Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo sono due giornalisti d’inchiesta benemeriti per le denunce sistematiche delle inefficienze della Pubblica Amministrazione italiana.
Si tratta degli stessi problemi per i quali a livello europeo si dubita della capacità dell’Italia di spendere in modo saggio ed efficiente la manna di oltre 200 miliardi di euro che il Next Generation Plan gli ha generosamente assegnato.
Ebbene: nel nostro piccolo - nemmeno tanto: si parla della Lombardia - c’è un modello che illustra perfettamente questa realtà. Si tratta del Master Plan con il quale la Reggia di Monza dovrebbe tornare, come si suol dire, all’originario splendore. Cercherò di descrivere come e perché l’elaborazione di questo piano ha già richiesto oltre tre anni per essere bandito e assegnato, ne richiederà altri due per essere elaborato e, se dovrà essere opportunamente sottoposto a un vaglio politico, comporterà del tempo ulteriore. Almeno sei anni solo per progettare un piano che ne richiederà poi diversi altri per essere attuato!
Il Roseto nell'Avancorte della Villa Reale
Le premesse per fare le cose in modo semplice, diretto e con tempi ragionevoli c’erano tutte. Il 25 luglio del 2009 è stato costituito il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza. Secondo l’articolo 2, punto 3 dello Statuto, «Il Consorzio svolge i seguenti compiti: a) Predisposizione del piano strategico di sviluppo culturale del complesso della Villa Reale di Monza, del Parco e delle relative pertinenze… finalizzato alla gestione e valorizzazione culturale di detto complesso». Lo stesso Statuto, all’articolo 12, prevede la costituzione di un Comitato Scientifico, il cui compito è quello di «Svolgere attività di consulenza nei confronti del Direttore generale… in particolare può formulare pareri e proposte in merito… alle attività di valorizzazione definite nel piano strategico di sviluppo culturale».
Sono passati dodici anni dalla fondazione del Consorzio. Non vi sembrano sufficienti per mettere in condizioni il Consorzio, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, di svolgere il proprio compito, assistito dal Comitato Scientifico? Di piani strategici ne è stato elaborato solo uno nel 2010 da parte dell’allora direttore Pietro Petraroia, rimasto, forse opportunamente, nel cassetto. Il Comitato Scientifico non è stato mai costituito.
In compenso, il 22 dicembre 2017 è stato stipulato tra i comproprietari del complesso monumentale (Regione Lombardia, Comuni di Monza e Milano, Sovrintendenza ai beni culturali) un Accordo di Programma (AdP) che ha stanziato l’importante somma di 55 milioni di euro «per la valorizzazione del complesso monumentale Villa Reale e Parco di Monza». Di questi, 23 milioni da spendere senza indugio in una Fase 1, per “interventi prioritari”. Gli altri 32 dovrebbero essere erogati in una Fase 2, “programmatica”, secondo un “Master Plan” da redigere. Secondo l’AdP, (articolo 5.4) «il Masterplan viene predisposto a cura del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza sulla base delle Linee guida allegate al presente Accordo di Programma (Allegato 3) e in stretto raccordo con il Collegio di Vigilanza e con la Segreteria Tecnica…».
Considerata la dimensione dell’incarico, il Consorzio avrebbe dovuto essere messo in condizione di assolvere ai nuovi e impegnativi compiti. Ma nulla è stato fatto in proposito. E non per caso. In realtà sul Consorzio gravava e grava una disposizione dell’Atto costitutivo del Consorzio stesso, secondo la quale l’ente è obbligato a svolgere le sue funzioni «tramite Regione Lombardia, che si avvale di “Infrastrutture Lombarde S.p.a.” (oggi Aria S.p.A., n.d.r.), ente strumentale della Regione stessa». Una disposizione che, in sostanza, priva il Consorzio dell’autonomia propria dell’istituzione.
Il Cannocchiale verso est della Villa (verso Vienna?)
E’ così che il 12 febbraio 2019 la Giunta Regionale “promuove” un’”Atto integrativo all’Accordo di Programma”, secondo il quale, essendo stato «riscontrato uno scollamento tra stato d’attuazione degli interventi e previsioni», è emersa «la necessità di rivedere le modalità attuative e gestionali dell’Accordo di Programma e, in particolare, rivalutare la scelta di un’unica stazione appaltante in capo al Consorzio Villa Reale e Parco di Monza». La revisione consisteva nel riportare in capo alla Regione, sempre «per il tramite di Infrastrutture Lombarde S.p.A.», l’attuazione degli interventi prioritari (Fase 1) «di maggiore rilevanza per grado di complessità tecnica e dimensione economica, valutando anche una possibile estensione delle attività ed azioni del Parco della Valle del Lambro nella progettazione e realizzazione dei principali interventi sul verde». In sostanza, si esautorava il Consorzio, riconfermando peraltro quanto già stabilito dall’Atto costitutivo del 2009, mirante alla completa dipendenza del Consorzio dalla Regione e dal suo braccio operativo I.L. S.p.A., ora Aria S.p.A.!
Per quanto riguarda il Master Plan (Fase 2 dell’Accordo) la stessa Promozione di Atto Integrativo “prendeva atto” che il Consiglio di Vigilanza sull’attuazione dell’Accordo di Programma , nella seduta del 15 gennaio 2019, aveva «dato mandato alla Segreteria tecnica di procedere alla definizione dei documenti di gara al fine di poter pubblicare il bando entro aprile 2019». Siccome l’atto in questione è definito come “Promozione dell’Atto integrativo dell’Accordo di programma”, e non risulta pubblicamente l’esistenza del definitivo “Atto Integrativo”, viene da chiedersi se la “Promozione” sia stata trasformata o no in qualcosa di operativo, almeno formalmente. La questione è importante perché la formalizzazione annullerebbe la stipula, da parte del Direttore Generale del Consorzio, il 6 dicembre 2018, di un «Accordo di collaborazione…con il Dipartimento … ABC del Politecnico di Milano per elaborare congiuntamente la definizione del bando per l’elaborazione del Master Plan e degli atti connessi propedeutici alla pubblicazione dello stesso e accompagnamento del processo relativo». Il compenso al Dipartimento ABC era previsto in 150 mila euro.
Prospettive dal Ponte delle Catene
Insomma: la redazione del Master Plan è stata prima affidata al Consorzio, il quale ha affidato al Dipartimento ABC del Politecnico il compito di elaborare un bando per tale redazione, bando poi affidato a Infrastrutture Lombarde.
Che ha tagliato la testa al toro nel gennaio del 2020, pubblicando un bando che vincola i concorrenti alla costituzione di un gruppo di professionisti esperti in diverse materie ritenute attinenti alla Reggia di Monza, coordinati da un esperto in discipline economiche e finanziarie. La commissione giudicatrice è formata da cinque persone, di cui tre selezionati all’interno della stazione appaltante ARIA S.p.A., subentrata a I.L. S.p.A., e due esterni. Il termine per la presentazione del progetto era fissata al 18 febbraio 2020. Il compenso per il gruppo vincitore è pari a 447.500 euro complessivi.
A distanza di un anno, in gennaio 2021, è stato selezionato come vincitore un pool di 5 aziende che vede come capofila il gruppo CLES S.r.l., Centro di ricerche e studi sui problemi del lavoro, dell’economia e dello sviluppo; Bam! Strategie Culturali, Società Cooperativa; MATE Società Cooperativa di architettura, ingegneria e urbanistica; Studio architetti Benevolo, operante nell’edilizia privata e pubblica, urbanistica e pianificazione dei trasporti; Studio Silva S.r.l. consulenza e progettazione ambientale. Il gruppo ha due anni di tempo per elaborare il Master Plan. Questa la situazione al 2021.
La prima osservazione è che le vicende della gestazione del Master Plan si sono svolte con scarsa trasparenza. Al di là delle informazioni sugli enti coinvolti, poco o nulla è stato comunicato circa le persine fisiche che hanno operato al loro interno: chi ha elaborato le Linee Guida del Master Plan, chi il bando, da chi è stata composta la commissione giudicatrice, chi sono le persone che, all’interno delle aziende vincitrici, che si occupano dei progetti più svariati, saranno investite del compito di elaborare il Master Plan di un monumento della dimensione della Villa Reale e Parco di Monza? E’ evidente che quest'ultimo dovrebbe essere affidato a persone capaci di stare sulle spalle dei creatori del monumento, Giuseppe Piermarini e Luigi Canonica. E’ lecito dubitarne. C’è solo da sperare che si tratti di persone di adeguata cultura ed autonomia mentale, non suggestionabili dai “non luoghi” spacciati per innovazioni creative (grattacieli, parchi a tema, campi giochi, “eventi” eventuali…) e da visioni economiche di breve respiro.
Da quest'ultimo punto di vista, le “Linee guida per la definizione del Master Plan" pongono tra i suoi requisiti la sostenibilità economica, e sembrano ptefigurare un Business Plan, con tanto di SWOT Analysis, finalizzato al successo economico. Ma dovrebbe essere chiaro che i bilanci di un patrimonio architettonico, paesaggistico e ambientale di tali dimensioni e qualità sono soggetti a obiettivi preminenti rispetto a quelli economici, e vanno confrontati con l’economia del territorio e non solo. In altri termini, investimenti e costi gestionali rientrano tra i compiti delle istituzioni pubbliche proprietarie, da finanziare con risorse pubbliche, in genere solo in parte compensate dalle entrate per donazioni, servizi ed eventi strumentali o compatibili con il bene. E’ augurabile che nelle indicazioni sulla “sostenibilità economica” si tenga conto di questo contesto.
Ma l’effetto più grave dei tempi lunghi di definizione del Master Plan, e della probabile questionabilità del prodotto, consiste proprio nel macigno che essi frappongono alla via più semplice e doverosa: la messa in condizione del Consorzio di svolgere con autonoma responsabilità e con risorse umane, economiche e strumentali adeguate le funzioni per le quali è stato costituito. In sostanza, di operare secondo una visione strategica, cioè lungimirante e a vasto raggio, generata dall’interno e sottoposta a pubblico dominio in un clima di massima trasparenza.
Il Laghetto e il Tempietto della Villa Reale
A questo scopo non basterà probabilmente un rafforzamento organizzativo, ma sarà anche necessaria una modifica statutaria. Il Consiglio di gestione dovrebbe essere costituito da personaggi particolarmente competenti e animati da un’affezione disinteressata al monumento, con un presidente di alto prestigio. E’ questo l’aspetto più tragico: che rischia di far assomigliare l’attesa del Master Plan a quella dell'improbabile Godot della tragicommedia di Samuel Beckett.
E a pensarci bene bene, viene da chiedersi se sia proprio necessario un Master Plan per il restauro e la rinascita di quella che fu denominata, non per caso, "Imperial Regia Villa e Parco di Monza", o se addirittura non sia una minaccia. In fondo, si tratta di avviare un restauro continuo del monumento per riportarlo a “com’era”. Si tratta di eliminare le croste devastanti, ben individuabili, che l’hanno sfigurato nel secolo scorso. Si tratta di destinarlo progressivamente e integralmente alle «attività museali, culturali, di rappresentanza e di fruizione e conservazione del verde» secondo il dettato dell’Atto di cessione dal Demanio dello Stato ai Comuni di Milano e Monza (art. 8) del 1996. Si tratta di farne un luogo di attrazione culturale e ambientale di dimensione globale, insieme alla città millenaria che ha la fortuna di ospitarlo, 365 giorni all’anno. Più che di un Master Plan, c’è bisogno di uno Strategic management. Permanente.
Un ultima osservazione: la lettura dei documenti regionali relativi alla vicenda mettono in luce una farraginosità espressiva, ridondanze inutili con continue ripetizioni, la sovrapposizione del gergo burocratese rispetto alla sostanza del provvedimento, che definire spagnoleschi o bizantini sarebbe un offesa alla Spagna e a Bisanzio. Sarebbe auspicabile che la Regione Lombardia si ispirasse più ai tempi di Maria Teresa che a quelli dell’azzeccagarbugli manzoniano. Potrebbe farlo, e porsi come modello del rinnovamento burocratico italiano.