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La bozza del nuovo PGT? Peggio del Piano Regolatore redatto da Piccinato, approvato quasi 40 anni fa. Una colata indistinta di cemento e asfalto calato ovunque. E’ questa la fine che deve fare Monza?



Un brusco ritorno al passato spacciato per novità o, forse, per modernariato. E’ questo l’incredibile e deprimente messaggio lanciato nella serata pubblica organizzata in sala Maddalena da Legambiente e Italia Nostra, il 25 settembre scorso.

Dopo la relazione sulla vendita delle aree agricole comunali (rese edificabili) in via Adda e nei pressi di viale Libertà, a nord della Cascina San Bernardo; dopo la sintetica, ma efficace, presentazione dello scempio che si sta perpetrando al Rondò dei Pini, con la vista sull’ecomostro e dopo le insignificanti modifiche approvate a luglio dal Comune (il cemento di 7 piani nascosto con del vetro); alla fine, ha parlato l’ex Assessore all’urbanistica del Comune di Monza, Alfredo Viganò, ben intenzionato ad illustrare i contenuti di un CD recapitato nella sua casella di posta di consigliere comunale, che pare sia stato messo lì da un esponete della attuale maggioranza del governo cittadino.

 

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Ne è uscita un’immagine di città devastata dalle edificazioni su tutte le residue aree agricole, che sono rimaste tali sino ad oggi e che, con il Parco di Monza, costituiscono ancora un dotazione di “verde reale” da far invidia a molti comuni della Brianza centrale (quasi il 50% del territorio), evitando le superfici coperte al di sopra della media dei Comuni attorno a Monza, che fanno parte ormai della “indistinta periferia milanese”.

In quel PGT: spacciate per “poli di servizi”, in realtà, quelle proposte nascondono ben altro. Costruzioni residenziali e terziarie ovunque, sia nel centro abitato che fuori. Una città che, invece di essere costellata e circondata da aree verdi, è fatta di palazzotti e palazzoni da collocarsi a San Fruttuoso, poi sulla nota area della Cascinazza, che tanti aspettative ha sempre generato in alcune proprietà ben introdotte politicamente. Ma non sfuggono al “sacco della città” le aree agricole di Sant’Albino, quelle del Casignolo, poste a sud di viale Campania e quelle sui lati di viale Industrie - Stucchi, vicino al Cimitero urbano (ex Cave) e al nuovo Stadio (Cascina del Dosso).

 

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Insomma, neppure “il Cittadino” se l’è sentita di appoggiare quella vergognosa bozza di Piano. Anzi, ha dedicato diversi numeri del giornale per illustrare in dettaglio quelle “mani sulla città”, che molti si aspettavano dalla metà del 2007, cioè dopo l’avvento in Comune nientemeno che di un vice-ministro del governo Berlusconi, scomodato per fare il semplice assessore all’urbanistica di una media città della Lombardia, neppure del Capoluogo. Era inutile chiedersi il perché? Ora sembra di poterlo capire meglio.

Cosa dire? Molti si aspettavano quello scempio. E se è pur vero che si tratta di documentazione pervenuta in modo fortunoso a Viganò, e quindi non ufficiale, pare proprio che quel CD sia girato, sia pur come “bozza”, tra i banchi di alcuni consiglieri della maggioranza e che sia stato elaborato dai competenti Uffici comunali.

 

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Il Sindaco, in un’intervista prontamente rilasciata, domenica 27 settembre, al Corriere della Sera, ha parlato in un primo tempo di “patto con i costruttori” per “progettare la città del futuro”. Ma in realtà sembra che la musica sia pur sempre la stessa da 40 anni: cemento, mattoni e affari su 3 milioni di metri quadri per altrettanti metri cubi. Salvo poi dire “a modo suo” al Direttore del Cittadino, che si tratta invece e solo di “bilottate”. Il povero Losa, pare, non l’abbia presa bene e gli abbia motivatamente risposto con alcuni suoi ficcanti editoriali.

Ma quello che risulta stupefacente è che mentre succede tutto questo e decine di migliaia di lettori guardano i dati, le foto aeree dei luoghi e le descrizioni riportate su quel settimanale, il Consiglio comunale di Monza pare far finta di niente e, salvo qualche protesta (Faglia e lo stesso Viganò), nessuno sembra fare una piega. Sembra quasi di rivedere la scena di quel film dove, “Mentre il Titanic affonda, l’orchestrina continua a suonare la solita musica”.

 

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Beh, cosa volete che vi dica? Ha forse ragione il noto direttore de “Il Cittadino” sul suo editoriale dell’ 8 ottobre, quando si chiede dove siano finiti i cittadini monzesi, che sembrano incuranti di tutto. In verità, qualcuno “il sasso in piccionaia”, l’ha buttato, oltre a lui, sia sulla questione della “Bozza del PGT indiscreto”, che su quella del “casermone al Rondò dei Pini”, non solo nella serata del 25 settembre scorso: gli ambientalisti di Monza.

Forse i presenti in Sala quella sera, in verità non tantissimi, sono restati stupefatti e attoniti? E’ forse necessario attendere i tempi della reazione? Si aspettano che qualcuno si muova e li organizzi?

In ogni caso, anche per questi motivi usiamo questo strumento per fornire almeno ai lettori di questa Rivista i file che sono pervenuti a Viganò, così come da lui presentati, sperando in un intervento della Società civile e delle Forze politiche in Consiglio comunale (ma non solo lì).

Questo nostro articolo vuole essere un altro servizio offerto alla Città, gratuitamente, come sempre: senza chiedere cemento, mattoni o altro materiale di scambio. Solo e semplicemente per Monza e la sua informazione.

 

«Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo» (The Butterfly Effect, 2004)


Gli autori di Vorrei
Giorgio Majoli
Giorgio Majoli

Nato nel 1951 a Brescia, vive a Monza dal 1964. Dal 1980 al 2007, ha lavorato nel Settore pianificazione territoriale del Comune di Monza, del quale è stato anche dirigente. Socio di Legambiente Monza dal 1984, nel direttivo regionale nei primi anni ’90 e dal 2007, per due mandati (8 anni). Nell’esecutivo del Centro Culturale Ricerca (CCR) di Monza dal 1981. Ora pensionato, collabora come volontario, con associazioni e comitati di cittadini di Monza e della Brianza, per cercare di migliore l’ambiente in cui viviamo.Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.