Perchè la città sia vivibile e ciclabile, non occorrono chilometri di piste ciclabili. Bisogna, invece, rendere il mezzo a due ruote competitivo davvero, facendo in modo che sia invece scomodo, complicato, inefficiente, usare l'auto. E soprattutto bello e sicuro pedalare e camminare.
Scena1: una via di Copenaghen. Non ci sono marcipiedi, la strada è equamente condivisa da pedoni, ciclisti e automobilisti. Ci sono una mamma con passeggino che cammina, una macchina subito dietro di lei, una ciclista contromano. Cosa succederà? Niente. La mamma continuerà a camminare, l'auto a starle silenziosamente dietro, la bici andrà.
La normalità.
Scena2: una via di Milano, un largo marcipiede, io che chiacchiero con un vicino e la mia bambina. Un automobilista accosta e mi fa cenno di spostarmi perchè deve parcheggiare. Ho capito bene?
Gli faccio notare che non è quello il luogo adatto e che non sono io a dovermi spostare. Fa per uscire minaccioso, io non mi muovo. Alla fine non scende, ma col motore acceso ed evidenti segni di impazienza, resta ad aspettare. Aspetto anch'io, perchè mi viene più che mai voglia di chiacchierare. Alla fine, dato che è fermo su un passo carraio, qualcuno gli chiede di spostarsi per poter entrare. Ingrana, sbraita, sgomma, riparte a tutta velocità.
Una diversa normalità. Due opposte concezioni della strada. Due differenti gradi di civiltà. Ma c'è dell'altro.
In Italia ci sono in media 65 automobili ogni 100 abitanti. Sono 70 a Roma, 62 a Torino, rispetto alle 25 ogni 100 abitanti di Parigi o Amsterdam. L'evidente conseguenza è che le auto hanno invaso totalmente lo spazio pubblico. L'occupazione dei marciapiedi, le soste vietate, le strade congestionate, raccontano una quotidianità che ha finito col sembrarci normale. Non immaginiamo nemmeno che le cose possano andare diversamente.
Dov'è, sulle strade delle nostre città, lo spazio per le persone? E' stato pensato? Progettato? Per fare una passeggiata, una famiglia di tre-quattro persone, ha bisogno di almeno 2,5 metri; ma in Italia ne ha a disposizione, quando va bene, 1,5, contro i 4/5 metri delle famiglie di Barcellona, Amsterdam o Berlino. Uno spazio ristretto che, per altro, molte volte finisce per essere conteso tra gli utenti deboli della strada: pedoni, disabili, ciclisti, passeggini.
Ma non è solo questo. Di strada si muore. Nel 2016, sono morti in un anno 60 bambini in incidenti stradali. Muore su strada un essere umano ogni due ore e mezza, mentre c'è un ferito ogni tre minuti. Le vittime di incidenti sono migliaia all'anno e il numero è in aumento. Un'urgente questione di sicurezza. Peccato che non sia all'ordine del giorno.
E infine, c'è l'aria delle nostre città. L'inquinamento e l'incidentalità costano il 3% del PIL. É evidente che l'attuale sistema è inefficiente.
L'archietetto Matteo Dondè è uno dei pionieri della sperimentazione di un altro modo di pensare la strada. "Non più soltanto come asse viario - spiega -, ma come luogo delle persone, spazio pubblico del gioco, dell'incontro, della relazione". Sulla base di questa convinzione, ha lavorato alla riprogettazione urbana in varie città italiane, da Terni a Reggio Emilia, a Casalmaggiore (CR) e lo sta facendo anche a Milano. Partendo innanzitutto dalla limitazione delle velocità. Costringere le auto a non superare i 30 km/h, anzi, rendere logisticamente impossibile farlo, significa costruire un contesto generale sicuro e amico dei ciclisti e dei pedoni. Anche a Milano le zone 30, sotto la spinta propulsiva del Comune, iniziano ad incontrare il favore e la collaborazione di chi ci vive e tocca con mano i vantaggi di una strada a bassa velocità. Dove sono state sperimentate, infatti, sono stati proprio gli abitanti a raccogliere le firme per chiedere che diventassero permanenti. E'accaduto in zona Dergano, a Corvetto, in Porta Genova; l'ultima in via Rovereto, di fronte al Parco Trotter.
Si chiama urbanistica tattica: cambiamenti messi in atto con la collaborazione degli abitanti e con interventi a bassissimo costo. Dopo quelli già realizzati, ce ne sono altri in cantiere: in Via Venini, per esempio, zona Nolo (North Loreto).
Basta poco: un nastro adesivo, della vernice, dei pallet e si modificano le curve dei marciapiedi, i raggi di curvatura degli incroci, i parcheggi, le zone di attraversamento; si colora l'asfalto e si piantano fiori. Spuntano marciapiedi colorati con giochi per bambini, tavolini e panche, persino un biliardino. E la strada rivive per le persone.
"La città 30 – dice Dondè – è una realtà in Europa. In Olanda è nata già negli anni '70 dopo la grande indignazione collettiva contro le morti dei bambini sulle strade. La città a velocità limitata è una città più gentile. Inclusiva. Perchè, come diceva l'ex sindaco di Bogotà Gil Penalosa: "Le strade per le persone includono anche le automobili. Le strade per le automobili non includono le persone." E allora bisogna rovesciare la prospettiva con cui finora sono state pensati e progettati i luoghi.
Perchè la città sia vivibile e ciclabile, non occorrono chilometri di piste ciclabili. Bisogna, invece, rendere il mezzo a due ruote competitivo davvero, facendo in modo che sia invece scomodo, complicato, inefficiente, usare l'auto. E soprattutto bello e sicuro pedalare e camminare.
È un gioco in cui vincono tutti: i bambini posso muoversi da soli, gli attraversamenti sono sicuri, il rumore e l'inquinamento si abbassano e i residenti ritrovano nuovi spazi di socialità.
E forse, un bel giorno, persino il signore di cui sopra, si comporterà diversamente.