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1. Un Master Plan distruttivo

La Villa Reale e Parco di Monza sono sempre sotto attacco. Lo strumento di distruzione è costituito da un Master Plan che ha tradito le finalità dell’Accordo di Programma del 2017, di «assicurare e rinforzare, attraverso un integrato piano di interventi, le opportunità di sviluppo dell’intera dotazione patrimoniale, in considerazione dell’elevato valore culturale, storico, ambientale, turistico, oltre che sociale, che il medesimo rappresenta» (art. 3).

Tra le alte finalità rientrava anche «la salvaguardia e il sostegno della funzione pubblica, sia in termini sociali e culturali sia in termini ambientali, esplicata dal complesso monumentale», e il «rafforzamento del sistema di governance fondato sulla centralità del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza». Inoltre era specificamente evidenziata la cura e valorizzazione del Parco, che non è un anonimo “polmone verde”, bensì un capolavoro paesaggistico  che non può essere pensato al di fuori del disegno unitario di Luigi Canonica.

Il Master Plan esprime uno spudorato stravolgimento dei valori fondanti e della bellezza del monumento, dimenticandoli deliberatamente ed erigendo gl’interventi distruttivi realizzati nel novecento a realtà “culturali” in quanto ormai “storicizzate”. Come dire che uno sfregio sulla Gioconda non andrebbe restaurato perché ormai storicizzato.

 

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Foto aerea del Parco di Monza: Autodromo e Golf

 

2. Il golf: una concessione immotivata

 

Questo disegno volto a considerare e fare del Parco storico un “aeroporto abbandonato”, per usare un'espressione del Master Plan, disponibile per qualsiasi sfruttamento, ha nelle scelte relative alla concessione del golf un passaggio significativo.

La concessione è scaduta nel 2022, e rinnovata per un anno. Di fronte a questo evento del tutto prevedibile, l’alternativa è semplice:

 A. Fine della concessione. Questa alternativa consentirebbe la restituzione dei cento ettari del golf al disegno paesaggistico di Luigi Canonica, frutto e dimensione della visione napoleonica di un Regno d’Italia inserito nell’Impero europeo; un vasto rimboschimento e recupero della flora, fauna e biodiversità dei luoghi, di ameni viali e rotonde, tra cui la ricomparsa del Viale del Serraglio; la fine dell’ingente e problematico consumo di acqua e dell’uso di sostanze inquinanti necessarie per tenere in vita un sedime artificiale; la restituzione all’uso pubblico di una vasta area del Parco oggi riservata a pochi privilegiati. Si contribuirebbe da protagonisti alle grandi strategie europee e globali per l’ambiente e contro le disuguaglianze (NgEU, Green Deal UE, Agenda 30 dell’ONU). Insieme ad altri interventi di restauro, quest’alternativa aprirebbe la strada all’auspicata inclusione del monumento tra i beni patrimonio dell’umanità dell’Unesco, da cui è oggi incredibilmente (ma comprensibilmente) escluso.

I costi della scelta, probabilmente inferiori al milione di euro, genererebbero un aumento sicuramente più che proporzionale del valore non solo culturale, ma anche patrimoniale del complesso monumentale.

B. Rinnovo della concessione. Con questa alternativa, non solo si continuerebbe a mantenere una situazione incoerente con i valori del monumento, ma si predisporrebbe l’area ad ulteriori utilizzi, sportivi e ludici. Si rafforzerebbe la violazione dell’unitarietà del monumento, spaccando il Parco Reale in due parti separate dal Viale di Vedano, con il declassamento della parte nord ad una sorta di Luna Park, e della parte sud ad un anonimo parco periurbano. Si chiuderebbe definitivamente la strada al riconoscimento del monumento tra i beni patrimonio dell’umanità dell’Unesco, con la definitiva perdita di tutto l’indotto, anche economico, che ne deriverebbe.

In sostanza, tutte le possibili argomentazioni sono a favore della fine della concessione. Nessuna contro.

Ebbene, non si capisce perché la sinistra al potere nel Comune di Monza abbia a priori abbracciato il rinnovo della concessione. Il Sindaco di Monza e Presidente del Consorzio, ha parlato di “tradizione”, senza argomentarla in alcun modo. A quale tradizione si riferisce? Alla maledizione degli impianti sportivi nel Parco? Ha inoltre dichiarato che il Consorzio “ha bisogno delle concessioni”, presumibilmente come generica fonte di entrate. E’ una dichiarazione grave che dà la misura di quanto il massimo rappresentante del Consorzio valuti il prestigioso bene a cui è preposto, spesso citato come “il nostro gioiello”, per poi esser trattato come vile moneta di scambio.

Forse la scelta è dovuta anche a una sorta di irresistibile soggezione ai “poteri forti”, locali e non.

 

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Ex Ippodromo, davanti alla Villa Mirabello - Foto di Pino Timpani

 

 

3. Un partenariato neo-liberista

Ma a monte della scelta tra le due alternative vi è una proposta dell’ex-concessionario che avrebbe effetti deleteri per quanto riguarda la piena proprietà pubblica del monumento e la natura dei rapporti tra pubblico e privato.

Si tratta  di un “partenariato speciale pubblico-privato (PSPP)” previsto dell’articolo 151 c.3 del Dlgs 50/216 (Codice dei contratti pubblici). Una proposta già elucubrata tortuosamente nel Master Plan, laddove avrebbe dovuto occuparsi della riforma e potenziamento del Consorzio Villa Reale e Parco.

Non essendo io un giurista e avendo cose più piacevoli da fare, non mi azzardo ad entrare nel labirinto dei rinvii tra questo articolo e una selva di altri. Tuttavia mi sembra evidente che ciò che prevede è molto diverso da una concessione. Dà l’impressione di un “liberi tutti”, ascrivibile a una sorta di neo-liberismo all’italiana, motivato con il termine “semplificazione”, in realtà diretto a smontare qualsiasi regola nelle istituzioni e nel mercato. Un comma che più di destra non si può.

La proposta mira a consentire una cogestione paritaria tra un’istituzione pubblica, proprietaria del bene, e altri enti.

Nella forma classica della concessione l’ente pubblico concedente dovrebbe rimanere depositario esclusivo delle finalità strategiche (politiche) del bene, e per quanto riguarda le funzioni esecutive scegliere di affidarle o meno a concessionari dedicati, anche privati, riservandosi le funzioni di direzione e controllo sul loro operato.

Nel caso del “partenariato speciale” non vi è più una distinzione di ruoli.

Secondo uno studio del 12 luglio 2022 della Fondazione Fitzcarraldo, avallato dall’Unione Europea, dal Ministero del Lavoro italiano e dll’Anci, redatto stranamente e impropriamente in uno stile incensatorio, il partenariato di cui all’art. 151 «Non è un contratto tipico ma un Accordo di collaborazione tra un soggetto pubblico che detiene la disponibilità di un Bene ed un altro soggetto, pubblico o privato, che assume la responsabilità di cura del suo processo di valorizzazione in cui i soggetti concorrono alla pari, ciascuno per il proprio ruolo, con finalità di Interesse Generale; è quindi un accordo di collaborazione che supera la separatezza tra soggetto pubblico, quale unico responsabile dell’Interesse pubblico, ed interesse privato, letto normalmente come percettore di un vantaggio (nel caso specifico, come esercizio di un diritto esclusivo di sfruttamento economico di un bene pubblico) ed incarna perfettamente il principio della cd. ‘Amministrazione condivisa’».

(Chi gradisce questa prosa, con i ridicoli maiuscoli “Bene” e ”Interesse Generale” e le circonlocuzioni burocratiche, può fare il pieno col Master Plan).

IlMasterplan sulla Villa e il Parco di Monza: Il documento dei comitati e delle associazioni

La dovuta separatezza tra concedente e concessionario e la preminenza dell’istituzione pubblica rispetto all’interesse privato scompaiono, e la probabilità di una prevalenza di quest’ultimo, specie se il primo viene limitato nei mezzi e poteri, diventa molto alta.

La fine della primazia del Consorzio è confermata anche dalla figura gestionale che dovrebbe presiedere al partenariato, definita come “Tavolo Tecnico”: «E’ una specie di Sportello unico del processo di valorizzazione: costituisce un meccanismo di coprogettazione flessibile, fiduciario ed impegnativo nelle sue decisioni per entrambe le parti… Il Tavolo Tecnico è composto da un referente per ciascuna parte… possono parteciparvi di volta in volta esperti, referenti di altre amministrazioni coinvolte ( ad.es. nel caso di Beni Culturali, in senso stretto, i competenti servizi territoriali del MIBACT), comitati civici ed associazioni di cittadinanza attiva, rappresentanti dei pubblici di riferimento dell’offerta culturale diretta…; le deliberazioni del Tavolo Tecnico sono impegnative per le parti ed i suoi organismi chiamati a ratifica delle decisioni assunte». La “eventualità”, e non l’obbligo, di coinvolgere il Mibact “per i Beni Culturali in senso stretto”, è un segnale sorprendente della visione privatisticadell’estensore del documento.

Nulla si dice sugli aspetti finanziari. Chi contribuisce e cui prodest? Difficilmente un privato, se non partecipa formalmente nella veste di mecenate, non penserà di trarre un vantaggio economico dall’accesso alle risorse pubbliche che il partenariato gli consente.

E’ anche probabile che i costi del Comitato Tecnico siano superiori a quelli di un rafforzamento del Consorzio, di cui dirò poi.

Nel caso del golf nel Parco di Monza gli ex-concessionari chiedono una durata del sodalizio di 50 anni. Un possesso del bene che creerebbe le condizioni di un passaggio di proprietà.

Il solo fatto che il Sindaco di Monza, il Presidente del Consorzio e lo stesso partito di maggioranza,  abbiano dichiarato di prendere in considerazione questa “soluzione”, denuncia un atteggiamento remissivo, caratterizzato dall’obiettivo inconfessabile di uno scarico di responsabilità.

Eppure, il fallimento del tutto prevedibile dello pseudo “project financing” di alcuni anni fa, che trasferiva la completa governance del corpo centrale della Villa Reale all’azienda restauratrice, in un’illusoria ottica profit, presentata come una geniale innovazione ma sempre nella logica dello scarico delle responsabilità proprie del Consorzio, dovrebbe avere insegnato qualcosa.

Così come qualche insegnamento si dovrebbe trarre dai ripetuti fallimenti di impianti sportivi nel Parco, dall’ippodromo, al catino di alta velocità, all’hockey, alla piscina,  alla vita stentata di altre strutture sportive come il tennis.

 

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Pratone dell'Ex Ippodromo

 

4. Il potenziamento del Consorzio. Un obiettivo tradito

Queste considerazioni ci portano a un argomento fondamentale, costantemente e deliberatamente rimosso: la gestione strategica (governance) del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza.

L’Accordo di Programma poneva tra le sue finalità fondamentali, nell’art. 3, «il rafforzamento del sistema di governance fondato sulla centralità del Consorzio Villa reale e Parco di Monza, in grado di definire un programma integrato di interventi ed iniziative coordinate … dato l’alto
valore e potenziale ambientale, oltre che culturale, dell’area e della
comunità che vi opera».

Il potenziamento del Consorzio è anche inserito nel programma di mandato del Sindaco di Monza.

Cosa si è fatto per questa finalità strutturale in questi sei anni? Mi sembra poco o nulla.

Invece di avviare la riforma, mettendo il Consorzio in grado di realizzare gl’interventi già definiti nell’Accordo di Programma per 23 milioni di euro, la Regione ha approvato una modifica dell’Accodo di Programma che ha esautorato il Consorzio, affidando il compito agli incompetenti Aria S.p.A. e Consorzio del Parco della Valle del Lambro (che non è unparco storico, ma maturalistico).

Proposte come quella del partenariato appaiono come parti di un disegno deliberato di conservare per il  Consorzio un ruolo subalterno a decisioni prese altrove. E non solo, sostanzialmente, in Regione Lombardia, ma anche in sedi estranee, come ad esempio l’Aci.

 

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Mappa di Giovanni Brenna, 1850

 

5. Che fare?

Dati gli impegni avventatamente assunti a livello istituzionale e politico a favore del rinnovo della concessione del golf, è oggettivamente difficile rimontare la situazione.

Se tuttavia non si è trovato un espediente giuridico, la concessione dovrebbe essere definitivamente scaduta. E non vi è nessuna fretta di prendere una decisione. Il tempo lavora a favore della saggezza.

Nel Frattempo occorre comunque opporre con la massima fermezza all’aspirante concessionario le “cose buone” proposte dalla maggioranza di sinistra di Monza: dal rimboschimento più esteso possibile e recupero del disegno paesaggistico di Luigi Canonica, all’arretramento del confine della concessione per recuperare il Viale del Serraglio, alla riduzione del numero di buche, al recupero del Fontanile della Pelucca, all’apertura al pubblico dell’area per un maggior numero di giorni dell’anno, soprattutto di quelli di maggiore afflusso dei week end, alla brevità della durata della concessione, che prefiguri la definitiva dismissione.

Quanto al canone, occorre preparari all'abbandono di questa forma di finanziamento alienante. Il Consorzio di Villa e Parco di Monza, con un conto economico che inizialmente potrà aggirarsi tra i 5 e i 10 milioni di euro (quello de la Venaria Reale è oggi dell’ordine dei 13 milioni), compensato da ricavi (biglietterie, bookshop ecc.) difficilmente superiori al 50% dei costi, dovrebbe  procedere in acque economicamente navigabili. E’ a mio parere il minimo che i soci Regione Lombardia, i Comuni di Milano e di Monza, il Mibac, gli enti economici presenti nel Consorzio Assolombarda e la maggiore  Camera di Commercio d’Italia, e possibilmente enti donatori come la Cariplo, dovrebbero fare per il “gioiello”.

Occorre essere consapevoli che tutto ciò susciterebbe una dura opposizione, con una forte manipolazione dell’opinione pubblica. Occorre sensibilizzare particolarmente Milano, da sempre assenteista per miopia municipale, e la Sovrintendenza ai Beni Culturali e Ambientali, che dovrebbe portare avanti con rigore e coerenza la linea felicemente intrapresa con l’eliminazione dell’ippodromo e con il Piano per laRinascita del Parco di Monza della LR 40/95.

Evitare i conflitti è buona cosa. Ma purtroppo capita di dover ricorrere alla resistenza. Che però è il sale di una sinistra viva e vivace, concretamente riformista. E possibilmente vincente.

Gli autori di Vorrei
Giacomo Correale Santacroce
Giacomo Correale Santacroce

Laureato in Economia all’Università Bocconi con specializzazione in Scienze dell’Amministrazione Pubblica all’Università di Bologna, ha una lunga esperienza in materia di programmazione e gestione strategica acquisita come dirigente e come consulente presso imprese e amministrazioni pubbliche. È autore di saggi e articoli pubblicati su riviste e giornali economici. Ora in pensione, dedica la sua attività pubblicistica a uno zibaldone di economia, politica ed estetica.

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