Domenica 7 settembre, dalle 11 del mattino fino a sera, si svolgerà a Villa Greppi un mercatino degli agricoltori locali, organizzato per il terzo anno consecutivo da Slow Food, al fine di promuovere l’agricoltura brianzola e i suoi prodotti. Circa venti aziende presenzieranno portando nel parco della villa, salumi, formaggi, vini e birre, verdura, frutta, conserve e confetture, altri prodotti trasformati: il meglio delle produzioni nostrane, orientate da una logica di qualità e sostenibilità.
Abbiamo colto l’occasione per fare qualche domanda a Giacomo Mojoli, portavoce nazionale di Slow Food, chiedendogli quale idea ci sia alla base di questa iniziativa e come vede la situazione della agricoltura brianzola.
Molto interessante, soprattutto l’idea che Mojoli esprime riguardo ai giovani in agricoltura: gli incentivi economici non sono la priorità, prima viene una nuova idea di agricoltura, che sappia attribuire alla scelta di una professione nel settore primario anche valori culturali, etici, esistenziali. E’ una cosa che penso da quando ricerco nel settore e mi trova molto vicino.
Mojoli, innanzitutto, quale idea sta alla base di questo mercato degli agricoltori?
Slow Food, ormai da qualche anno, si fa promotore in tante zone d’Italia del cosiddetto accorciamento della filiera. Questo per diversi motivi, non solo legati alle tradizioni e all’identità di un territorio, ma anche alla sua economia; crediamo che sviluppare e promuovere un contatto più diretto tra mondo della produzione e del consumo aiuti a costruire economie locali più forti, a creare reti tra gli attori del territorio. Questo in un’ottica di strategie future orientate a una maggiore sostenibilità è molto importante. Domenica 7 settembre, a Villa Greppi, venti produttori non si raduneranno per caso, come in qualsiasi altro mercato, ma perché condividono una filosofia produttiva orientata alla qualità, alla tracciabilità dei prodotti e alla sostenibilità, tanto dei modi di produzione, quanto di quelli di consumo. Vuole essere, quindi, una possibilità di favorire l’incontro tra produttore e consumatore, evitando speculazioni sui prezzi e facendo crescere la consapevolezza nei consumatori, riguardo l’importanza della qualità e l’origine dei cibi.
Se l’obiettivo finale è quello di creare un rapporto tra gli attori del territorio, sarà importante dare continuità a questo tipo di iniziative…
L’idea di fondo è quella di lavorare alla creazione di una consapevolezza di tutti gli attori territoriali, consumatori, produttori, istituzioni, riguardo all’importanza di un lavoro di squadra mirato alla realizzazione di sistemi di qualità. Nel caso del mercatino che proponiamo a Villa Greppi, la nostra idea è di portare questo spazio dagli attuali venti produttori a una cinquantina di aziende partecipanti, riproponendo questo momento almeno 4/5 volte durante l’anno. Vorremmo che questo mercato diventi anche un forum di riflessione, punto di partenza per un progetto da condividere con i produttori per migliorare insieme e fare sistema. Un primo passo, per poi creare una rete di distribuzione locale innovativa e una rete di ristorazione Slow Cooking, che condividano la nostra filosofia nel modo di produrre e consumare cibo, utilizzando e valorizzando i prodotti del territorio. Non abbiamo in mente grandi luoghi, grandi numeri, ma realtà piccole, che rispettino una certa qualità estetica, culturale, ambientale; Villa Greppi, ad esempio: un luogo che riesce ad aggiungere qualcosa a questo momento di incontro, di compravendita e degustazione.
Come vede la situazione della Brianza: un’area minacciata, che tuttavia pare si stia impegnando per valorizzare alcuni aspetti legati al turismo rurale.
La Brianza ha subìto gravi ferite in questi anni, ma questo non significa che non abbia delle potenzialità. C’è bisogno di una guida per il futuro, un “tavolo di regia”, che sappia imporre una logica lungimirante. Gli attori del mondo agricolo devono iniziare ad investire seriamente su formazione e ricerca. Serve un approccio professionale a questi ruoli, in modo che l’agricoltura recuperi un certo valore anche in queste aree, sia per l’importanza che essa assume oggi nella gestione del territorio, sia per l’importanza a livello della sostenibilità del nostro modo di produrre cibo. Un altro grosso problema è che il settore agricolo non viene più valutato come una possibilità d’impiego per i giovani. Possiamo capovolgere questa situazione solo dando rinnovata importanza all’agricoltura, attribuendole più funzioni, attribuendo alla scelta di intraprendere un lavoro nel settore primario anche valori di tipo culturale, etico, esistenziale.
Come dicevo, per sviluppare queste potenzialità, occorre un gioco di squadra, ed attualmente, sembra mancare una regia in grado di mobilitare gli attori e farli lavorare tutti verso una strategia unica e definita.
Le istituzioni in questo processo che responsabilità hanno?
Dobbiamo stare ben attenti: la politica deve occuparsi di creare cornici d’incontro, possibilità di incontro, e non sostituirsi agli attori del territorio nel processo di formulazione di idee e iniziative. Certo, è possibile farsi portatori di un esempio. E allora dobbiamo chiederci: perché non utilizzare nelle mense di scuole, ospedali, enti pubblici, i prodotti locali? Chiediamoci perché le istituzioni non promuovono per prime la sostenibilità e la tracciabilità dei prodotti, incentivando l’economia delle proprie zone.
Dal blog di Alfio Sironi