curva

Nel corso del ventesimo secolo gl’impianti sportivi introdotti nel Parco, da una parte hanno portato alla devastazione di centinaia di ettari, dall’altra hanno visto il susseguirsi di fallimenti degli stessi impianti, con la distruzione di enormi risorse culturali, ambientali ed economiche.

Ad un’interrogazione presentata alla Giunta Comunale di Monza, e trasmessa da questa al Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, in cui si chiedevano notizie circa l’impiego dei primi 13 milioni di euro erogati dalla Regione al Consorzio sui 55 previsti dall’Accordo di Programma, il Consorzio ha risposto di avere avviato “procedure di affidamento” per tre interventi, tra cui il “recupero edilizio ex-ippodromo per € 246.422,40”.

Ebbene: nel Programma Interventi Prioritari tassativamente elencati nell’Accordo di Programma, tutti di grande importanza e urgenza, quel recupero non è affatto previsto.

Viene da chiedersi: a cosa è dovuto quel “recupero edilizio ex-ippodromo”, che richiama qualcosa che non esiste più, nell’area che il Consorzio dovrebbe citare con il suo nome storico: Mirabello?

A mio parere si tratta di una efflorescenza della “Maledizione degli impianti sportivi nel Parco di Monza”, che continua ad incombere sul Parco. Perché una maledizione? Perché nel corso del ventesimo secolo gl’impianti sportivi introdotti nel Parco, da una parte hanno portato alla devastazione di centinaia di ettari, dall’altra hanno visto il susseguirsi di fallimenti degli stessi impianti, con la distruzione di enormi risorse culturali, ambientali ed economiche.

Nessuno di questi impianti ha dato  un maggior   valore al complesso monumentale   Villa Reale e Parco di Monza. Al contrario hanno operato tutti contro, considerando il monumento  come un puro spazio a disposizione per qualsiasi cosa. Non si è pensato alla Villa e al Parco in quanto tali e come valore in sé, potenzialmente anche economico. Si è pensato solo a cosa metterci dentro, a fini estranei, mirando a    ritorni economici (nel migliore dei casi) di breve respiro.

Proviamo a ricordare:

Anello di alta velocità dell’Autodromo.

Realizzato nel 1922, insieme al complesso dell’Autodromo. La stessa costruzione  di quest’ultimo, fin dall’inizio, dovette fare i conti con il contesto culturale e ambientale del Parco, costringendo i progettisti a ridurre da 15 a 10 chilometri il percorso complessivo pista stradale-pista di alta velocità. L’impianto ha comunque comportato la devastazione di oltre 200 ettari di Parco.

L’anello di alta velocità, che doveva competere con la pista di Indianapolis, non fu praticamente usato secondo le finalità immaginate, ma promiscuamente con la pista stradale.

Nel 1933, dopo un grave incidente durante il Gran Premio  che causò la morte di tre piloti, il tracciato della pista di alta velocità fu definitivamente chiuso.

Dopo 22 anni di abbandono, nel 1955 si decise di rifare la pista, inclusiva di  due curve sopraelevate con pendenze elevatissime, che si rivelarono tecnicamente sbagliate. Viene proprio da dire: errare humanum est, perseverare diabolicum!
Errori di progettazione e carenze costruttive indussero piloti e scuderie a disertare le gare. La definizione delle curve, da parte della stampa estera, come  “muri della morte” non giovò certo all’immagine dell’Autodromo di Monza.
Nel 1961 la Ferrari di Von Trips uscì di strada (per la verità non sulla sopraelevata, ma forse per i danni alla vettura causati dalle sollecitazioni della curva) causando la morte del pilota e di 15 spettatori.
Dopo essere stata utilizzata per soli quattro Gran Premi, nel 1963 la pista venne definitivamente archiviata.

 

ippo

Ippodromo

Realizzato nel 1924. Come si legge su Wikipedia, «le corse che vi venivano disputate, pur non eguagliando per spessore tecnico quelle disputate a Milano, venivano particolarmente seguite nel corso degli anni venti e trenta dall’aristocrazia e dall’alta borghesia, che vedevano in questo sport un passatempo mondano».

La data di chiusura è indicata nel 1976, ma si è trattato di una lenta e lunga agonia, un abbandono progressivo. Nel 1990 le belle ma estranee strutture in legno stile Liberty furono distrutte da un incendio.

Subito dopo anche la pista fu eliminata e fu restaurato il grande spazio prativo del Mirabello com’era e dov’era, recuperando la vista sulle montagne lombarde (di qui, guarda caso, il nome “Mirabello”) e il viale dei Carpini che di nuovo lo interseca collegando le Ville Mirabello e Mirabellino.

 

hockey

 Hockey.

Impianto realizzato nel 1933, all'interno  dei Giardini Reali. Ha conosciuto momenti di gloria, grazie a sette titoli nazionali conquistati dalla squadra monzese.

Tuttavia, quando si decise che i campionati si dovevano svolgere anche d’inverno, e che questo avrebbe comportato la copertura (e probabilmente anche l’estensione) dell’impianto, ciò fu vietato per i vincoli architettonici e paesaggistici imposti sui Giardini Reali.

L’impianto venne abbandonato, demolite le tribune, ma lasciando il lavoro a metà, come testimoniato dai ruderi ancora esistenti, senza recuperare l’area ai Giardini.

Nei primi anni 2000 essa fu adattata per accogliere un locale notturno, il Barracuda, destinato a vita breve.

Sopravvivenze.

Ma non tutti gli impianti sportivi calati nel Parco sono deceduti. Altri sopravvivono ma, per parafrasare Woody Allen, se altri sono morti anche loro non stanno tanto bene. Mi riferisco in particolare all’Autodromo, al Golf e al tennis.

Non mi soffermo su tutte le vicende dell’Autodromo, fatte di continue “devastazioni e compensazioni”. Basterà fare riferimento alle ultime, che hanno portato al salvataggio del Gran Premio di F1 grazie a una contributo della notevole cifra di 15 milioni di euro da parte della Regione Lombardia.

Quanto al Golf, realizzato nel 1928, al giorno d’oggi si inorridisce a pensare come è stato realizzato: distruggendo una foresta planiziale, ma sapientemente intercalata da viali e rotonde da Luigi Canonica, frequentata da cervi e daini, estesa per oltre cento ettari, per sostituirla con un impianto posticcio, del tutto innaturale rispetto al contesto, per di più accanto a una pista automobilistica non certo consona con la quiete che dovrebbe caratterizzare un campo di golf. Di qui la sua sopravvivenza nella mediocrità, amputata al Parco storico e riservata a pochi privilegiati.

Nel 2014 il Tennis Club di Monza, inaugurato nel 1928, ha consegnato le chiavi al Consorzio perché non più in grado di proseguire l’attività, ridotta a scuola di tennis per bambini. Era l’occasione per recuperare quegli spazi, tra cui l’ingresso ai Giardini Reali dalla Porta neogotica recentemente restaurata. Il Consorzio ha al contrario fatto l’impossibile per conservare l’impianto sportivo in un’area che dovrebbe essere inclusa nel restauro dei Giardini e dei Boschetti Reali. Dopo tre gare andate deserte, il Consorzio è riuscito a far sopravvivere la struttura riducendo progressivamente le pretese economiche, con una concessione di 16 anni.

 Strascichi.

Ho accennato all’inizio dell’articolo all’inutile, e non previsto dall’Accordo di Programma, restauro dei resti di una struttura dell’ippodromo, come prova del persistere della Maledizione degli impianti sportivi nel Parco.

Ma di questi segnali d’intromissioni improprie e dannose ve ne sono diversi e continui.

Tra questi in particolare il fatto che non esistono, agli ingressi del Parco, cartelli esclusivamente dedicati e facilmente comprensibili che presentino ai visitatori la straordinaria struttura dell”Imperial Regio Parco”. Al loro posto campeggiano mappe dei percorsi di una mezza maratona che si svolge una volta l’anno, con il logo di una società di assicurazione che gioca sull’aggettivo “Reale”. A questi cartelli si aggiungono, disseminati in tutto il Parco, decine di segnavia di cemento che lo marcano in modo indelebile. In quale posto del mondo (New York, Roma, Milano, …) una maratona fa uso d’impianti fissi?

Vi sono anche cartelli che indicano  percorsi di “Nordic Walking”, considerati del tutto inutili (come risulta da una mia inchiesta sistematica) dagli sportivi dilettanti che praticano liberamente questo sport nel Parco. Ci sono altri esempi analoghi su cui non mi soffermo. .

Estensioni.

Forse non si dovrebbe parlare di Maledizione degli impianti sportivi nel Parco, ma più in generale di Maledizione delle intromissioni improprie nel Parco. Cioè di strutture che, oltre a appropriarsi di spazi del Parco, sono destinate prima o poi al fallimento proprio per la loro impropria collocazione.

E’ di pochi giorni fa la chiusura del Centro Rai Way del Parco. Per il pregevole immobile realizzato nel 1954 dal grande architetto Gio Ponti, si potrebbe citare una delle regole fondamentali dell’architettura: un’opera ben fatta, collocata in un luogo sbagliato, è sbagliata. C’è solo da augurarsi che la futura destinazione sia compatibile, anzi convergente con le funzioni culturali e paesaggistiche del Parco.

Anche il recente abbandono da parte della Triennale di Milano del Belvedere della Villa Reale, dove era stato realizzato un museo del design italiano, induce a qualche riflessione. Forse la scelta di collocare quel museo nel luogo da cui si ammirano le due grandi prospettive della Villa, orientate secondo la storia-leggenda verso Milano e Vienna, poteva essere giustificata dal fatto che la Triennale è nata a Monza. Ma forse quel luogo splendido potrebbe più opportunamente essere destinato ad illustrare ai visitatori, con arredi significativi e le più  avanzate tecnologie della realtà aumentata, l’importanza storica, culturale e paesaggistica del monumento che si accingono a visitare. Magari dietro congruo pagamento.

Eventi estemporanei.

Un sottoprodotto della Maledizione degli impianti sportivi è lo svolgimento di grandi concerti e altre manifestazioni nei preziosi prati del Parco, con una particolare maledizione per quello della Gerascia. Un sottoprodotto, perché da questi eventi si spera di ricavare entrate a compenso delle perdite causate dal declino, o dall'incapacità gestionale,  degli eventi sportivi.

E' ovvio che queste manifestazioni dovrebbero svolgersi in luoghi dedicati e predisposti, quindi non nel Parco.

A parte i vincoli culturali e ambientali fissati dalle leggi, che dovrebbero essere applicati con i criteri più restrittivi, basterebbe citare l’articolo 8 del Regolamento del verde pubblico del Comune di Monza, per la sua chiarezza e semplicità: «Sono vietate le attività che comportano grande concentrazione di presenze (festival, concerti, ecc,) con calpestio di tappeti erbosi e degli apparati radicali degli alberi, da parte di persone e animali».

Personalmente suggerirei un’altra discriminante: «Sono vietate le manifestazioni che comportano l’installazione di gabinetti chimici». Gabinetti che dovrebbero essere banditi dal Parco in via assoluta, per il loro aspetto degradante, e sostituiti da servizi igienici collocati nelle decine di cascine del Parco.

Minacce.

Come si sa, la disponibilità di risorse di qualche consistenza, come i 55 milioni promessi dalla Regione “Per la valorizzazione del Complesso Monumentale Villa Reale e Parco di Monza”, attrae le mosche.

Dando per dimenticata la notevole cifra di 15 milioni già erogati dalla Regione Lombardia per ottenere la conferma del Gran Premio di F1 per gli anni 2017-2019, il Presidente dell’ACI chiede già aiuto, in termini di aut-aut, per la prosecuzione del Gran Premio nell’Autodromo di Monza negli anni successivi. Il sospetto che questo grido di allarme abbia come obiettivo il dirottamento  dei fondi destinati a Villa e Parco alle gare automobilistiche in difficoltà (e alla sopravvivenza dell’ente inutile ACI) è più che legittimo.

Quanto all’ecomostro della pista di alta velocità, continua ad essere considerato un totem da conservare e restaurare per la seconda volta, a cui sacrificare 60 ettari tra i più importanti del disegno originario del Parco storico

Del resto, non sono mancate anche nel recente passato proposte indecenti per reintrodurre l’ippodromo nel Mirabello, ricevendo dalla stampa locale una attenzione acritica e alquanto beota.

E in un articolo della testata online S-Monza Brianza del 4 settembre 2017 si auspica incredibilmente che «parte dei 55 milioni di euro messi a disposizione dal Pirellone per rilanciare Parco e Autodromo (Non “Villa Reale e Parco di Monza”!) vengano destinati alla riqualificazione dell’impianto di hockey”»!

Come si vede, la Maledizione degli impianti sportivi nel Parco è ancora viva e operante.

 Il Master Plan.

Tutto questo discorso ha un obiettivo: far sì che il Master Plan previsto dall’AdP, la cui elaborazione è affidata al Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, e la cui gestazione, se in atto, si svolge nella più assoluta mancanza di trasparenza, testimoni la definitiva liberazione del complesso monumentale dalla Maledizione degli impianti sportivi nel Parco, e più in generale dalle intromissioni ed attività improprie nella Villa e nel Parco.

Nei miei articoli precedenti sull’argomento, ho espresso il parere che il Master Plan dovrebbe essere affidato a persone capaci di stare sulle spalle dei giganti che hanno creato il monumento: Giuseppe Piermarini e Luigi Canonica. Non sarebbe questa l’occasione per dare vita a quel Comitato Scientifico previsto dall’art. 12 dello Statuto del Consorzio, colpevolmente rimosso?

Nell’Accordo di Programma e nell’allegato “Linee Guida per la definizione del Master Plan” si indica come riferimento fondamentale il “Piano per la Rinascita del Parco di Monza” approvato con la Legge Regionale 40/95 e parzialmente attuato, come punto di partenza del Master Plan .

Negli atti accompagnatori di quel Piano, c’è una dichiarazione dell’allora Sovrintendente per i Beni Ambientali e Architettonici di Milano, Lucia Gremmo, che indica la strada:

«L’importante lavoro svolto dalla Commissione è da considerarsi preparatorio ad un progetto di più ampio respiro che, definendo in ogni aspetto le future destinazioni dell’eccezionale complesso Villa, Giardini e Parco Reale nella sua globalità, porti all’indifferibile riqualificazione delle valenze storico-artistiche e culturali dello stesso e al conseguente allontanamento degli impianti, individuati nell’autodromo, nel golf, nel polo, nei parcheggi interni, nell’edificio e strutture della Rai e negli impianti sportivi del tennis e dell’hockey ubicati nei Giardini della Villa».

Rispetto a questa raccomandazione, del tutto attuale, si potrebbero risparmiare l’edificio della Rai e l’Autodromo. Quest’ultimo, solo se  capace di procedere nel futuro con le sue ruote, rinunciando alle strutture obsolete e consentendo così il recupero delle vaste e pregiate aree verdi al suo interno: Il Rondò della Stella, il Bosco Bello, il Serraglio dei Cervi:

L’obiettivo finale del Master Plan dovrebbe consistere nell’inclusione dell’Imperial Regia Villa e Parco di Monza tra i beni patrimonio dell’umanità dell’Unesco, facendo del monumento un elemento portante dell’identità e attrattività di Monza nel lungo termine e a livello internazionale.

Gli autori di Vorrei
Giacomo Correale Santacroce
Giacomo Correale Santacroce

Laureato in Economia all’Università Bocconi con specializzazione in Scienze dell’Amministrazione Pubblica all’Università di Bologna, ha una lunga esperienza in materia di programmazione e gestione strategica acquisita come dirigente e come consulente presso imprese e amministrazioni pubbliche. È autore di saggi e articoli pubblicati su riviste e giornali economici. Ora in pensione, dedica la sua attività pubblicistica a uno zibaldone di economia, politica ed estetica.

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