È di questi giorni la notizia che la società Limitless guidata da uno sceicco del Dubai ha acquistato, in via preliminare, le ex aree Falck di Sesto San Giovanni per la non modica cifra di 475 milioni di euro. Il sindaco Oldrini ha nel tempo più volte dichiarato che il progetto redatto da Renzo Piano non sarà modificato. Una cordata di imprenditori della zona si è subito fatta avanti chiedendo un incontro con gli arabi e dichiarandosi disponibile a collaborare.
Come noto, le storiche acciaierie Falck, sono andate in dismissione alla fine degli anni ’90. Un imprenditore locale, Giuseppe Pasini, le acquistò da Alberto Falck nel 2000 per una cifra che si aggirava sui 200 milioni di euro. Il progetto affidato in seguito a Mario Botta non piacque però al Comune. Va ricordato che lo stesso Pasini è oggi presente in Consiglio Comunale con un proprio gruppo politico, di centro destra, essendosi candidato a sindaco nel 2007. Pasini vendette quindi le aree, nel marzo del 2005, a Luigi Zunino, imprenditore noto per i suoi interventi su aree dismesse, per circa 218 milioni di euro (debiti e crediti compresi).
Pochi giorni fa, a fine dicembre 2008, la società Risanamento di Zunino, da più fonti data per fortemente indebitata con le banche, ha sottoscritto un preliminare di vendita con la società Limitless del Dubai. Costo dell’operazione: 475 milioni di euro.
Nulla risulta sia stato nel frattempo approvato dal Comune. Né il Piano di Governo del Territorio che sarà discusso e forse adottato in Consiglio Comunale verso il 20 gennaio del 2009, e neppure è stato approvato in via definitiva il progetto fatto redigere da Zunino al noto architetto Renzo Piano, il quale prevede su quelle aree (circa 1.400.00 mq) volumetrie residenziali, terziarie e per servizi per circa 3 milioni di metri cubi, con una ventina di torri alte fino a 30 piani. Una vera città nella città, per circa 13/15.000 nuovi abitanti e altrettanti addetti negli uffici (e sono stime degli stessi costruttori).
Tre sono le domande che si pongono a latere dell’operazione: 1) cosa ha fatto Zunino per vedere più che raddoppiati i valori di quelle aree senza che nulla sia stato ancora approvato? 2) quelle quantità residenziali, terziarie e per servizi pubblici e privati, così come previste dal progetto di Renzo Piano, sono ragionevoli e non invece fortemente aleatorie? 3) reggerà la città di Sesto San Giovanni all’impatto ambientale di un tale progetto qualora venisse integralmente realizzato?
Alla prima domanda è possibile rispondere che se anche Zunino ha dovuto sostenere i costi della progettazione e sopratutto quelli delle bonifiche finora fatte (e da farsi), questo non sembra sufficiente a giustificare una così forte lievitazioni dei costi e dei valori immobiliari. Pare quindi che la rendita abbia giocato qui un ruolo importante, in un Comune tradizionalmente guidato dalla sinistra, da sempre impegnata a sviluppare l’occupazione piuttosto che favorire operazioni speculative. Vedere un aumento così consistente di decine, se non centinaia di milioni di euro, risulta essere cosa tanto più odiosa in un momento di crisi generale in cui anche molti piccoli risparmiatori perdono i propri soldi in banca e a tutti è chiesto di fare sacrifici. Non succede invece ai colossi finanziari che anzi, in questi momenti, guadagnano e investono, per poi lucrare sulla rendita parassitaria di domani.
Anche alla seconda domanda, sulla credibilità delle previsioni insediative, è facile opporre alcune forti perplessità. Sesto San Giovanni ha visto decrescere la propria popolazione nell’ultimo decennio di circa 5/6.000 unità e i flussi migratori sembrano essere orientati verso una popolazione fatta più da extracomunitari che da ceti ricchi i quali, per le loro abitazioni, cercano luoghi fortemente appetibili da un punto di vista ambientale e non più la pesante conurbazione milanese che ha raggiunto da tempo densità territoriali (6/7.000 abitanti per kmq) pari a quelle di alcune città dell’estremo oriente (come Singapore e Hong Kong). La stessa decrescita l’ha vissuta Milano che ha perso circa 500.000 abitanti negli ultimi 15 anni. Né basta costruire case per pensare che queste possano essere agevolmente vendute e abitate. Non bastano gli involucri per garantire che aumenti il contenuto, senza prevedibili rischi che rimangano troppe scatole vuote, peraltro con costi sempre più alti.
Strettamente collegata alla seconda domanda (e risposta) è quella relativa all’impatto ambientale dell’intervento. Un piano attuativo di quelle dimensioni e con quelle quantità si cala in una realtà già oggi compromessa dai flussi di traffico e da forti congestioni nelle ore di punta ed è difficile pensare che la “rambla” prevista da Renzo Piano non si trasformi invece in una coda ininterrotta di auto a passo d’uomo, quando gli oltre 10/15.000 addetti, riprese le proprie auto nei circa 15.000 parcheggi previsti, cercheranno di uscire o entrare in quel quartiere. Già oggi, a quelle ore, è difficile sperare di cavarsela a basso prezzo, soprattutto in direzione nord, dove vi è già la presenza di un grosso centro commerciale e di altri uffici terziari (molti dei quali sono ancora oggi vuoti). Se è ammirevole lo sforzo fatto nel progetto per cercare di ridurre gli inquinamenti di quegli insediamenti (con teleriscaldamento, risparmio energetico, ecc.), questo non pare sufficiente per poter sperare in un miglioramento della situazione ambientale cittadina. È invece prevedibile il contrario.
Ma allora ci si chiede: “cui prodest” tutto questo? Non è facile rispondere a questa domanda perché i costi e i benefici di quelle operazioni non sono stati attentamente né valutati né calcolati, se non in termini di oneri di urbanizzazione da incassare e nella riqualificazione di un’area dismessa. In questi casi la valutazione dell’interesse pubblico complessivo, visto anche sul lungo periodo, consiglierebbe grande prudenza, anche considerato il fatto che Sesto già sbagliò nel passato ad investire tutto sulle industrie (“la città delle fabbriche”) ed oggi rischia di sbagliare ancora, puntando troppo su uno sviluppo insediativo (residenziale e terziario) che è tutto da dimostrare. Non vorremmo, in definitiva, che “la fabbrica delle idee”, così come ha chiamato Renzo Piano il proprio progetto, si trasformi solo nella “fabbrica dei soldi”. O “dei sogni”. C’è chi, a volte, li identifica.
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la pagina del sito del Comune di Sesto San Giovanni dedicata all'area
Le città verticali e l'urbanistica d'altri tempi