«Sulla questione del concerto di Jovanotti a Plan de Corones sono del tutto d’accordo con Reinhold Messner e con Paolo Cognetti. Non s’ha da fare.»
Ho una grande simpatia nei confronti di Jovanotti, ed apprezzo molta musica rock, per la quale ho un esperto consigliere: mio figlio.
Ma sulla questione del concerto a Plan de Corones sono del tutto d’accordo con Reinhold Messner e con Paolo Cognetti. Non s’ha da fare.
Dirò di più: manifestazioni caratterizzate da strutture invasive, effetti luminosi fantasmagorici, musica ad altissimo volume, concentrazione di migliaia di persone in luoghi delicati e dedicati al silenzio e alla contemplazione si configurano come veri e propri stupri ambientali.
E spiace vedere Jovanotti arrampicarsi senza presa ai soliti argomenti degli stupratori ambientali: che l’“evento” «è realizzato con criteri ambientali», che è «un modo nuovo di fare le cose», e farfugliare di economia circolare che non c’entra niente. È uno stupro.
I rapporti tra uomo e ambiente non differiscono molto da quelli sessuali, ben diversi a seconda che si accompagnino a legami affettivi, al consenso reciproco, o al gusto della violenza.
Vi sono suoni e comportamenti che fanno parte del silenzio e della bellezza naturale: il canto degli uccelli e i versi di altri animali, il rintocco di una campana lontana, i gridi dei bambini che si inseguono su un prato (non in un campo giochi!), la musica antica o sperimentale di un quartetto d’archi o di una banda locale, il passaggio di escursionisti o ciclisti rispettosi dell’ambiente.
Ma i grandi raduni e concerti, che peraltro hanno la loro ragion d’essere e il loro valore, si sposano con altri contesti ambientali: uno stadio, uno spazio dedicato come il Circo Massimo.
C’è di più: se queste manifestazioni volessero veramente contribuire al risanamento dell’ambiente, rispondendo al sentire di milioni di giovani, potrebbero svolgersi in aree dismesse, degradate, promuovendone il risanamento. I fan di Jovanotti ne sarebbero entusiasti. Un esempio? Tomorrowland, lo spettacolo musicale che viene rilanciato periodicamente, virtualmente e contemporaneamente in diversi luoghi del globo, si svolge concretamente a Shorre, in Belgio, in un parco ricavato da una ex cava di argilla, risanata e strutturata per accogliere eventi musicali, attività ricreative, raduni di grande afflusso.
Modoetia, de te fabula narratur. È chiaro che parlando di Plan de Corones e di altre vicende del genere, penso al Parco di Monza, ripetutamente violentato, eppure ancora bellissimo e riscattabile, se solo lo si volesse. Concerti di grande richiamo, ma anche rally devastanti del verde prezioso intercluso dalla pista della F1 non dovrebbero mai più violare il parco storico. Gli esempi e gli spazi per riscattarlo e liberarlo definitivamente dagli atti di violenza non mancano: ad esempio le Cave Rocca (il nome è evocativo!), ben 30 ettari ai confini di Monza, potrebbero essere trasformate in un grande parco con una arena naturale al centro, ampia come il Circo Massimo (7-8 ettari), nell’interesse pubblico e della stessa proprietà. Non lontano da Monza, a Brugherio, è stata realizzata una operazione analoga, il Parco Increa, della stessa dimensione della Cave Rocca, con un bel lago al centro, sia pure con destinazione a parco urbano e negato ai grandi eventi. Insomma, Schorre et Brugherio docent.
Ripeto: se solo lo si volesse. Ma perché non si vuole?