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«Le lingue che capto, oltre l’italiano, sono in prevalenza l’inglese, lo spagnolo, il tedesco e quelle dell’Est europeo. Molti i giapponesi, che non parlano ma si riconoscono…»

Quando recentemente presi la decisione di recarmi alla “Biblioteca degli alberi”  (parco di Porta Nuova a Milano), fruibile  dall’autunno scorso, non avevo bisogno, come l’abate Pietro Fermont di Emile Zola, di documentarmi con cartine varie: sapevo benissimo dove e  cosa andavo a vedere, e desideravo ardentemente vederlo di persona, sapendo che i lavori erano ultimati.

Siamo in un primo pomeriggio di un giorno feriale di primavera. L’aria è calda e leggera e il sole è  gradevole. Dopo aver parcheggiato con una certa difficoltà (è meglio arrivarci in Metrò) mi inoltro nel parco. Non c’è recinzione alcuna, e questa è già una novità. È aperto su tutti i lati: via Sassetti, via Melchiorre Gioia, il lato nord verso la nuova piazza Gae Aulenti, centro di eventi e ricca di  innovazioni comprese tre fontane con relativi laghetti,  che si trova dietro il grattacielo di Unicredit, il più alto della città con i suoi 231 metri compresa la guglia (ma senza quest’ultima il più alto è la Torre Isozaki a City Life), e da ultimo il lato che dà sul quartiere Isola, una volta quartiere decadente e ora crogiuolo di pizzerie, bar e ristoranti che fanno da sponda alla movida serale.

Realizzato dalla designer olandese Petra Blaisse, è con i suoi nove ettari  il terzo parco più grande di Milano. È solcato da passaggi pedonali che formano quadrati asimmetrici, all’interno dei quali sono state create isole tematiche dedicate a piante e fiori. Vi è inoltre un laghetto leggermente sopraelevato in cui è stato ricreato un ambiente ecologico autosufficiente, con acqua corrente, alghe e piante acquatiche, con divieto tassativo di entrare per cani e padroni..

Qua e là si notano persone sdraiate sui prati che leggono, dormicchiano o chiacchierano come se fossero nel salotto di casa propria. Altre camminano e altre fanno giocare i bambini negli spazi  ad essi dedicati. Su un lato scorgiamo anche piccoli stand gastronomici di cibo etnico di provenienze varie, dove si  può bere e mangiare.

Le lingue che capto, oltre l’italiano, sono in prevalenza l’inglese, lo spagnolo, il tedesco e quelle dell’Est europeo. Molti i giapponesi, che non parlano ma si riconoscono ugualmente.

La complicità è totale: tutti sembrano rendersi conto di godere di una realtà nuova e piacevole e di trovarsi in un posto che trasmette energie positive che hanno origine non solo dal contesto architettonico veramente unico, ma anche  dalla realizzazione stessa del parco, vissuto come un ulteriore obiettivo raggiunto dalla comunità cittadina. Chiedo ad una persona in giacca e cravatta di darmi qualche sua sensazione e mi dice: «Lavoro al  Centro Direzionale e vengo spesso qui a passeggiare. Non si sente neppure il traffico intorno e la sensazione è di essere come al Central Park di New York».

 

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In effetti, lo skyline formato da tutta una serie di grattacieli, dal Palazzo Lombardia (chiamato dai milanesi “Il Formigone”) sino alle Torri Garibaldi, è notevole, anche se le piante tutt’attorno non sono neppure al primo anno di vita.

Non è solo una questione di estetica ambientale e urbanistica. È una sensazione nuova che provi guardando ogni singolo grattacielo, testimonianza della volontà di ogni costruttore di emergere e di superare l’altro in altezza,  bellezza, eleganza e modernità. È la caratteristica della Milano di oggi: una città stimolante, che ti trasmette la voglia di vivere e di innovare, che  passa da una manifestazione internazionale all’altra con la velocità della luce e che, grazie a delle amministrazioni coraggiose e a delle opposizioni mai ottuse, ha saputo ergersi a livello europeo migliorando sempre più se stessa, a differenza della Capitale che ha invece seguito la strada opposta del declino. Affiancata al Parco, ma integrata perfettamente, troviamo la Fondazione Catella, con locali e centri culturali dedicati alla “cultura della sostenibilità del territorio”, e spazi verdi dedicati allo svago e al gioco dei bambini.

Sembra, ed è, un angolo di futuro vivibile, e pochi ricordano (chi vi scrive abitava qua) che sotto quest’area si sovrappongono a vari livelli il canale della Martesana che scorre sotto la via Melchiorre Gioia - che l’amministrazione Sala vorrebbe riportare a cielo aperto insieme alle altre vie d’acqua milanesi - la linea 2 della metropolitana e una delle linee ferroviarie che giungono in stazione Garibaldi.

I due palazzi residenziali denominati “Bosco verticale” ideati dallo Studio Boeri e vincitori di molti trofei internazionali, con la presenza di più di duemila essenze arboree, sembrano inoltre voler dire: «Attenzione, qui noi abbiamo fatto la storia. Siamo i “grattacieli più belli e innovativi al mondo”. Ora provate voi a fare di meglio».

Chissà, nuovi grattacieli stanno sorgendo e magari qualcuno saprà anche fare di meglio. Ma nel dubbio, il Fondo di Investimento del Qatar ha comprato tutto quello che ha trovato. È il simbolo amaro dell’Italia di oggi, che crea e svende a chi ha i soldi da investire.

E pensare che con 160 miliardi di evasione fiscale all’anno e 200 da pagare alla  corruzione, potremmo essere noi il Qatar dell’Europa… se solo volessimo.

 

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Gli autori di Vorrei
Francesco Achille
Francesco Achille

È nato a Milano, laureato, ha lavorato presso le principali società del settore impiantistico e cantieristico italiano; attualmente imprenditore in semi pensione, si occupa da sempre di politica, economia e ambiente, è appassionato di letture in genere, di collezionismo, di astronomia, e di agricoltura che pratica, quest’ultima, in un piccolo appezzamento di terreno dove coltiva con amore e sacrifici frutta e verdura biologica.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.