Aprovata la legge regionale 13 del 2009. Arriva la deroga per "Privata utilità". Infrante le norme base del codice civile, dell'urbanistica e della stessa costituzione. Quanti i casi realmente possibili e per chi? Si dà la casa a chi già ce l'ha. Valanga di possibili contenziosi tra proprietari frontisti.
Una volta, 20 anni fa, si sarebbe scritto di “deregulation” nella legislazione regionale. Oggi forse sarebbe più opportuno parlare di “aspetti patologici e compulsivi” dell’’azione del legislatore. Basta osservare la pur recente LR 12 del 2005 sul Governo del Territorio che, in soli 4 anni di vigenza, è stata modificata ben 4 volte e molto probabilmente lo sarà anche la quinta volta, nel 2010. Tutto ciò anche a causa delle diverse centinaia di Comuni lombardi che non hanno ancora avviato e/o concluso la procedura per la formazione dei PGT, sempre più intenti a modificare i Piani Regolatori con i Programmi Integrati di Intervento, in variante ai propri strumenti urbanistici. Ormai, più che di una Legge Urbanistica si dovrebbe parlare di un vero e proprio “colabrodo”, modificata ogni anno per risolvere questo e quel caso particolare e dove le interpretazioni si susseguono ormai senza sosta.
Frutto di questo “caos legislativo (e mentale)”, basta leggerla per credere, è anche la recente LR 13 del 16 luglio 2009, il cosiddetto “Piano casa”, che pare interessato a dare la casa a chi già ce l’ha ed in particolare ai proprietari di ville e villette che, come noto, non sono molti, soprattutto nelle grandi e medie aree urbane. Anche se poi, nelle pieghe e in alcuni commi, c’è anche ben altro.
Ma veniamo a soli tre aspetti giuridici di questa nuova legge: 1) la deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi; 2) la sua finalità privatistica; 3) le procedure previste per consentire l’edificazione. Necessarie le citazioni.
La Sezione V del Codice Civile, relativa alla proprietà edilizia, recita testualmente in alcuni suoi articoli (nostre le sottolineature):
“Art. 869 Piani regolatori
I proprietari d'immobili nei comuni dove sono formati piani regolatori devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti.
Art. 871 Norme di edilizia e di ornato pubblico
Le regole da osservarsi nelle costruzioni sono stabilite dalla legge speciale e dai regolamenti edilizi comunali.
La legge speciale stabilisce altresì le regole da osservarsi per le costruzioni nelle località sismiche.
Art. 872 Violazione delle norme di edilizia
Le conseguenze di carattere amministrativo della violazione delle norme indicate dall'articolo precedente sono stabilite da leggi speciali.
Colui che per effetto della violazione ha subìto danno deve esserne risarcito, salva la facoltà di chiedere la riduzione in pristino quando si tratta della violazione delle norme contenute nella sezione seguente o da questa richiamate(2933).”
Basterebbero questi articoli per comprendere che quanto è previsto dalla legge regionale del 16 luglio 2009 n. 13, cioè la deroga e il non rispetto dei PRG, dei Piani di Governo del Territorio e dei Regolamenti edilizi, risulta essere del tutto illegittimo. Senza poi voler dimenticare gli articoli 4 e 11, comma 2, della legge 1150 del 1942, che ribadiscono quel principio e prescrivono che:
“Art. 4. Piani regolatori e norme sull’attività costruttiva
1. La disciplina urbanistica si attua a mezzo dei piani regolatori territoriali, dei piani regolatori comunali e delle norme sull’attività costruttiva edilizia, sancite dalla presente legge o prescritte a mezzo di regolamenti.
Art. 11. Durata ed effetti del piano generale
1. Il piano regolatore generale del Comune ha vigore a tempo indeterminato.
2. I proprietari degli immobili hanno l’obbligo di osservare nelle costruzioni e nelle ricostruzioni le linee e le prescrizioni di zona che sono indicate nel piano.
Non solo. La legge regionale in questione viola persino la recente LR 12 del 2005 (con le sue successive modifiche e integrazioni), che stabilisce all’art. 40 la casistica dei permessi di costruire, appunto “in deroga” agli strumenti di pianificazione, nonché le relative procedure e competenze, che spettano al Consiglio comunale. Comunque questo fatto è possibile solo per “pubblica utilità”. Infatti l’articolo 40 dice testualmente:
“Art. 40. (Permesso di costruire in deroga)
1. Il permesso di costruire in deroga agli strumenti di pianificazione è rilasciato esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del Consiglio comunale e senza necessità di preventivo nulla-osta regionale.
2. La deroga, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza, può riguardare esclusivamente i limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati stabiliti dagli strumenti di pianificazione comunale.
(comma così modificato dalla legge reg. n. 12 del 2006)
3. La deroga può essere assentita ai fini dell’abbattimento delle barriere architettoniche e localizzative, nei casi ed entro i limiti indicati dall’articolo 19 della legge regionale 20 febbraio 1989, n. 6 (Norme sull’eliminazione delle barriere architettoniche e prescrizioni tecniche di attuazione).
4. Dell’avvio del procedimento viene data comunicazione agli interessati ai sensi dell’articolo 7 della legge 241/1990.”
Né, a nostro parere, potrebbe essere diversamente in quanto l’art. 14 del Testo unico sull’edilizia, il DPR 380/2001, pur disapplicato dalla LR 12/2005, dice testualmente:
“Art. 14 (L) - Permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici
(Ma si vedano anche: Legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41-quater; d.lgs. n. 267 del 2000, art. 42, comma 2, lett. b); legge 21 dicembre 1955, n. 1357, art. 3)
1. Il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali è rilasciato esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del consiglio comunale, nel rispetto comunque delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (ora decreto legislativo n. 42 del 2004 - n.d.r.) e delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia.
2. Dell’avvio del procedimento viene data comunicazione agli interessati ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. La deroga, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza, può riguardare esclusivamente i limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi, fermo restando in ognicaso il rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 7, 8 e 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444.”
La LR 13/2009, ribadisce invece, in quasi tutti gli articoli (2, 3, 4 e 5) che alcuni interventi privati, possono essere realizzati in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ed adottati e ai regolamenti edilizi, attraverso un semplice Premesso di costruire o una DIA, senza passare dal Consiglio comunale. Salvo poi stabilire, all’art. 5, in modo del tutto contraddittorio, che “deve essere rispettato il Codice civile e la tutela dei diritti di terzi”. Come questo sia possibile, non è chiaro, visti gli articoli del Codice stesso sopra riportati (n. 869 e 871), i quali stabiliscono che il privato deve sempre rispettare le prescrizioni dei Piani e dei Regolamenti. Né risulta ammissibile il fatto che si cerchi di giustificare la violazione dello strumento urbanistico e dei regolamenti limitandone la durata nel tempo (18 mesi dal 16 ottobre 2009), salvo ricadere in una sorta di “autodenuncia”, con tutte le relative possibili conseguenze successive.
Pare in definitiva che, non solo la LR 13/2009 sia illegittima, ma anche incostituzionale in quanto viola il principio contenuto nell’art. 3 della Costituzione che stabilisce l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Si avrebbe l’incredibile paradosso che il privato cittadino che viola le norme stabilite dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti edilizi viene addirittura premiato con un bonus volumetrico più o meno rilevante (20 o 30%), invece che essere punito. Ma anche lo stesso articolo 117, sempre della Costituzione, dice che le Regioni emanano leggi “nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello stato” e che “non siano in contrasto con l’interesse nazionale”, che non è certo quello di lasciar violare gli strumenti urbanistici e i regolamenti edilizi comunali.
Senza contare la illegittima moratoria prevista dal comma 5, sempre dell’art. 5 della LR 13/09, che consente di adeguare le quantità di standard urbanistici mancanti (provocati dalle incontrollate edificazioni in deroga), in fase di formazione e adeguamento dei PGT, violando così lo stesso art. 9, comma 3, della LR 12/2005 (almeno 18 mq/abitante nei PGT) e facendo così potenzialmente “saltare” i computi della capacità edificatoria dei piani e delle quantità di aree necessarie per i servizi, pur per un certo lasso di tempo. Per non parlare di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP,) con possibili incrementi volumetrici del 40% e relativo sottodimensionamento delle aree destinate a servizi pubblici nei loro piani attuativi, in decurtazione e quindi non più facilmente reperibili, piani che dovrebbero essere tutti riapprovati.
Né, a memoria, risulta che la legislazione italiana abbia mai previsto l’istituto delle “varianti urbanistiche in sanatoria”, cioè fatte dopo per sanare una sorta di abuso edilizio cioè “la deroga per privata utilità”.
Unica consolazione: al comma 6 dell’art. 5, si concede la facoltà ai Comuni di individuare, entro il 15 ottobre prossimo, parti del territorio nella quali le disposizioni della legge stessa non trovano applicazione per ragioni di carattere storico, paesaggistico ed urbanistico. Come dire: bontà loro…
In allegato: LR 13/2009. Consigliamo di leggere anche solo gli articoli 2, 3 e 4, per credere a quanto scritto sopra.
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