago scendono rivoli che alimentano un “giardino roccioso”, con altri laghetti. Da essi si diparte un ruscello, la “Roggia Principe”, che attraversa con lento flusso i Giardini, per finire nel grande Parco e di qui nel fiume Lambro. Ospita, tra le altre specie acquatiche, una rara varietà di rane.
Vi è poi il cosiddetto “Antro di Polifemo”, una grotta ricavata in una collina artificiale che probabilmente veniva usata per piccoli raduni o spettacoli nel verde.
Su una collinetta Luigi Canonica, il progettista del Parco, ha inserito in epoca successiva un complesso di mura ed edifici in stile medievale, secondo il gusto ottocentesco, che culmina con una torre da cui è possibile spaziare con la vista sull’intero Parco.
Per completare questa succinta descrizione, aggiungerò un elemento che venne progettato ma mai realizzato: un labirinto, che avrebbe dovuto impreziosire il fronte nord della Villa.
Come sono. L’impianto generale dei Giardini è tuttora di grande godimento estetico e naturalistico, testimoniato dal grande afflusso di pubblico nei week end. Tuttavia:
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La parte “alla francese” del Giardino non c’è più. E’ ridotta al viale di accesso costeggiante il Serrone della Villa. Tutto il resto è in parte incolto, ma per la maggior parte è stato destinato a parcheggio per le auto dei visitatori del Parco.
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L’arboreto resiste stoicamente all’incuria, ma richiederebbe un restauro e un rinnovo continuo delle piante;
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Il grande prato a est della Villa, salvato qualche anno fa dallo svolgimento di concerti devastanti, è spesso scambiato da ragazzotti ignoranti e arroganti in campetti per il calcio;
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Il Tempietto, restaurato alcuni anni fa ma inutilizzato, è oggi in condizioni più penose di prima, scrostato e graffitato;
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La Fontana del Nettuno è secca, erosa dal tempo e quasi indistinta dal grigiore della roccia;
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Il Giardino roccioso, abbandonato al degrado naturale, è irriconoscibile per chi non ne conosca il perduto splendore;
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La Roggia Principe è invasa da piante infestanti;
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L’Antro di Polifemo si presenta come una qualsiasi roccia cava, difficile da individuare;
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Il Castello medievale ospita un bar anonimo e scarsamente accogliente;
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L’area dove dovrebbe sorgere il labirinto è già stata compromessa da due lucernari dei servizi tecnici della Villa ricavati sotto terra. Attualmente è sconvolta dai lavori per il restauro della Villa. Nulla si sa del suo destino (né dei lavori di restauro della Villa), salvo un promessa verbale di realizzare, congiuntamente al restauro della Villa, il sospirato labirinto.
Cosa si dovrebbe fare: ovviamente, il completo restauro dei Giardini. Una volta restaurati, sulla base di un progetto conservativo affidato ad esperti di alto livello, essi potrebbero competere ad armi pari con i più famosi giardini d’arte, orti botanici, arboreti famosi nel mondo. E attraendo milioni di visitatori non più solo locali, a pagamento, potrebbero compensare in tutto o in buona parte i costi di restauro e manutenzione, oltre a dare prestigio e a creare un indotto economico per tutta la città.
E veniamo alla parte più delicata. A chi affidare restauro e gestione. Ho provato, sia pure in modo sommario, a fare un confronto con due realtà che ho visitato recentemente, di minore estensione dei Giardini Reali ma che attraggono migliaia di visitatori ogni anno.
Giardini di Villa Taranto a Verbania-Pallanza. Sono opera del Capitano Scozzese Neil McEacharn, appassionato ed esperto botanico, che nel 1931 acquistò la Villa con un parco inselvatichito, privo di qualsiasi impronta estetica. I lavori per la creazione dei Giardini terminarono nel 1940. Alla sua morte, McEacharn li donò allo Stato italiano, che che li aprì al pubblico nel 1951. Oggi i Giardini si estendono per 20 ha, e vengono visitati ogni anno da circa 150 mila turisti provenienti da ogni parte del mondo. Sono gestiti da un ente pubblico: l’Ente Giardini Botanici di Villa Taranto.
Orto Botanico del Castello Trautmannsdorf di Merano. Fino al 1994 il Castello era un rudere circondato da 12 ha di un ex giardino degradato e frazionato per usi agricoli, che all’inizio del XX secolo era stato affidato, come la Villa Reale di Monza, all’assenteista Associazione Combattenti e Reduci. Sulla base di un progetto che ha impegnato diversi paesaggisti, è stato restaurato e inaugurato nel 2001. Nel 2005 è risultato primo in un concorso tra i giardini più belli d’Italia, e nel 2007 il sesto in una analoga gara europea. E’ di proprietà della Provincia di Bolzano, ed è gestito dal Podere Provinciale Lainburg, azienda pubblica. Durante la stagione di apertura, da aprile a novembre, “impegna un team creativo e affiatato di circa 100 persone”. Il Direttore ha dichiarato: ”Sono molto contento del bilancio positivo della stagione 2012“. Oltre 400 mila persone lo hanno visitato l’anno scorso, e più di 4 milioni negli undici anni dalla sua apertura.
Non è il caso di estendere il confronto a realtà più ampie e prestigiose come la Reggia di Schoenbrunn o Venaria Reale, dato che si dovrebbe parlare allora di tutto il complesso Villa e Parco Reale. Comunque, si tratta sempre di monumenti gestiti da enti pubblici.
Considerati questi e altri esempi, appare evidente che una gestione pubblica, non profit, di questo tipo di monumenti sia la più indicata. La deprecabile proposta di un project financing di cui si vocifera, cioè l’affidamento a un soggetto privato del restauro e della gestione, andrebbe bene per un parcheggio sotterraneo, un’autostrada, o anche per un ospedale, che hanno una destinazione specifica e ineludibile. Ben diversa e più complessa è la natura e la destinazione delle strutture e degli spazi di un monumento storico, architettonico e naturalistico. Sia il loro restauro che la loro gestione vanno effettuati avendo come riferimento valori culturali, ambientali e sociali, ai quali vanno assoggettati gli aspetti economici. Una gestione privatistica, orientata al profitto di breve termine, finirebbe per snaturare e degradare l’immagine, l’identità e il prestigio del monumento, che sono la vera fonte dei profitti.
Nel caso dei Giardini della Villa Reale si dovrebbe pensare alla istituzione, all’interno del Consorzio preposto a Villa e Parco, di una direzione specificamente dedicata ai Giardini Reali, dotata di alte competenze paesaggistiche, forestali e agrarie, che dovrebbe progettare (o far progettare) il restauro conservativo dei Giardini, affidarne per concorso la realizzazione e successivamente gestirne manutenzione e valorizzazione. Si tratterebbe di una estensione ai Giardini (e successivamente al Parco) del modello organizzativo proposto dallo Studio Carbonara, vincitore del concorso internazionale per il restauro della Villa Reale.
E’ oggi frequente la pratica di consentire l’accesso a pagamento alla contemplazione di opere d’arte, anche durante il loro restauro, realizzando in tal modo un rientro immediato almeno parziale dei costi. Lo stesso si potrebbe fare per il Giardini Reali, che pur nelle condizioni deprecabili in cui si trovano attualmente, offrono sin d’ora una godibilità estetica e ambientale eccezionale. Creando le condizioni minime per l’accesso a pagamento, si potrebbe anticipare ai visitatori la visione del progetto con la promessa di un ingresso gratuito una volta realizzato. Contemporaneamente si potrebbe, come ad esempio avviene a Versailles, avviare un fund raising da possibili mecenati, offrendo loro il privilegio di essere menzionati come finanziatori di singole parti del monumento restaurato.