20220305 loghi

 

All’EXPO di Dubai è stato lanciato il logo del centenario dell’Autodromo di Monza.
Si presenta come un bel nastro tricolore. Eccolo:

 20220305 logo nuovo

Chi segue le vicende dell’Autodromo, avrà senz’altro notato la differenza rispetto al logo tradizionale che, sia pure in diverse versioni, è questo:

20220305 logo vecchio

  

 Salta subito agli occhi la differenza: nel logo del centenario è sparito l’anello dell’alta velocità.
Questo cambiamento ha un alto valore simbolico, e forse anche reale: significa un riconoscimento dell’irrilevanza dell’anello di alta velocità.
Al di là delle mitizzazioni, questo anello è stato effettivamente contrassegnato fin dall’inizio da una storia fallimentare. La sua prima versione, coeva con l’inaugurazione dell’impianto, fu abbandonata dopo pochi anni perché di scarso interesse sportivo. La seconda versione, realizzata nel 1955, fu caratterizzata da due curve sopraelevate che si rivelarono tecnologicamente sbagliate e mal costruite, rifiutate da piloti e scuderie per la loro pericolosità (le auto subivano sollecitazioni distruttive). Ne derivò anche un grave danno all’immagine dell’Autodromo (le curve furono definite dalla stampa internazionale “muri della morte”). Come conseguenza di tutto ciò, la pista fu definitivamente abbandonata nel 1961.


Quella che viene normalmente sottaciuta è tuttavia la devastazione recata al Parco da questa pista. Ovviamente, tutto l’Autodromo è una ferita al disegno paesaggistico del Parco. Ma la pista di alta velocità lo ha colpito al cuore, quasi uccidendolo: ha distrutto la continuità del Viale Mirabello, lungo quattro chilometri, asse portante di quel disegno. Ha annullato il Viale del Serraglio, parallelo al primo, ridotto a un sentiero in terra battuta stretto tra la pista e gli spazi sequestrati dall’altra infelice presenza: il Golf Club Milano. Ha reso inaccessibili luoghi particolarmente suggestivi, come il Rondò della Stella, il Bosco Bello, il Serraglio dei Cervi. I ruderi dell’impianto si presentano oggi come un vero e proprio ecomostro, uno sfregio che devasta e sottrae al godimento dei visitatori ben 60 ettari del Parco.


L’averlo espunto dal logo dell’Autodromo in occasione del centenario apre il cuore a una speranza: che chi è preposto all’Autodromo stia maturando un ripensamento dell’impianto: non più in contrasto con il contesto al quale è stato violentemente imposto in altri tempi, ma sensibile al nuovo e molto concreto “spirito del tempo” che finalmente caratterizza gli umani. I quali cominciano a rendersi conto di dover convivere con gli altri esseri viventi e con le risorse naturali che sinora hanno schiavizzato e saccheggiato senza ritegno, pena la propria stessa sopravvivenza.


Ma temo che tutto ciò sia frutto di un mio wishful thinking. I programmi di rilancio dell’Autodromo di cui si sente parlare, per quanto fumosi, vanno in tutt’altra direzione: la solita, caratterizzata da una completa e deliberata ignoranza del Parco.
Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’ACI, gestore dell’Autodromo tramite la SIAS, ha parlato di un piano del costo di nientemeno 100 milioni di euro. Il doppio di quanto la Regione ha stanziato per il restauro di Villa e Parco e, per esempio, di quanto è costata a Matera la designazione di capitale culturale europea nel 2018. Si parla di nuovi sottopassi per i pedoni, di nuove tribune inamovibili da usare (eventualmente) solo un giorno all’anno, di allargamenti di alcuni tratti della pista su cui si svolge il Gran Premio di F1. A parte l’inammissibilità di questi ultimi interventi, che causerebbero ulteriori compromissioni del Parco, si fa fatica a comprendere come gl’interventi immaginati possano comportare una somma così elevata. Se non fosse che il rozzo piano, tenuto nel cassetto nella speranza di poterlo sbandierare in un momento di debolezza degli anticorpi di Villa e Parco, comprende il folle restauro della pista di alta velocità, fallita due volte (errare humanum est, tris-perseverare arci-diabolicum!), la trasformazione dei grandi prati della Gerascia e del Roccolo in sterrati per concerti rock e luna-park, e in sostanza un’idea che nulla ha a che fare con l’’automobilismo e tanto meno con le finalità culturali e ambientali del complesso monumentale della Villa con il suo straordinario Parco.


In realtà, l’entità della richiesta fa parte di una strategia della comunicazione dell’ACI basata su informazioni pompate, prive di fondamento ma efficaci, di sapore vetero-nazionalistico, che punta ad alimentare una sopravvalutazione dell’importanza dell’autodromo: il mito del “tempio dell’alta velocità”, l’invenzione a fini interni di un grande contributo all’immagine internazionale dell’Italia e di Monza, i supposti ritorni economici per l’economia lombarda delle quattro o cinque giornate di prove e di gara del Gran Premio di F1.
Questa strategia ha dato i suoi frutti: oltre al contributo regionale di cinque milioni all’anno per conservare l’inclusione nel circo della F1, l’ACI ha ottenuto uno stanziamento nel bilancio dello Stato di ben venti milioni per il biennio 2022-2023 per interventi sulle strutture dell’impianto. A dimostrazione che conviene sempre sparare cifre esagerate per ottenere sostanziose elemosine, a puntate. Che saranno necessarie perché, dichiara lo stesso Sticchi Damiani «la gestione dell’Autodromo, tra il rosso di 15 milioni del Gran premio d’Italia, le perdite delle altre gare e i costi di gestione ha accumulato sinora perdite dell’ordine di 19 milioni». E le prospettive dei costi ingenti delle edizioni del Gran Premio di F1, dell’ordine di 20 milioni a manifestazione, non consentono di prevedere inversioni di rotta.
In questa situazione, lo stesso Sticchi Damiani dichiara che «l’autodromo di Monza è fuori mercato». Un mercato sempre più competitivo per l’arrivo di nuovi entranti, tecnologicamente avanzati e flessibili, su aree ad essi dedicate, anche desertiche, passibili di qualsiasi variante. Ben lontane dai valori paesaggistici e naturalistici di un parco storico come quello di Monza.
Ma io spero che questa strategia e questi vaghi progetti, del tutto controcorrente rispetto allo “spirito del tempo” attuale che pone la difesa dell’ambiente al vertice degli obiettivi attuali e futuri dell’umanità, siano destinati a fallire.
Non escluderei che il ritardo della presentazione del Master Plan voluto dalla Regione, che dovrebbe indicare le destinazioni di 33 dei 55 milioni da essa stanziati per il recupero di Villa e Parco, sia dovuto a contrasti sui suoi contenuti. Detto esplicitamente (ma è solo un mio pensar male), a possibili resistenze degli affidatari della elaborazione del Master Plan (che non invidio) ad eventuali pressioni perché queste somme siano dirottate dal restauro del monumento al salvataggio dell’Autodromo (e sostanzialmente dell’ACI).
Eppure, il nuovo logo consente di immaginare un compromesso “alto” tra il restauro del complesso monumentale e una possibile sopravvivenza dell’Autodromo.


A questo scopo, occorre partire dalla visione del monumento come chiaramente definita in due documenti del 1996: l’“Atto di cessione gratuita da Demanio dello Stato a Comune di Milano e Comune di Monza” del 4 aprile 1996, e la “considerazione” con la quale la Sovrintendenza per i Beni culturali e Architettonici di Milano approvò il “Programma organico di manutenzione e riqualificazione del Parco Reale di Monza”, parte integrante della LR 40/96.
Conviene ricordarne il contenuto.


L’Atto di cessione citato dichiara che «Gli immobili di cui all’art. 1 (cioè Villa e Parco, n.d.r.) restano sottoposti al vincolo monumentale e paesistico» (art,6), e che «I comuni di Monza e di Milano si impegnano a curarne la manutenzione permanente e a destinarli ad attività museali, culturali, di rappresentanza e di fruizione e conservazione del verde” (art.8).
La “considerazione”, cioè la condizione posta dalla Sovrintendenza per la sua approvazione del Piano LR 40/96 è più dettagliata, e dovrebbe tradursi nel per ora fantomatico Master Plan: «L’importante lavoro condotto dalla Commissione è da considerarsi preparatorio ad un progetto di più ampio respiro che, definendo in ogni aspetto le future destinazioni dell’eccezionale complesso Villa, Giardini e Parco Reale nella sua globalità, porti all’indifferibile riqualificazione delle valenze storico-artistiche e culturali dello stesso ed al conseguente allontanamento degli impianti, individuati nell’autodromo, nel golf, nel polo, nei parcheggi interni, nell’edificio e strutture della RAI e negli impianti sportivi del tennis e dell’hockey ubicati nei giardini della Villa».
In sostanza, tutti gli elementi costitutivi del complesso monumentale, dalla Imperial Regia Villa, alle ville duriniane Mirabello e Mirabellino, alle cascine e ai mulini, a prati e boschi, a viali e rotonde, dovranno essere progressivamente e oculatamente destinati a utilizzi culturali e ambientali.

 

20220305 benevolo tavola del parco

Mappa del Prg anni'90 dell'arch. Leonardo Benevolo, dettaglio del Parco Reale

 


E’ evidente che, rispetto a questa visione, la conservazione dell’autodromo costruirebbe un’eccezione. Peraltro, non vi è dubbio che tra le presenze estranee al complesso monumentale, l’unica che riveste una intrinseca importanza è l’autodromo.
Ma la cancellazione delll’ecomostro del catino di alta velocità, prefigurata dal nuovo logo dell’autodromo, aprirebbe la strada a una riqualificazione dell’impianto, tale da renderlo in qualche modo compatibile con il recupero del complesso monumentale. Una riqualificazione basata su un ridimensionamento quantitativo, ma da un upgrading qualitativo.
Si tratterebbe di dare attuazione a quanto previsto dalla convenzione tra il Comune di Milano e la SIAS del 1997, dal PIM (Piano Intercomunale Milanese), dal Piano del Consorzio Parco della Valle del Lambro e dal PRG Benevolo del 1993, consistente nella demolizione progressiva dell’anello di alta velocità. Tanto per capirne gli effetti virtuosi: la demolizione della curva sopraelevata sud consentirebbe di recuperare la continuità del Viale Mirabello fino alla variante Ascari. L’eliminazione delle barriere permanenti di questa variante, da sostituire con barriere amovibili da introdurre solo in occasione delle gare, con un calendario più selettivo, consentirebbe di riportare il Viale Mirabello alla sua meta originaria: il Rondò della Stella. La successiva demolizione della curva sopraelevata nord ricongiungerebbe al Parco il Bosco Bello. La demolizione del rettilineo congiungente le due curve consentirebbe la rinascita del Viale del Serraglio.
Tutto ciò non porrebbe alcun ostacolo alla prosecuzione dello svolgimento del Gran premio di F1 sulla pista dove si svolge da sempre. Per certi versi, imparenterebbe la gara dell’Autodromo di Monza a quella di Montecarlo. Tutt’e due vincolate nel loro percorso storico: Montecarlo da edifici evidentemente inamovibili. Monza da un Parco straordinario, ma a sua volta inamovibile.


In questa prospettiva, quale sarà il futuro dell’Autodromo di Monza, e in particolare delle strutture dedicate alla sua gestione e all’accoglienza del pubblico? Tra le proposte inaccettabili di cui si vocifera, va ne sono alcune che meritano considerazione. Il Vice Presidente della Regione e Assessore regionale all’Istruzione, Università e Ricerca, Innovazione e Semplificazione, Fabrizio Sala, notoriamente pro-Autodromo e anti-Parco, in occasione della presentazione di un nuovo simulatore di guida progettato in collaborazione con il Politecnico di Milano, ha prospettato una riqualificazione delle strutture dell’Autodromo per farne uno «hub dell’innovazione” nel campo della mobilità e al servizio del settore automotive lombardo.


Una ipotesi che avvicinerebbe l’Autodromo alla visione di Parco e Villa come dedicati, oltre che alla cura dell’ambiente e alla tutela del paesaggio, ad attività cultuali e scientifiche. Come dicevo, un compromesso “alto”.

Gli autori di Vorrei
Giacomo Correale Santacroce
Giacomo Correale Santacroce

Laureato in Economia all’Università Bocconi con specializzazione in Scienze dell’Amministrazione Pubblica all’Università di Bologna, ha una lunga esperienza in materia di programmazione e gestione strategica acquisita come dirigente e come consulente presso imprese e amministrazioni pubbliche. È autore di saggi e articoli pubblicati su riviste e giornali economici. Ora in pensione, dedica la sua attività pubblicistica a uno zibaldone di economia, politica ed estetica.

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