Non bisognerebbe mai fare una vacanza all’estero con i propri figli. È quello che sto pensando ora, di ritorno dalla Germania. Mai. È frustrante. Come faccio ora a spiegare alle mie due bambine perché ho deciso di farle crescere in una città come Milano?
A Berlino c’erano spazi per l’infanzia ovunque, nessuna barriera architettonica, piste ciclabili dappertutto, al punto che uno poteva affittare una bicicletta e girare l’intera città, ma che dico, l’intero Brandeburgo in bici, e quando si stufava saliva sul treno, o su una delle numerosissime linee metropolitana, con la bici appresso. E poi servizi per l’infanzia, enormi musei interattivi, se non direttamente musei dedicati solo ai bambini, bagni pubblici puliti, con lavatoi e fasciatoi per il cambio dei pannolini anche dai rivenditori di kebab di periferia. E verde, verde, verde ovunque: boschi, parchi, giardini, viali alberati; fiumi e laghi navigabili fin nel cuore della città e in ogni dove scivoli, gabbie, altalene, giochi, divertimenti.
E Milano, che si picca tanto di essere una città europea, come può pensare di tenere il confronto con questi esempi piena com’è di demenziali barriere architettoniche, di inesistenti piste cicalabili - in una città piatta come l’olio, dove girare in bici dovrebbe essere addirittura logico – con una mobilità pubblica ridotta al lumicino - all’anarchia privata, anzi - con musei così polverosi, ottocenteschi, incapaci di attirare l’attenzione dei bambini, senza più bagni pubblici e con i bagni dei bar sempre rotti, o sporchi, senza neppure l’ombra di un fasciatoio e quasi sempre sprovvisti di carta igienica, con giardinetti attrezzati – chiamiamoli così - pieni di scritte, feci, siringhe, giochi rotti, con una pessima manutenzione, e con quelli nuovi che sono miserandi, micragnosi, quasi che il comune non volesse spendere troppo in altalene e, su tutto, con una percentuale di verde procapite per ogni singolo abitante meneghino, al limite dell’assurdo, neppure vivessimo in un deserto di cemento, con un’aria talmente irrespirabile che i bambini di due anni hanno già problemi gravi all’apparato respiratorio?
Insisto, come faccio a spiegare alla mie bambine che Milano è la città giusta dove crescere? Mai andare all’estero, insomma. Bisogna restare nel proprio brodo, nelle proprie illusioni provinciali, come fa la nostra politica che finge interesse per i temi della famiglia, in teoria però, ché in pratica, nei fatti, se ne disinteressa bellamente. Dovrei fare, insomma, come quei spocchiosi milanesi che vanno in ferie nel centro-sud dello stivale, e, puzzetta sotto il naso, si atteggiano da vecchi habituè dei modi urbani, che si indignano per la disorganizzazione degli alberghi, o per i ritardi nei ristoranti, loro, vecchi uomini di mondo, abituati alla grande Milano, cittadini europei. Loro che l’Europa, probabilmente, non l’hanno mai neppure vista. Né capita.
[pubblicato su L'Unità del 28-08-2008]
Gianni Biondillo è architetto e scrittore (in un'ordine non ancora del tutto chiaro). Il suo ultimo libro (Metropoli per principianti, Guanda) è un'interessantissima raccolta dei suoi interventi - scritti - intorno alle città, alle periferie e al ruolo degli architetti in Italia.