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Se fossi Giorgio Bocca, a parte essere un gran figo, lascerei perdere la polemica (seppur giustissima) contro Miracolo a Sant’Anna di Spike Lee. Non avremmo mai creduto di assistere a un duello Bocca Vs. Spike, che comunque fa notizia. Ma il nodo vero non sta tanto nell’approccio di Lee alle pagine più buie della seconda guerra mondiale, quanto nel fatto che il suo film sia davvero bruttissimo. E non c’è molto da aggiungere. Spike gira malissimo, cede all’approssimazione, chiude in odore di stracult (Lo Cascio che piange sulla spiaggia delle Bahamas: ci ha giusto guadagnato un viaggetto). Ma il suo errore fondamentale sta nella scelta di adattare per il cinema un romanzo (di tale James McBride) storicamente ed eticamente discutibile, che riduce il tragico eccidio di Sant’Anna di Stazzema alla conseguenza di un fatterello privato tra partigiani psicotici. Ed è anche stavolta colpa della “politica”: visto che i protagonisti sono afroamericani, ci faccio il film, sembra aver detto Spike. Peccato che la (pessima) sceneggiatura di Miracolo a Sant’Anna liquidi in tutta fretta il ruolo dei soldati di colore (le truppe di Eleanor Roosevelt, come dicevano in patria) nell’Italia fascista, che sarebbe stato il dato più interessante da cui muovere la riflessione. E dunque anche il j’accuse lanciato da Spike al collega Clint Eastwood perché nei suoi film di guerra non compaiono soldati di colore serve a poco. Rivedetevi Lettere da Iwo Jima o Flags of Our Fathers. Quelli sì che erano film miracolosi.

Da mattiacarzaniga.wordpress.com

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