Intervista ad Alfio Sironi, assessore di Casatenovo, sulle trivellazioni nella Valle del Curone (da Casateonline.it)
In merito alla vicenda legata alle trivellazioni all’interno del Parco di Montevecchia e della Valle del Curone abbiamo posto alcune domande all’assessore all’ecologia e all’ambiente di Casatenovo Alfio Sironi, da tempo impegnato nella difesa del territorio con l’associazione Valle della Nava.
Partiamo subito, giusto per toglierci ogni ragionevole dubbio, con una domanda volutamente provocatoria. Pozzi di petrolio all’interno del parco del Curone: un’opportunità per lo sviluppo economico o un’insostenibile affronto alla realtà ecologica dell’area (possibili pro e contro dell’installazione dei pozzi)?
E’ sufficiente fare un giro a Montevecchia o nella Valle del Curone, per capire. Luoghi splendidi, che non sono qui per magia, ma perché c’è un parco che negli anni ha lavorato bene in loro difesa. Non è un caso che qui confluiscano tante persone, anche da lontano, per visitare, passeggiare, fare sport, dipingere, sedersi ad un ristorante o su un prato, acquistare prodotti locali. Vengono qui e non vanno altrove perché questo parco è un unicum nella Brianza del 2010.
Con l’arrivo dei petrolieri stiamo rinunciando a un sistema agricolo e ricettivo dolce, un sistema che da’ un’immagine, una chance, alla Brianza, al suo futuro. Un sistema che, ancora neonato, è già un brand spendibile anche molto lontano da qui.
Con i pozzi ci ritroveremmo invece a tentare di riparare gli orribili segni lasciati dall’attività estrattiva nel territorio.
Da più parti (sindaci, cittadini, professionisti impiegati nel settore energetico) si è ultimamente additato il progetto della Po Valley come un ritorno al passato, basti pensare infatti allo sforzo prodotto da numerose amministrazioni del territorio nell’investire su fonti energetiche rinnovabili come il solare termico o il fotovoltaico. Quale pensi debba essere il “futuro energetico” della Brianza?
L’ideale sarebbe arrivare ad avere un sistema locale di reti integrate volto a soddisfare il fabbisogno energetico. Diciamo sarebbe auspicabile una progressiva “sussidiarietà energetica”, un modello decentrato. Nella regione spagnola della Navarra si ricava il 70% del fabbisogno energetico locale dal solo eolico, giusto per fare un esempio. In Italia, invece, stiamo rincorrendo ancora modelli degli anni ‘50: l’annunciato ritorno delle centrali nucleari di terza generazione -centrali che nel resto d’Europa e nel mondo stanno smantellando- conferma un assetto energetico centralista, insostenibile e contrario ai declamati principi di federalismo.
è necessario cominciare per piccoli passi a produrre energia da noi per noi, attraverso tecnologie come il solare, il fotovoltaico, e iniziare a costruire rispettando parametri via via più stringenti in termini di risparmio energetico. A Casatenovo, come in tante altre realtà, ci stiamo lavorando.
In qualità di “addetto ai lavori” nella sfera ambientale, quali potrebbero essere le conseguenze del progetto della Po Valley sull’area del Curone e più in generale sulla Brianza?
Le conseguenze effettive saranno i pesanti e irrimediabili impatti sugli equilibri degli ecosistemi naturali, la perdita di biodiversità e di qualità della vita per chi fruisce e abita il territorio, possibili rischi per la salute, perdite economiche legate al sistema agro-turistico. Vi sarà anche perdita di immagine venendo a mancare un connotato storico della Brianza, la convivenza di un’economia produttiva con spazi naturali ancora integri.
Non sono parole, sono fatti con cui ci troveremo a confronto da qui a qualche mese.
Allo stesso tempo, l’idea di combattere una battaglia “per il parco” può dare l’errata sensazione che al di fuori di esso sia lecito accettare l’ingombrante presenza dei pozzi. Fuori dal parco la densità abitativa è elevata e non esistono contesti sicuri in cui ipotizzare un impianto come quello prospettato all’interno dell’area protetta. A tale proposito occorre ricordare ad esempio che le emissioni di idrogeno solforato derivanti dall’attività dei pozzi coinvolgerebbero anche comuni ben lontani (10 km) dall’area degli impianti con effetti negativi tangibili tanto sulla salute delle persone quanto sul contesto naturalistico.
Da più parti ormai si parla di “barricate” per esprimere l’ultimo, estremo tentativo della popolazione di difendere il proprio parco se il via libera all’installazione dei pozzi dovesse diventare definitivo. Credi sia possibile sbloccare la situazione tentando altre vie?
Il comitato si sta muovendo mantenendo una linea “alta”. Ho sentito il presidente Saccardi più volte ribadire la propria contrarietà alle barricate, viste come estrema ratio, e la propria volontà a portare le istanze dei cittadini sui tavoli adatti alla loro discussione. Penso che sia la prima strada da percorrere. Poi, se ce ne sarà bisogno, nostro malgrado arriveremo alle barricate, a opporci fisicamente all’arrivo delle ruspe, costi quel che costi.
Per quanto concerne le “altre vie” per sbloccare la situazione vedo ancora troppa poca chiarezza, posizioni troppo labili negli uomini di centro destra e nei leghisti. Estemporanee dichiarazioni, ambiguità, astensioni, voti contro, non fanno bene alla battaglia territoriale che stiamo conducendo.
C’è qualcosa che, concretamente, la popolazione può fare per tutelare il futuro del parco?
Vivere il parco e portare a conoscenza di quante più persone la sua bellezza e la minaccia che sta correndo.
In tanti, che pure già conoscono e frequentano il parco, si meravigliano, rimangono increduli, alla notizia dell’arrivo dei pozzi petroliferi. Dicono: “ma va là, cosa stai dicendo?” Ecco, dobbiamo cancellare questa incredulità, testimoniando con fatti concreti il pericolo che stiamo correndo, prospettando le ricadute di un simile pazzesco progetto tanto agli abitanti quanto ai visitatori che vengono da lontano.
In che modo l’amministrazione casatese conta di muoversi per far sentire la propria voce e quella dei suoi cittadini?
Innanzitutto, esprimendo il suo dissenso politico nelle sedi opportune, come il consiglio comunale. Concretamente, supportando l’attività di quei cittadini e associazioni che si stanno prodigando in difesa del parco attraverso l’organizzazione di eventi e il proseguimento della raccolta firme. Infine è necessario promuovere a piccoli passi un modello di sostenibilità che sappia accogliere le rinnovabili, l’edilizia sostenibile, l’agricoltura sociale, l’acqua pubblica, la tutela delle aree verdi in grado di porsi come valida alternativa al modello imperante.
La situazione versa al peggio, ma questo non ci autorizza alla resa. Non dobbiamo lasciar nulla di intentato, stiamo difendendo una delle nostre più grandi e belle ricchezze, la nostra possibilità di vivere bene.