In un’intervista comparsa sullo “Speciale” de il Cittadino dedicato al 94° Gran Premio di F1, Il Presidente dell’Aci Angelo Sticchi Damiani ha dichiarato, a proposito del rinnovo della concessione dell’Autodromo, che «i nostri avvocati stanno già cercando la strada corretta». Questa dichiarazione mi ha stupito, suscitando in me una serie di domande.
In una concessione normale, non dovrebbe essere il concedente, piuttosto che il concessionario, a proporne i contenuti?
E nel caso della Villa Reale e Parco di Monza, questa concessione non dovrebbe contribuire a far sì che gli interessi del potenziale concessionario convergano con quello del complesso monumentale? Ed essendo l’interesse primario della Reggia di Monza il restauro dei suoi valori storici, culturali, architettonici, ambientali, paesaggistici, economici, meritevoli dell’inclusione del complesso tra i beni patrimonio dell’umanità dell’Unesco, ciò che viene fatto nell’area dell’Autodromo non dovrebbe essere coerente con questo interesse?
E una volta riconosciuto quanto sopra, la concessione non dovrebbe essere sottoposta a una gara internazionale, data l’importanza del monumento, per scegliere il concessionario maggiormente capace di formulare proposte volte a far convergere gl’interessi del concedente e del concessionario? Tanto più che la gestione dell’Autodromo da parte della Sias, espressione dell’Aci, negli anni trascorsi non sempre ha brillato per efficienza e correttezza.
E per quanto riguarda gli accordi tra Aci e FOWC (Formula One World Championship) Lim., titolare della F1, questi accordi non dovrebbero seguire l’individuazione del concessionario, invece di precostituire un diritto di esclusiva del concessionario “incumbent”?
Si può riconoscere che tra i fattori che contraddistinguono la città di Monza, sia pure non all’altezza della la Corona Ferrea o dei dipinti sulla vita della Regina Teodolinda nel Duomo trecentesco (valori peraltro piuttosto trascurati dal marketing territoriale), anche l’Autodromo costituisca un fattore di notorietà internazionale e di ricadute economiche. Ma non sono questi aspetti esageratamente “pompati”, con toni nazionalistici ad uso interno? Non rischiano le vicende del nostro Autodromo di assomigliare a quelle dell’Alitalia? Non si rischiano effetti controproducenti, proponendo una visione riduttiva dell’immagine della città di Monza? Non sarebbe opportuno un fact checking indipendente, per dare alle cose una dimensione appropriata?
Il Presidente dell’Aci continua a piangere cassa per la sopravvivenza dell’Autodromo e per finanziare progetti tanto grandiosi quanto meritevoli di discussione. Si parla di settanta, cento milioni come fossero bruscolini. E’ una litania che richiama alla mente un detto siciliano che non è il caso di citare. Alcuni tra questi progetti sembrano accettabili, come la ristrutturazione di sottopassi e la manutenzione della pista su cui si corre da sempre il Gran Premio di F1. Ma altri sono inaccettabili, in quanto distruttivi del Parco storico. Primo fra tutti il folle progetto di un restauro del catino di alta velocità, un vero ecomostro nel cuore del Parco, rifiutato dai piloti perché sbagliato e due volte fallito. O il restauro dei ruderi della piscina, spacciata falsamente come “olimpionica”, invece della ri-naturalizzazione dell'area. O la costruzione di nuove tribune fisse, da utilizzare una volta l’anno. Come fanno a Montecarlo?
Il comportamento del Presidente dell’Aci può ben definirsi come quello di un estraneo che fa da padrone in casa altrui. Sfiderei chiunque a trovare tra le sue esternazioni una sola parola dedicata al Parco. Non si tratta forse di una ignoranza deliberata, il cui obiettivo è il degrado progressivo del Parco storico per appropriarsi degli spazi in concessione, ridotti a “un aeroporto abbandonato”, per usare un’espressione del Master Plan?