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Cosa ci fanno queste grandi costruzioni di cemento armato, in pessime condizioni, nel Parco di Monza? Sono state utilizzate solo per pochi anni, e da diversi decenni sono abbandonate, ed in pessimo stato di manutenzione.

Sono la conseguenza un enorme errore, costato molto al Parco ed ai contribuenti, e forse anche la vita ad un pilota ed a quindici spettatori. Sono le curve sopraelevate dell’anello di velocità dell’Autodromo di Monza. Pochi conoscono la loro storia completa.

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L’anello di velocità nell’Autodromo (Immagine tratta da Live Search©)

Negli anni cinquanta la velocità delle auto da competizione diventò sempre più elevata. Per permettere gare spettacolari si progettarono circuiti con curve sopraelevate che possono essere percorse ad una velocità molto alta. Il più famoso è quello di Indianapolis. Da queste esperienze nasce il progetto di modificare l’anello di velocità già esistente dell’Autodromo di Monza, aggiungendo le curve sopraelevate. Progetto finanziato dalla Provincia di Milano e realizzato in pochi mesi: i lavori furono completati nel 1955.

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Auto su di una curva sopraelevata nel Parco di Monza

Ma appena l’anello venne utilizzato per le prima gare, ci si accorse che si era commesso un enorme errore. Già nel Gran Premio del 1956 le vibrazioni a cui le auto vennero sottoposte nelle curve sopraelevate causarono numerosi ritiri, tra cui quello del noto pilota Fangio, per problemi alle sospensioni, allo sterzo, perfino al motore.

Dal 1957 al 1959 il Gran Premio si svolse sul circuito stradale, abbandonando l’anello di alta velocità perché cedimenti del terreno avevano sconnesso la pavimentazione delle curve sopraelevate. Nel Gran premio del 1960 i costruttori inglesi, i maggiori concorrenti della nostra Ferrari, non parteciparono alla gara per protesta contro l’inserimento nel percorso del discusso anello di velocità, sempre a causa della pericolosità e della pavimentazione sconnessa delle curve.

Nel Gran Premio del 1961, che utilizzò ancora le sopraelevate, la Ferrari di Von Trips uscì di strada causando la morte del pilota e di 15 spettatori. Le cause dell’incidente non furono accertate, ma non si può escludere che le vibrazioni delle sopraelevate abbiano fatto saltare le sospensioni o lo sterzo dell’auto, causando la sua uscita di strada.

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Monza Gran Premio 1961: La Ferrari di Von Trips uscendo di strada sta per piombare sugli spettatori

Di nuovo, nel Gran Premio del 1963 tutti i piloti, e specialmente quelli inglesi, si rifiutarono di correre sull’anello di velocità. La gara, quindi, si svolse senza utilizzarlo. La stampa inglese titolò: “Bandito il muro della morte” e “Bandita la pista più impopolare d’Europa”. Da allora, dopo essere stati utilizzati per soli quattro Gran Premi (1955, 1956, 1960 e 1961) l’anello di velocità e le curve sopraelevate vennero abbandonate per questo genere di gare (fonte: “Il leggendario Gran Premio d’Italia”, a cura di Paolo Montagna, A. C. Promotion Milano 1989). Vi si svolsero solo alcune gare della Mille chilometri fino al 1969. In seguito l’evoluzione delle tecnologie automobilistiche resero definitivamente obsolete le curve.

Facciamo ora un salto fino agli anni novanta. Il Comune di Monza si trova di fronte alla delicata scadenza del rinnovo della concessione di una buona parte del Parco alla società SIAS spa che gestisce l'Autodromo. La richiesta del concessionario è forte: la durata deve essere almeno decennale per far fronte ai pesanti mutui accesi per il rinnovo della pista, che tra l'altro causò l'abbattimento di molti alberi e le vivaci proteste di molti cittadini.

Durante le trattative, l’assessore verde Carlo Vittone propose un interessante elemento di novità: in cambio della lunga durata della concessione e di un basso canone di affitto SIAS avrebbe abbattuto gran parte delle curve sopraelevate, conservandone una parte a Nord-Est per motivi testimoniali, e restituito all’uso pubblico una vasta porzione di Parco, comprendente il Roccolo, la Gerascia ed i prati confinanti con il Golf.

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In giallo le aree che SIAS avrebbe dovuto cedere dopo l’abbattimento di gran parte delle curve sopraelevate

In questo modo si sarebbero ottenuti diversi vantaggi. Innanzitutto l’eliminazione di un rudere di cemento armato ormai cadente, che deturpa una buona parte del Parco. In secondo luogo la riduzione dell’area data in concessione a SIAS e quindi l’apertura permanente al pubblico di una vasta area verde molto bella. Infine il recupero di una parte della prospettiva paesaggistica originale a cannocchiale lungo il Viale Mirabello.

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La prospettiva del Viale Mirabello interrotta dal rudere delle Sopraelevate

La concessione, firmata nel 1997 dai comuni di Monza e di Milano con la società SIAS spa contiene questo impegno, tanto che quest’ultima mise a bilancio i fondi necessari all'abbattimento ed allo smaltimento delle macerie, pari a diversi miliardi di lire di allora.

Non solo. Il Piano Regolatore Generale di Monza adottato nel 1997, redatto da Leonardo Benevolo, con sindaco Marco Mariani, confermò questo abbattimento, proponendo di conservare la porzione Nord-Ovest delle curve a fini testimoniali. Le stesse indicazioni vennero recepite nel Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Regionale della Valle del Lambro e nel Programma triennale per la manutenzione e riqualificazione del Parco di Monza, che vide coinvolta anche la Regione Lombardia con la legge regionale n. 40 del 1995.

Insomma, sembrava cosa fatta. Ma purtroppo non è andata così. Subito dopo la firma della concessione fu chiaro che il comune di Milano, comproprietario del Parco, non aveva alcuna intenzione di richiedere l’abbattimento delle sopraelevate. Nacquero addirittura iniziative da parte di fan dell’Autodromo e piloti, rivolte alla difesa integrale delle sopraelevate come monumento dell’automobilismo.

Arriviamo quindi alla primavera di quest’anno, il 2008. La giunta di centrodestra, con lo stesso sindaco Mariani che firmò nel 1997, procede al rinnovo della concessione alla SIAS spa per la bellezza di diciannove anni. Non chiede più l’abbattimento delle sopraelevate, ma il loro il restauro completo. Non prevede più la restituzione all’uso pubblico dei prati tra Autodromo e Golf. Elimina anche diversi vincoli sulla rumorosità. Insomma, concede tutto quello che è possibile concedere.

In questo modo il Parco di Monza ed i cittadini hanno perso una grande occasione. Senza minimamente mettere in dubbio la presenza dell’Autodromo, si sarebbe rimediato al grande errore del 1955, dando inoltre un segnale molto forte di convivenza positiva tra Parco ed Autodromo.

Occorre chiedersi il perché vi sia una difesa così accanita di questi ruderi. Il loro restauro richiede risorse ingenti, e la loro ventilata destinazione a museo dell’automobile ne occuperebbe solo una piccola parte: basterebbe quella che già nel 1997 si prevedeva di conservare.

Il Comitato per il Parco da tempo ritiene che il vero obiettivo sia il mantenimento sotto il controllo della Sias dei prati del Roccolo e della Grascia, come aree di espansione per le future attività in vista di Expo 2015.

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L’abbattimento dell’ecomostro di Punta Perotti a Bari, aprile 2006

Naturalmente, di fronte alla nuova concessione alla Sias, le associazioni ambientaliste hanno presentato un motivato ricorso alla magistratura. Le speranze di vedere abbattuto l’ecomostro ci sono ancora.