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È il suolo "consumato" da nuove costruzioni, strade, parcheggi nella sola Lombardia. Lo denunciano Legambiente e il Politecnico di Milano.

"Non ereditiamo la Terra dai nostri genitori, la prendiamo in prestito dai nostri figli"
(Dawid Browen).

Forse se politici, amministratori locali, costruttori e palazzinari, iniziassero - un po' più altruisticamente - a considerare il territorio, non “roba loro”, bensì preziosa risorsa sottratta “al nostro futuro” potremmo, in qualche modo, nutrire un barlume di speranza di arrestare l'onda di cemento che sta coprendo, dal Piemonte all’Emilia Romagna, il bacino del Po al ritmo inarrestabile di 200mila metri quadri al giorno. Questo l’allarmante quadro emerso dal primo Rapporto dell'Osservatorio nazionale del Consumo di suolo, presentato lo scorso 7 luglio dall'Istituto Nazionale di Urbanistica, da Legambiente e dal Dipartimento di Pianificazione del Politecnico di Milano, all'Acquario civico di Milano. Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Piemonte le regioni monitorate. Ecco, allora, snocciolato qualche dato per i più increduli San Tommaso. Nella nostra bella Lombardia che "si pappa" ogni giorno qualcosa come 103.000 mq di suolo(consumando ad ogni pranzo, un’area grande 6 volte Piazza del Duomo), la Provincia più urbanizzata è senza dubbio alcuno Milano (che include Monza e Brianza).

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All'ombra della Madonnina tra il 1999 ed il 2007, in soli otto anni, sono stati coperti dal cemento 25.000 mq di terreno ( il che significa, la perdita, ogni giorno, di un’area grande una volta e mezza piazza del Duomo di Milano). Con il risultato, non certo lodevole, che le aree urbanizzate – pari al 42% del territorio - uguagliano quasi quelle agricole. Nè appare più rosea la situazione delle Province a noi più vicine che conservano vocazione prevalentemente agricola. Usando come metro di misura Piazza Duomo, scopriamo ad esempio, grazie al rapporto ONCS, che nel periodo in questione, nell'agricola e collinare provincia di Pavia è stata cementificata, quotidianamente, una superficie pari a 3,3 volte Piazza del Duomo, che sale a 5 in quel di Mantova e Bergamo e scende a "soli" (si fa per dire) 2 nella Provincia di Lodi. E se i dati non sono certo rassicuranti, ci si consola con il fatto che almeno da qualche tempo del problema dell'eccessivo consumo di suolo si inizia a parlare. Il punto dolens sta ora nel far seguire al "pensiero l’azione".

Operazione tutt'altro che semplice, dal momento che quello degli oneri di urbanizzazione rimane il Pozzo di San Patrizio cui attingono per pagare bollette e dipendenti Sindaci e Comuni che, ahimè, non sanno più a che Santo votarsi per far quadrare i loro bilanci sempre meno foraggiati da Roma Padrona ( alla faccia del federalismo promesso dalla Lega). Come ben evidenziato dai relatori dell'Osservatorio, politiche urbanistiche di contenimento più serie non possono prescindere da una riforma della fiscalità locale che porti a regimi più incisivi e differenziati ( ad esempio introducendo un regime di tassazione incrementale e specifico per quei processi che determinano un effettivo aumento del suolo urbanizzato, incentivi per il riuso di aree dismesse, con l'attenzione di non accrescere però eccessivamente il peso insediativo). E, soprattutto, con una riforma fiscale che ponga definitivamente fine al perverso meccanismo degli oneri. Detto questo, penso anche che esistano altri fattori in grado di incidere negativamente sull'uso (o meglio abuso) del territorio. Troppo spesso, ad esempio, ci si dimentica che alla cementificazione del paese contribuiscono strade e parcheggi, di cui c'è sempre più famelico bisogno nel paese dell'automobile. Automobile che Guido Viale, nel suo interessante libro "Vita e morte dell'automobile", considera la fonte principale del malessere urbano. Perchè - come l'autore citato ben sintetizza -aumenta le distanze, sospingendoci nell'hinterland per allontanarci dal traffico; divora con code infinite il nostro tempo; grava sui nostri redditi e sui bilanci comunali (basti considerare i chilometri di strade da asfaltare), distrugge la socialità; occupa i nostri spazi pubblici. Ricordo che da bambina ero solita giocare con gli amici nella strada sotto casa. Oggi, quegli spazi (come le piazze di quartiere), un tempo usati da noi piccoli, sono occupati dalle macchine che obbligano gli amministratori locali a progettare la città non più a misura di "uomo" ma di "automobili". Forse per tagliare la lingua al mostro del cemento occorrerebbe partire anche da qui. Da una diversa idea di mobilità (car sharing, piste ciclabili, potenzia mento di mezzi pubblici).

 

 

Dal blog di Emanuela Beacco

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