La polizia era in tenuta anti-sommossa a Roma. A Verona (dove la piazza centrale della città era pienissima) erano invece senza casco e scudo. Gli agenti avevano solo i manganelli. Evidentemente le forze dell'ordine sanno prevedere bene i comportamenti dei manifestanti. Troppo bene?
La rete sta parlando in lungo e in largo di quello che è successo a Piazza Navona. E l'impressione è chiara. A partire dal pezzo di Curzio Maltese, il video con il presunto infiltrato, la foto del camioncino che ha portato i picchiatori in una zona pedonale... Ma la linea interpretativa è stata dettata dall'intervista a Francesco Cossiga sul Quotidiano Nazionale: infiltrare il movimento, spingerlo a commettere violenze e poi picchiare duro gli studenti e le maestrine.
Di certo ormai sappiamo che Cossiga lo ha fatto davvero ai suoi tempi: «Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno...». Che cosa? «infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».
Vedremo se per caso si scoprirà davvero che c'è stato il tentativo di ripetere il copione di Cossiga. Ma l'importante era sporcare una manifestazione pacifica che proprio per questo metteva insieme insegnanti e studenti, genitori e ragazzi.
I giornali e i telegiornali che hanno parlato di «scontri» e di «devastazioni» hanno abboccato. L'errore, secondo me, è pensare a quello che accade oggi con le stesse categorie che valevano negli anni Settanta.
E' un errore perché il contesto culturale, politico ed economico di oggi non è quello di una volta. Negli anni Settanta si poteva immaginare che il futuro fosse una strada diritta verso il progresso industriale e che la rivoluzione fosse deviare il percorso degli autobus della storia minacciando il guidatore e facendo violenza ai passeggeri. Oggi non c'è nessuna strada diritta davanti, non ci sono fabbriche di cui prendere il controllo, non ci sono guidatori da minacciare. Ci sono tante ipotesi di futuro, ma nessuna sicura. Non c'è certezza del progresso ma casomai la senzazione che si sta fermi o peggio. I ragazzi sono non-violenti perché non vogliono prendere il potere ma avere una scuola pubblica che funzioni: e le famiglie, gli insegnanti, gli italiani sono d'accordo con loro. Sentono che hanno ragione, secondo me.
Contro questa opposizione non-violenta il potere non può vincere. E allora cerca di costruire una fiction per raccontare questi giorni come se fossero giorni degli anni Settanta, per giustificare eventuali interventi repressivi, per andare avanti con le leggi senza discuterle (come alludendo alla linea della fermezza), per far passare gli studenti per facinorosi.
Ora il pericolo è che, man mano che gli studenti non-violenti, quelli che vogliono soprattutto una scuola pubblica che funzioni, bella, civile, si trovino demotivati. Che pensino di tenere duro con le manifestazioni fino a quando saranno troppo stanchi per continuare. Invece la loro forza è essere come sono. Meglio che tornino a scuola adesso e che riemergano con le stesse caratteristiche non-violente per dire che cosa pensano davvero alla prossima decisione sbagliata del governo. Meglio che non creino occasioni per fare andare avanti la fiction. Non si devono vedere episodi tipo una (già minacciata) carica della polizia che «libera» una scuola occupata pacificamente e che arresti gli occupanti, creando una situazione di rancore che alimenterebbe qualche voglia di estremismo. Proprio come previsto dal copione della fiction.
Moltissimi italiani hanno capito bene come sono andate le cose e hanno visto chi si è comportato correttamente. E il movimento di opinione che si è creato andrà avanti. Perché non si può manipolare tutto.
Dal blog di Luca De Biase con il titolo "Il programma di Cossiga"